IL REPORTAGE

Martello, l’unico Comune senza italiani 

Viaggio nel paese dove anche l’appuntato dei carabinieri è di lingua tedesca. Fragole, turismo e Parco le risorse


di Sara Martinello


MARTELLO. La val Martello si presenta come una salita verso la montagna. Qualche abitazione sparsa lungo i lati, una piccola officina meccanica, un supermercato, il centro visite del Parco nazionale dello Stelvio, il consorzio delle fragole.

In località Transacqua, la caserma dei carabinieri è come in molti altri paesi una normalissima casa con le tende di pizzo alle finestre e i gerani sul balcone. Cancello chiuso, il campanello non funziona. Funziona quello della chiamata rapida al 112: risponde la voce metallica ma dalla cadenza morbida, inconfondibilmente meridionale, di un militare della stazione di Silandro.

Si prosegue verso il paese di Martello, in salita. All’angolo una donna sta curando il piccolo campo casalingo (di fragole, manco a dirlo): «Municipio? Ah, municipio, Rathaus! È in paese, dovete proseguire fino in cima a questa strada». Sorride come si sorride ai turisti. Di visitatori italiani, dicono in paese, ne arrivano parecchi, ma tutti verso Ferragosto. Vengono dall’Emilia, da Milano, da Roma. Tutti a cercare l’aria pulita, la pace del Parco, quel folclore e i ritmi lenti del paese in cui non vive manco un italiano. Nemmeno i carabinieri sono di madrelingua italiana: l’appuntato delle barzellette qui è da 25 anni un Südtiroler, anzi, ce ne sono tre, tutti militari a cui la gente del posto può rivolgersi tranquillamente nella propria lingua madre.

«Un italiano c’era, tempo fa. Era il maresciallo Gardetto, sposò una donna di qui ed ebbero un figlio, Alexander, che visse qui finché non andò a studiare medicina a Innsbruck. Ora è a Bressanone, dove dirige la clinica Brixsana. Tre anni fa c’è stato anche un altro maresciallo dei carabinieri venuto da Bari con la famiglia, ma ora sta a Silandro», racconta il sindaco Georg Altstatter.

Ma perché di italiani non ce ne sono? Al bar del paese, Peter Tscholl una risposta l’avrebbe: «Qui fa freddo, siamo in alto, c’è tanto da lavorare e poco da guadagnare. E agli italiani tutto questo non va». La ragione, spiega il sindaco, è ben diversa: non essendo una valle di confine come la valle Aurina, non è mai stata la sede di finanzieri e altri corpi militari. È una valle più nascosta, ben protetta all’interno del territorio altoatesino.

Al Gol Market accanto al bar si vende un po’ di tutto: pane, affettati, caramelle, detersivi. Più che un esercizio per i locali sembra un pit stop per turisti, di quelli che prendono un appartamentino con angolo cottura e passano le giornate nel Parco dello Stelvio con i panini nello zaino. O forse ci vanno anche i residenti che non possono scendere al supermercato a Transacqua, chissà. Per una persona abituata alla vita in città è difficile immaginare un ritorno al commercio di vicinato, alla scelta limitata.

I forestieri vengono da più lontano: sono i lavoratori dell’Est, spiegano i proprietari del «market». Arrivano dalla Moldavia, dalla Romania, dall’Ucraina: aiutano con la raccolta delle fragole e dopo la stagione se ne vanno. Alcuni si fermano, mettono su famiglia, «imparano il tedesco», racconta ancora la titolare, «mentre i romeni parlano più volentieri l’italiano, diversi di loro lavorano anche in altre regioni italiane e dopotutto il rumeno è una lingua neolatina». Prima o poi arriveranno anche due o tre profughi con il progetto Sprar, annuncia il sindaco: «È la legge provinciale a stabilirlo. Chiaramente è d’obbligo dare una mano ai Comuni che ne ospitano molti e fare ognuno il proprio dovere».

È rivolta soprattutto agli sportivi l’offerta di Martello: si va dalle manifestazioni internazionali di biathlon al tennis, al minigolf, alla nuova palestra di arrampicata sfruttata in particolar modo dal Kletterteam venostano. I residenti si dedicano al volontariato nel corpo locale dei vigili del fuoco, ai cori, alla banda del paese, alla pesca nel rio Plima o nel lago formato dalla diga. C’è anche uno scultore, anche se non è certo l’artigianato florido della val Gardena. Ma sono soprattutto le fragole a tenere occupata la popolazione: «Il 23 e il 24 giugno ci sarà la festa delle fragole, che ormai è nota fino alla Bassa Atesina – così il sindaco –. Le coltiviamo da più di quarant’anni, anche se ora, con il fatto che le piantine provengono dall’Olanda, dalla Germania e da altre regioni italiane, dobbiamo fare i conti con costi maggiori a fronte di una domanda di diversificazione delle varietà coltivate e di durata nel frigorifero di casa che fa quasi dimenticare la morbidezza e il gusto delle fragole di Martello».

Un’economia fondata sui piccoli frutti e un saldo naturale costante, ogni anno dieci nascono e dieci muoiono. Nel centro culturale di Martello ci sono un asilo nido e una scuola materna, poco più in là la scuola elementare, mentre per la scuola media bisogna prendere l’autobus delle 7 e arrivare fino a Silandro, a venti minuti di strada. Più avanti, alcuni scelgono di portare avanti la gestione del maso di famiglia, altri frequentano l’alberghiero a Merano o le superiori a Silandro. Poi, l’università: Bolzano, Innsbruck, Trento, anche Padova. «Ma è difficile tornare a vivere in paese con una laurea in tasca, c’è più lavoro a Merano o a Bolzano – spiega Altstatter –. Parecchi giovani lavorano in centri come Laces, e la sera tornano qui. Il sabato vanno a ballare a Lasa o a Silandro, oppure passano le serate al bar del centro per il tempo libero, che è aperto fino a tardi».

Come in tutti i piccoli centri, si cerca di tenersi stretti i giovani, contro il fantasma della solitudine crescente per gli anziani. «Quando le famiglie erano numerose i figli costituivano una garanzia per il futuro, soprattutto perché spesso restavano in casa o nei paraggi, pronti a curare i genitori in caso di bisogno. Qualche anno fa abbiamo costruito una struttura in cui gli anziani possono vivere accompagnati: allora la richiesta per quei dieci posti disponibili era bassa, ma con il tempo la residenza si è resa fondamentale».

Si ridiscende verso la val Venosta lasciandosi alle spalle la chiesetta eretta a ringraziare che l’Onnipotente abbia impedito al rio Plima di esondare nel cuore della notte, quando nessuno, quel 24 agosto del 1987, si sarebbe potuto salvare dall’alluvione che devastò le case di Ganda di Sopra e rese inagibili i ponti e la strada, isolando la val Martello dal resto del mondo. E ci si chiede se sia poi così strano che a Martello non vivano persone di madrelingua italiana, e se lo stupore sia legittimo.













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