Famiglia di 7 persone costretta a vivere in auto 

Il caso. Dopo uno sfratto, una coppia con cinque figli è in una situazione emergenziale «Alloggi comunali non ce ne sono, e per l’Ipes siamo troppi. Non sappiamo più a chi rivolgerci»


Sara Martinello


Merano. Una famiglia di sette persone, divisa e costretta a vivere in sistemazioni di fortuna da mesi. Quattro membri – i due adulti e due dei figli – stipati in automobile. Problemi col lavoro, cinque figli minorenni da mantenere e da far crescere nonostante la mancanza di riferimenti spaziali certi e le ristrettezze economiche. E una casa che sembra irraggiungibile, almeno stando alla situazione degli appartamenti di proprietà del Comune e alla mancanza di alloggi Ipes sufficientemente grandi per ospitare un gruppo di sette persone.

Quattro ore per lo sgombero.

A far emergere una situazione giunta all’esasperazione è una coppia di meranesi che fino al maggio scorso viveva in affitto in un appartamento sul mercato privato. Causa scatenante dello sfratto, secondo il loro racconto, l’insistenza dei vicini di casa su schiamazzi e presunti danni dei figli. Lamentele sorte presto e destinate a pesare sulla risoluzione della padrona dell’alloggio, dice la coppia. «Al nostro primo ritardo nel versamento del canone – proseguono i due – la proprietaria ha avuto gli estremi per chiedere lo sfratto. Siamo andati in tribunale nell’autunno del 2018, e a quel punto eravamo certi che in qualche modo ci saremmo dovuti trovare un’altra sistemazione. Abbiamo smesso di pagare il canone, mettendo da parte il denaro per un nuovo appartamento. All’udienza successiva, nel febbraio 2019, il giudice ci ha concesso un termine di grazia. Cinque mesi di affitto da saldare. Nel frattempo però il gruzzolo si era ridotto, avevamo dovuto far fronte a spese personali e sanitarie».

Di qui, lo sfratto per morosità, causale che la proprietaria ha voluto fosse messa nero su bianco. A maggio arrivano ufficiale giudiziario e polizia locale a realizzare quel che per mesi la coppia aveva creduto impossibile. «In quattro ore abbiamo dovuto sgomberare l’appartamento. Ci siamo ritrovati sulla strada. Per fortuna ci sono venuti incontro i servizi sociali e i parenti: ci siamo divisi tra diverse sistemazioni di fortuna, ma era una situazione precaria».

A questo punto la famiglia è costretta a trovare un altro modo per arrangiarsi. C’è casa Archè, lo stabile di fronte alla stazione dove la Caritas dà alloggio alle persone senza fissa dimora. Ma è solo per gli adulti. Due settimane fa, l’ultima sponda: «Abbiamo sistemato tre dei nostri figli da uno zio, e noi, con gli altri due, dormiamo in macchina».

La legge come tutela.

Nel frattempo le cose si mettono anche peggio. La settimana scorsa la donna perde il lavoro per un licenziamento, dichiara, «senza preavviso». Il compagno risulta invece disoccupato. La prima necessità resta la casa: «Lo scorso marzo siamo andati dall’assessore Stefan Frötscher, ieri (lunedì, ndr) dal sindaco, ma ci è stato detto che non ci sono alloggi comunali disponibili». Da Frötscher la conferma: «Cerchiamo sempre di dare una mano, eventualmente tamponando là dove l’Ipes non riesce ad arrivare, anche per periodi limitati. Ma il Comune non dispone di appartamenti liberi di dimensioni adeguate a una famiglia numerosa».

La prima domanda per l’assegnazione di un alloggio Ipes la famiglia la fa nel 2017, classificandosi al 18° posto tra gli esclusi. La seconda, nel settembre 2018. Nella graduatoria definitiva sono ottavi, ma sopra di loro ci sono altri nuclei famigliari numerosi. Fra le altre, una famiglia di sei persone, quattro nuclei di cinque membri. Perché in un periodo storico in cui è possibile esercitare il controllo delle nascite e i nuclei standard sono ridotti rispetto a decenni fa il problema è questo, specialmente nei centri periferici rispetto a Bolzano: l’esiguo numero di appartamenti di metrature adeguate alle famiglie numerose. «Non chiediamo una casa per sette, ce ne basterebbe anche una più piccola», si difende la coppia. «Un tempo si derogava al rapporto tra membri del nucleo e metratura – interviene Primo Schönsberg, vicepresidente dell’Ipes –. Ma quando le famiglie hanno iniziato a fare ricorsi contro l’Istituto, il quale è risultato soccombente, quest’ultimo è stato costretto a cambiare la norma. Non possiamo, anche a fronte di un atto di buon cuore, rischiare poi di essere citati in giudizio o scavalcare la legittimità delle istanze presentate da chi in graduatoria viene prima. Le situazioni più delicate – e sono tipologie in aumento – sono le donne sole, specialmente anziane, e i nuclei famigliari ampi». Dato importante è anche lo sfratto per morosità dello scorso maggio, precisa il presidente dell’Ipes Heiner Schweigkofler: «La morosità sopprime la possibilità di ricevere punti per lo sfratto. La legge prevede che l’assegnazione avvenga sulla base del punteggio, poi chiaramente ognuno ha il diritto di fare ricorso. Nei casi di emergenza famigliare l’Ipes cerca di lavorare in rete coi servizi sociali ed eventualmente col Tribunale dei minori, in modo da valutare soluzioni nell’immediato».













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