Dorme col figlio di 10 anni «L’Ipes non ci aiuta»  

Il caso. Una madre deve condividere la camera da letto con il ragazzino: «Nessuna privacy e l’istituto mi nega il cambio di alloggio: non ne chiedo uno più grande ma con stanze separate»


Simone Facchini


Merano. Dietro alla parlata serena cela un’indole battagliera, di mamma che cresce un figlio da sola. E la sua battaglia la vuole portare fino in fondo, «perché ritengo le mie cause giuste, e perché situazioni analoghe alla nostra possono esistere o ripetersi». Non riveliamo il suo nome, per preservare la sua riservatezza e tutelare il figlio. Assieme al quale la donna vive in una casa Ipes di 50 metri quadrati nel Meranese. Sufficienti, secondo le regole dell’Istituto per l’edilizia sociale. «E non contesto la metratura – afferma la madre quarantenne – ma non può essere l’unico parametro di valutazione. Perché per la conformazione dell’appartamento, mio figlio è costretto a dormire assieme a me. Ha dieci anni, e giustamente comincia a reclamare i suoi spazi di privacy. Gli stessi ai quali penso di avere diritto io. Per questo abbiamo richiesto un cambio di alloggio, che però ci è stato ripetutamente negato».

La vicenda.

La donna ripercorre la sua storia. «Nel 2013 ho ottenuto un alloggio dall’Ipes: soggiorno con angolo cottura, una stanza da letto, bagno. All’epoca mio figlio aveva quattro anni. Avevo notato sin da subito la mancanza di una seconda camera da letto, ma non mi ero posta il problema. Cominciato in seguito a sorgere con la crescita del bambino che si sta facendo ragazzo. È evidente che entrambi abbiamo bisogno della rispettiva privacy, esigenza che aumenta passando i giorni».

La domanda.

L’anno scorso il primo tentativo. «Ho chiesto all’Ipes un cambio d’alloggio. Non pretendo certo un attico, sia chiaro. Andrebbe bene anche una metratura inferiore, a patto che si possano separare le camere da letto. Ci abbiamo anche provato all’interno dell’attuale appartamento ma risulta impossibile. Abbiamo ipotizzato un divano-letto in soggiorno, ma per la conformazione dell’alloggio è incompatibile con un adeguato arredo per due persone». La prima domanda viene rigettata dall’Ipes: non sono passati i cinque anni dall’assegnazione del primo alloggio previsti dal regolamento per concedere un cambio.

Precedenti.

«Mi sono poi rivolta a un sindacato – continua la donna – dove ho trovato un funzionario che proveniva proprio da un’esperienza lavorativa all’Ipes. Mi ha assicurato che in casi precedenti, in situazioni analoghe i cambi erano stati concessi. Assieme a lui quest’anno abbiamo compilato altre richieste di trasferimento, con motivazioni sempre più dettagliate. La risposta è stata sempre la stessa, la mancanza del requisito dei cinque anni e una metratura sufficiente per le regole Ipes». A parole, la quarantenne ha trovato la solidarietà di Waltraud Deeg, l’assessora provinciale all’edilizia abitativa, che il mese scorso l’ha ricevuta. «Ha compreso la mia problematica, si è dimostrata disponibile ma purtroppo nulla si è mosso. In quell’occasione si è spinta a dirmi che la legge provinciale su questo punto sarebbe da modificare, introducendo parametri che tengano conto non solo della metratura ma anche della composizione della famiglia». Le esigenze sono diverse se si tratta di bambini piccoli o grandi, di maschi o di femmine.

La donna ha incontrato anche la difensora civica e a breve tornerà a parlare con l’assessora. «Nella mia situazione, quella di una madre che cresce un figlio da sola, questo diniego lo vivo come uno sfratto. Perché non vedo soluzioni diverse dalla concessione di un cambio di alloggio da parte dell’Istituto. Per fortuna ho un lavoro, ma con il mio stipendio è insostenibile accedere a un mutuo per acquistare un appartamento adeguato o trovare un affitto sul libero mercato altoatesino».

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