Le vecchie terme, nate nella polemica e fiorite col radon 

Il Kurmittelhaus. Storia dell’edificio aperto nel 1907 per la nobiltà Fra le due guerre la corsa all’“oro meranese”, l’acqua radioattiva


Jimmy Milanese


Merano. È stato uno degli edifici che, verso la fine dell’Ottocento, in fase di ideazione, più hanno fatto discutere i comuni di Merano, Maia Alta e Maia Bassa, allora entità autonome che aspiravano a ottenere i fondi per la realizzazione di una casa di cura. Il “Kurmittelhaus”, quello che oggi è noto ai meranesi come “sala civica” di via Otto Huber, alla fine costruito dal solo Comune di Merano, conserva oggi intatta al suo interno una storia scritta da importanti dottori che con le loro cure rivoluzionarie per l’epoca hanno lenito le sofferenze di personaggi della nobiltà europea, i quali a Merano arrivavano per le ormai famose terapie, in particolare al radon.

I vantaggi di Merano.

Inaugurato il 13 ottobre del 1907, ma già funzionante nel settembre dello stesso anno, il kurmittelhaus rientrava nella moda tardo-ottocentesca della villeggiatura idroterapica che in tutta europa ormai aveva preso piede. un termalismo che però a merano era d’élite, per la presenza in città della principessa sissi, la quale dove andava trasformava paesi e villaggi in meta turistica per la nobiltà dell’epoca e, di conseguenza, induceva le amministrazioni di quelle località ad attrezzarsi per l’arrivo dei turisti.

Rispetto ad altre città, l’asburgica merano aveva un enorme vantaggio, un clima mite d’estate e clemente d’inverno che le dava un notevole vantaggio rispetto a bad ischl, luogo di cura scelto nel 1853 dall’imperatore francesco giuseppe per festeggiare il fidanzamento con elisabetta di baviera.

Una nuova struttura.

Quindi, a partire dalla prima metà dell’ottocento, a merano si sviluppò un fervente dibattito relativo alla costruzione di quegli edifici che avrebbero ospitato le cure terapiche portate da medici di fama che avevano scelto la città sul passirio, proprio perché attratti dalla presenza di un turismo d’élite. tra questi, il kurhaus, inaugurato nel 1874 ma ben presto finito nell’occhio del ciclone, in quanto rivelatosi subito troppo piccolo per ospitare l’incredibile numero di terapie e cure proposte dalla città ai suoi ospiti.

Il dibattito sulle possibili soluzioni al problema iniziò alla fine del xix secolo, quando per poco non passò l’idea di una totale ricostruzione e ampliamento dell’edificio. fu l’azione di un comitato composto da esperti e comuni cittadini che spinse per l’edificazione di una nuova struttura. un kurmittelhaus, abbastanza ampio da ospitare le attrezzature più all’avanguardia dell’epoca, ma al centro della città, fu la proposta del medico viennese emil rochelt.

Al concorso indetto per la costruzione del centro termale, la cui ubicazione fu alla fine decisa nella sede attuale, parteciparono tre studi di architettura, con aggiudicazione dell’opera a max langheinrich, collaboratore di martin dülfer, il quale pochi anni prima aveva disegnato il teatro comunale. il costo dell’opera sarebbe stato tutto a carico dell’amministrazione comunale, con la gestione affidata a un Pool di medici, tra i quali josef schreyögg, friedrich freytag e il viennese adolf schmitdt, poi eletto direttore sanitario della struttura.

Il costo di realizzazione fece storcere il naso a molti meranesi per almeno due ragioni. infatti, il milione abbondante di corone spese, equivalenti a qualcosa come 8-9 milioni di euro oggi, copriva strutture e arredi di pregio che non sarebbero stati mai nemmeno visti dalla popolazione locale. inoltre, le ditte appaltatrici dei lavori provenivano tutte da fuori città, in particolar modo da vienna e monaco di baviera. e questo lasciava all’asciutto tutta l’imprenditoria locale che sperava di ottenere un tornaconto dalla costruzione del nuovo centro termale.

