La badante denuncia: «Anziana nel degrado» 

Condizioni di lavoro. Un’operatrice sociosanitaria racconta una situazione di abbandono «Coi familiari rapporti difficili, quando non ci sono nessuno si prende cura della signora»



Val venosta. Anna (il nome è di fantasia) fa la badante. È qualificata come operatrice sociosanitaria. Ha trovato lavoro in un paese della val Venosta, dove da quattro mesi si prende cura di un’ultranovantenne non autosufficiente. Ma si ritrova ad affrontare quella che lei definisce una situazione di abbandono e di astio la cui prima vittima, denuncia, «è la signora». I rapporti coi familiari sarebbero infatti tesi all’inverosimile per via della mancanza degli strumenti con cui svolgere il lavoro di cura dell’anziana donna. Anna però non si dà per vinta. Dopo aver cercato sostegno nel sociale e al municipio del paese, dopo aver sporto denuncia alla polizia di Stato di Merano, oggi descrive per filo e per segno il suo ambiente di lavoro.

Una storia sommersa.

Ha le mani nervose, Anna. Quando apre bocca esce un fiume di parole. E nella loro piena, le parole di Anna vibrano di stanchezza, di tensione. Raccontano la storia di un’anziana donna che si ritroverebbe abbandonata a se stessa e di una famiglia con la quale i rapporti corrono sul filo del rasoio, tanto che, racconta Anna, «a me e alla nonna è capitato di non avere niente da mangiare». La chiama così, “nonna”, forse per un sentimento di tenerezza: «Dei parenti non viene a trovarla nessuno».

Stato di abbandono.

Il rapporto lavorativo di Anna ha inizio alcuni mesi fa. «Ho trovato questo impiego privatamente. Alla richiesta di uno dei figli di lavorare in nero ho rifiutato – ricorda –, ma poi per avere il contratto in mano ho dovuto insistere, l’ho avuto dopo le prime tre settimane. Quando ho iniziato a lavorare ho trovato una casa trascurata, sporchissima, non potevo nemmeno toccare mobili e oggetti. E poi, alimenti scaduti nel frigorifero, muffe, una quantità di medicinali scaduti anche quelli. L’ambiente ha cominciato a essere più vivibile solo dopo che ho iniziato una pulizia da cima a fondo. La nonna, lasciata in una casa così sporca, e quando dopo il finesettimana di riposo riprendevo a lavorare la trovavo con gli stessi abiti di quando l’avevo lasciata. Lei stessa mi dice: “Guarda che cosa mi succede”. Mi faceva tanta tenerezza che per le prime quattro settimane ho saltato il sabato e la domenica di riposo per potermi prendere cura di lei. È capitato che i familiari siano andati dal medico senza la nonna a farsi fare le ricette per i suoi medicinali: mi sono rifiutata di somministrarglieli, il medico non l’aveva vista di persona. A volte hanno rifiutato di darmi i soldi per fare la spesa e per comprare la crema allo zinco e gli strumenti per la pulizia, così ultimamente ce li ho messi io. E quando me li hanno restituiti l’hanno fatto tra mille mugugni e polemiche. Così è impossibile lavorare».

La richiesta di risposte.

A lavoro iniziato, i familiari fanno sapere ad Anna che «ci sono problemi col sociale». Anna non indaga ulteriormente, ma quella frase enigmatica le rimane impressa nella mente. Dopo aver constatato la situazione va in municipio per avvisare gli impiegati che alle sue esigenze lavorative non c’è risposta. «Dal Comune poi sono venute a casa due persone, ma non è che la situazione sia migliorata. Ho raccontato tutto anche all’assessore competente e ai servizi sociali: immaginavo che almeno per il finesettimana, quando io sono di riposo, ci sarebbe stato un sostegno, e invece non si è smosso nulla».

Il 19 agosto un incidente domestico: «La nonna è caduta sul pavimento, probabilmente era inciampata. Mentre stava perdendo coscienza ho gridato: “Aiuto, aiuto!”, ma nonostante fossero in casa i familiari non sono intervenuti. Ho chiamato l’ambulanza: la nonna si era procurata una commozione cerebrale. Dopo questo incidente i familiari mi hanno fatto avere una lettera di ammonizione in cui dicevano che io sbaglierei, che non terrei un comportamento educato. Ma io sono sempre stata chiara e non offensiva, e in realtà sono loro a non fare ciò che viene richiesto, per esempio di non tenere gli alimenti scaduti nel frigorifero. Sono arrivata a non sentirmi bene. Così, su consiglio di un avvocato, sono andata dalla polizia e ho sporto denuncia».

Ci si chiederà perché rimanere in un ambiente che parrebbe tossico. «Io non voglio restare lì – risponde Anna –. Non è un posto per una badante, e nemmeno per un’anziana. Me ne andrò quando saprò che la nonna potrà avere una sistemazione migliore». S.M.

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