A Merano

«Chiudo il mio negozio e lo trasformo in un sito di e-commerce» 

Aris Deflorian ha un negozio di scarpe sportive di alta qualità ed è il rappresentante meranese di Confesercenti e il suo grido d'allarme è molto forte: «I miei stessi fornitori mi fanno concorrenza»


Jimmy Milanese


MERANO. «Devo chiudere il mio negozio di scarpe sportive di alta qualità, perché i brand dai quali mi rifornisco hanno deciso di farmi concorrenza». Potrebbe essere questa la sintesi di una vicenda che vede protagonista il giovane imprenditore meranese Aris Deflorian, titolare in città di un punto vendita di sneakers chiuso non per mancanza di clienti ma per mancanza di merce.

Deflorian, candidato alle prossime elezioni per la Svp e referente cittadino di Confesercenti per il commercio fisso, racconta una storia che accomuna molti piccoli negozi, vittime di logiche di mercato che dopo la pandemia hanno penalizzato la piccola distribuzione.

«Con una domanda di beni di consumo che dopo una fase di ristagno sta crescendo, all’aumento delle richieste del mercato i brand preferiscono privilegiare le grandi catene di distribuzione e sacrificare il piccolo commercio, come nel nostro caso», spiega Deflorian, che aggiunge: «Il nostro negozio chiuso  andava bene. Nonostante la pandemia siamo andati avanti, poi è capitato che i brand dai quali ci forniamo – acquistando linee di prodotti di alto livello che non si trovano nei punti vendita tradizionali – hanno iniziato a non inviarci più la merce e a spingere loro stessi con vendite dirette online. Alla fine siamo stati costretti a chiudere, perché non abbiamo più merce sufficiente. Fino a dicembre teniamo aperto solo il nostro e-commerce per smaltire tutte le rimanenze di magazzino, poi faremo altro».

Come detto sopra, nel suo punto vendita di via Galilei Deflorian non offriva semplici scarpe da ginnastica, ma una linea di modelli di qualità. Tra queste anche quelle famose scarpe in edizioni limitate che vanno a ruba tra i giovani, ma il suo ragionamento relativo all’evoluzione della catena della distribuzione in era Covid può essere generalizzato.

«Da molti settori del commercio sono arrivati questi segnali: piccoli negozi che faticano ad essere riforniti perché i brand privilegiano le grandi catene della distribuzione, rifornendo prima loro e poi il piccolo commerciante».

Deflorian entra nel dettaglio della sua vicenda personale: «Da nove anni gestiamo questo negozio, nel tempo ci siamo specializzati e creati una clientela abituata a prodotti di alto livello. Abbiamo creato un online shop con il quale lavoravamo in tutto il mondo, ma da tre anni notiamo che i brand nostri fornitori hanno iniziato a farci concorrenza diretta, vendendo sui loro canali gli stessi prodotti dei quali ci rifornivano».

L’imprenditore lamenta la sensazione di essere stato “utilizzato” da questi brand come una piattaforma pubblicitaria, almeno da quando le consegne necessarie per rifornire il suo negozio hanno iniziato a non arrivare o a pervenire dimezzate, mentre allo stesso tempo Deflorian si accorgeva che nei siti dei suoi fornitori quegli stessi prodotti che a lui non venivano spediti erano disponibili per la vendita online, anche a prezzi ribassati.

«Con il Covid c’è stata una velocizzazione di questo trend, e con i negozi tutti chiusi l’online shop ha fatto il boom. Evidentemente questo deve avere convinto i manager dei grandi brand a dare il colpo definitivo al mercato».

Una sensazione rinforzata anche da una serie di comunicazioni da parte di questi brand atte a imporre perfino il prezzo di rivendita al consumatore finale.

«Ricevevamo scarpe a un prezzo di vendita fortemente consigliato, ma guardando sul loro sito mi accorgevo che lo stesso giorno loro offrivano quel prodotto scontato del 20 o anche del 30 per cento. A quel punto, per noi era impossibile entrare in concorrenza con questi brand che online proponevano sconti capaci di superare perfino la nostra marginalità, cioè il nostro guadagno lordo.

In altre parole, il ricatto di queste società è il seguente: se vuoi la merce, il prezzo di vendita al pubblico applicato dal rivenditore finale deve essere quello, ma il prezzo che applichiamo a te, rivenditore, lo decidiamo noi e se non ti va bene, semplicemente non ti mandiamo la merce», conclude Deflorian.













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