Braccio di ferro sulle antenne  «Nel Burgraviato non c’è il 5G» 

Smog elettromagnetico. Rispuntano le contestazioni, ma al momento nessun impianto è stato installato a Merano e dintorni. Provincia e Comune sono comunque condizionati dalla legge statale per il rilascio delle concessioni


Simone Facchini


Merano. Sul territorio di Merano e dei suoi dintorni non è stato installato alcun impianto per le rete mobile 5G. E al momento non c’è nessuna richiesta in merito. Ma all’arrivo delle domande, qualora i limiti sull’esposizione ai campi elettromagnetici fissati a 6 volt/metro fossero rispettati, Comune e Provincia anche volendo avrebbero ben poche armi per opporsi.

Il fronte del no.

Qualche cartello contro il 5G è spuntato anche in piazza della Rena lo scorso sabato nell’ambito del contestato raduno, riportando il tema all’attenzione dell’opinione pubblica locale. E ha così rispolverato le polemiche sorte in seguito alle fake news che un paio di mesi fa avevano costretto il Comune a rilasciare un comunicato per smentire il montaggio di antenne 5G in città (segnalate per esempio al Combi o sul palazzo Kolping a Maia Alta). Una tesi, questa, sostenuta sui social da vari post poi rilanciati infiammando un’arena da dove si era scatenata la caccia alle streghe. Non che le valutazioni sugli effetti del 5G sulla salute siano univoci, ma il fatto è che nel Burgraviato questa tecnologia non è ancora sbarcata. Legittima la libertà di pensiero, giusto porsi le domande, altro è avventurarsi in annunci privi di verifiche.

La petizione.

«Come Comune valutiamo l’installazione di antenne sotto il profilo dell’impatto urbanistico, paesaggistico e ambientale» precisa l’assessora Madeleine Rohrer. «Per quanto riguarda la salute, la Provincia ha qualche margine ma comunque le telecomunicazioni sono considerate infrastruttura primaria e quindi la competenza è in mano allo Stato. A ogni modo prima del coronavirus avevamo avviato delle valutazioni interne sul tema nelle quali era emersa la scarsità di informazioni attendibili sugli effetti del 5G. Alcuni Comuni hanno prodotto delle delibere che vietano l’installazione delle relative antenne. Come responsabile dell’ufficio ambiente ho riportato la questione in giunta. Il documento finale è in esame all’Avvocatura municipale». Rohrer ricorda che nei mesi scorsi in municipio è stata depositata una petizione di 347 firmatari che si oppongono al 5G. Ma l’assessora la firmerebbe? «Firmerei una petizione per incentivare studi sugli effetti del 5G sulla salute e più in generale dei campi elettromagnetici derivanti dalle telecomunicazioni. Per ragionare su un fenomeno e prendere le decisioni servono dati certi. In questo senso come amministrazione abbiamo inviato a Roma la richiesta di fornirci informazioni utili per chiarirci le idee».

Limiti.

Luca Verdi, responsabile del laboratorio analisi aria e radioprotezione della Provincia, conferma: ad oggi nessuna antenna 5G nel Meranese. «Del tema se ne parla da almeno un anno. In tutta la Provincia risulta installato un impianti 5G a Rasun, in occasione dei Mondiali di biathlon ad Anterselva, uno in Val Gardena, un terzo a Bolzano per collegamenti come risorsa per Internet».

La rivoluzione 5G può partire in qualunque istante in Alto Adige. Non si sa quando i gestori delle telecomunicazioni la introdurranno apriranno gli argini. A muoverli sono logiche di mercato, strategie, finanziamenti. Quando presenteranno i progetti, l’amministrazione provinciale dovrà trattarli secondo i parametri di legge. «Come ufficio provinciale – afferma Verdi - provvediamo alla valutazione sulla radioprotezionistica che consente di capire se il progetto presentato dal gestore rispetti i limiti o meno». Se ottempera alle disposizioni, non c’è margine per respingere la domanda. Il limite di 6 volt/metro di elettrosmog, è bene precisarlo, è riferito non solo all’impianto specifico (che sia 5G o altro) ma agli effetti, nei punti di rilevamento, della somma di tutti i “contributi” degli impianti.

A inizio anno la Provincia ha organizzato quattro incontri sul tema, uno a Merano. «Amplificare informazioni, magari allarmistiche – dice Verdi -, oggi è facile, a torto o a ragione. Poi provare a portare il discorso sul piano razionale, oggettivo, è molto difficile, perché spesso a quel punto le persone partono prevenute verso il mondo tecnico-scientifico, e comunque contro l’amministrazione pubblica». In Italia il tetto per l’esposizione alle emissioni elettromagnetiche è più basso rispetto a tanti altri paesi, a partire da Austria e Germania. «Sui limiti c’è una spinta forte ad abbassarli - aggiunge Verdi - ma anche ad alzarli». Il riferimento è alle potenti lobby delle telecomunicazioni. In ogni caso, la Provincia su quei parametri ha le mani legate e lo dice la legge nazionale: sono limiti che riguardano la tutela della salute e quindi è competenza dello Stato.













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