Violenze, denunce in aumento 

Il carnefice ha le chiavi di casa. La Casa delle donne registra una crescita dei primi contatti con l’associazione Sigrid Pisanu: «Ma non si parli di emergenza, è un fatto culturale. Serve continuità, la politica non abbassi la guardia»


Sara Martinello


Merano. Oggi pomeriggio, in centro, il flashmob di One Billion Rising. Ieri la richiesta di risarcimento da 1,5 milioni di euro per la famiglia di Alexandra Riffeser, che Johannes Beutel ha ucciso il 24 settembre 2018. E intanto dall’associazione Donne contro la violenza si leva la notizia dell’aumento delle richieste d’aiuto nel 2019. «Ma non se ne parli come di un’emergenza», avverte l’operatrice Sigrid Pisanu. È un fatto radicato nella cultura del patriarcato, quella della violenza perfino istituzionale. E se la Rete antiviolenza dispone di una copertura giuridica e finanziaria, la richiesta alla politica è quella di continuità. «Chiediamo che l’amministrazione prosegua il lavoro iniziato negli ultimi anni. Che non si abbassi la guardia».

I dati delle violenze.

I dati relativi al 2019 ancora non sono disponibili, tale è la loro mole. Pisanu però parla di un aumento dei contatti rispetto all’anno precedente: «Ogni anno mediamente cento donne si rivolgono a noi per la prima volta. Nel corso del 2019 c’è stato un aumento dei primi contatti per richieste di aiuto». Una crescita della violenza o una maggiore consapevolezza degli strumenti a disposizione delle donne? «No, non si può parlare del rafforzamento di una modalità di relazione che è già radicata. Si può parlare di una sempre maggiore incisività dell’opera di sensibilizzazione: da una parte grazie alla stampa, dall’altra grazie alle pratiche informative della Rete e del centro antiviolenza, con una maggiore attivazione delle donne che vivono in situazioni a rischio». A breve, per esempio, riprenderà la campagna di manifesti sulle pensiline del trasporto pubblico a Merano. Nel 2018, 166 nuovi casi di violenza maschile nei confronti delle donne. Il dato risulta dal confronto incrociato dei servizi e delle istituzioni aderenti alla Rete antiviolenza di Merano. Nel 2017 sono state 160 le donne che si sono rivolte al centro antiviolenza cittadino, e in 108 casi si è trattato di volti nuovi.

Le necessità della Rete.

In base alla legge provinciale 10/1989 sono le Comunità comprensoriali a gestire il servizio di ascolto e protezione. «Il finanziamento per la gestione ordinaria della Rete e della struttura protetta è garantito – spiega Pisanu –. Ma da alcuni anni si fa sentire la fatica nella ricerca di una casa o nel reinserimento nel mondo del lavoro. La crisi sociale tocca per prime le donne: noi possiamo dare protezione, sostenerle nel momento del pericolo, ma poi si tratta di trovare un alloggio e un lavoro. Con difficoltà enormi per chi sia di origine straniera o per le madri, perché se da una parte avere figli può essere garanzia di capacità organizzativa o un fatto riconosciuto come un valore sociale, poi la prole è vista come un ostacolo all’efficienza produttiva».

Bisogni e desideri.

In tempi di elezioni amministrative la richiesta alla politica resta una. Serve la continuità, e in questo un ruolo lo giocherà anche il nuovo Piano per l’uguaglianza di uomini e donne 2019-2024 (approvato mercoledì in consiglio comunale), «nel quale sono state accolte idee nostre, delle forze dell’ordine e dei consultori», la precisazione. E i flashmob, solo estetica? «È un mezzo, un livello della riflessione di cui tanti ancora hanno bisogno. È un bene che il Comune aggiunga “maschile” a “violenza contro le donne”, perché mette a nudo il tema culturale del patriarcato. La violenza maschile toglie: toglie i desideri, la possibilità di scegliere, di autodeterminarsi. Noi ci siamo a 360 gradi con percorsi per recuperare l’autostima e la fiducia in se stesse, secondo i desideri di ognuna».

“Donne contro la violenza” è in corso Libertà 184/A; numero telefonico di emergenza 800 014008 (attivo tutti i giorni, 24 ore su 24).













Altre notizie

Attualità