Servizi all’avanguardia.

Il nuovo kurmittelhaus, sorto sulle macerie del vecchio macello comunale, si trovava quindi a pochi metri sia dal teatro sia dalle passeggiate ormai da tempo frequentate dalla nobiltà europea. e di fronte al sindaco roman weinberger, era il 13 ottobre del 1907, la nuova casa di cura veniva inaugurata dal presidente dell’azienda di cura e soggiorno. il presidente sebastian huber presentò alla città una struttura capace di fornire una serie di servizi all’avanguardia per l’epoca e, soprattutto, concorrenziali con quelli offerti da soggetti privati presenti in città, ma in linea con l’offerta di altre località europee.

Tra i servizi offerti spiccava il reparto di pneumologia con i bagni d’aria e una serie di complessi apparati per l’inalazione, ma anche i rivoluzionari impianti targati dupont e matthieu. il kurmittelhaus poteva contare su un sistema di impianti e macchinari per la produzione del caldo, ideati dal dottor von hößle, che servivano tutti i quattro piani dell’edificio. oltre alle innumerevoli cure, tra i quali i bagni nayheim, benefici per le patologie cardiopatiche, da montegrotto terme arrivavano i fanghi solforosi, ma esistevano anche bagni elettrici e negli edifici del centro venne anche aperto l’istituto medico e meccanico ideato da jonas gustav zander, che a stoccolma aveva inventato una serie di terapie per pazienti affetti da infermità muscolari e articolari. per questo, all’ultimo piano del centro prendeva posto una vera e propria palestra dotata di una vasta scelta di attrezzature ginniche e apparecchi, come allora in pochissime località era possibile trovare.

Alla ricerca del radon.

La storia del kurmittelhaus cambiò radicalmente tra le due guerre, quando nel 1927 dalla prefettura di bolzano giunse l’autorizzazione alla vendita di preparati radioattivi utilizzati nella stanza per le terapie al radon. infatti, con sempre più insistenza in città girava la voce che un certo livello di radioattività delle acque meranesi fosse responsabile di una serie di guarigioni che in altre località non si erano mai registrate. dopo varie pressioni di alcuni esperti, fu commissionata una serie di ricerche condotte da giovan battista trener nelle località di tirolo, quarazze, scena, verdines e, infine, san vigilio.

Era l’anno 1935, e nel giro di poche settimane oltre cinquecento sorgenti vennero scandagliate, cento di queste con la presenza di livelli vari di radioattività. ma il risultato sbalorditivo era relativo alla fonte di san vigilio, nella quale il livello di radioattività misurato era decisamente superiore alla media e, quindi, ciò faceva presagire un proficuo utilizzo terapeutico.

All’epoca trasportare il radon non era impresa facile, visto il suo veloce decadimento radioattivo. inoltre, l’acqua al radon prometteva risultati terapeutici, ma solo se utilizzata in pochi giorni, altrimenti questo vero e proprio “oro meranese” avrebbe perso tutte le sue qualità. per questo motivo, merano si mobilitò in un’imponente opera di scavi e canalizzazioni con tubature in cemento e roccia che evitassero anche il minimo sballottamento delle acque, causa di decadimento. l’ingegner alberto bernardi fu incaricato delle operazioni di trasporto delle acque, mentre in città arrivarono gli esperti dell’istituto di chimica farmaceutica e di tossicologia da padova. questi scoprirono un’altra fonte nei pressi di quarazze che presentava un’altissima concentrazione di radon, le cui acque furono immediatamente convogliate al kurmittelhaus. era l’11 agosto del 1940, quando le prime terapie iniziarono a essere erogate, mentre l’europa era sconvolta dallo scoppio della seconda guerra mondiale, che trasformò la città in un lazzaretto carico di sofferenza.

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