Personaggi

Autista e amico, con Alex Passi le stelle dei set si sentono a casa 

Ha 58 anni, maestro di sci con un passato sportivo di rilievo tra football americano e hockey, “Alex” ha cominciato con «Un passo dal cielo 4» e non si è fermato più: «Jean Reno restò senza driver e arrivai io: con me si trovò benissimo»


Andrea Scolfaro


VAL PUSTERIA. Per tutti è semplicemente Alex, 58 anni, maestro di sci da 35. Un’istituzione, oramai, sulle piste del Baranci o dell’Elmo, nel comprensorio di San Candido. Alessandro Passi, l’Alex di cui stiamo parlando, è stato anche un buon quarterback nel football americano come pure un valente hockeista. E quando gli è stato affidato il comando, nel 1999, fu il capo squadra che condusse alla vittoria Bolzano nell’ultima finalissima dei Giochi senza frontiere. Ed in seguito, dal 2000 al 2005, l’apprezzato team leader dell’Hockey Club Bolzano.

Ma non è di sport che dialoghiamo con lui. Sei anni fa la vita di Alessandro Passi ha avuto una svolta che lui non poteva prevedere.

“Proprio a San Candido, all’Azienda di Soggiorno - ricorda Alex - stavano facendo il casting per ingaggiare le comparse di ‘Un passo dal cielo 4’. Andai più per curiosità che per un reale interessamento. Mi scelsero come agente della Forestale. In quel momento, tutto ebbe inizio”.

Cosa accadde, di preciso?

Lavorai giorni sul set allestito al Lago di Braies. Ero elettrizzato per l’esperienza. Avevo già familiarizzato con Francesco Salvi e Gianmarco Pozzoli, l’interprete del celeberrimo agente Huber. A sorpresa, la produzione della Lux Vide mi chiese se fossi interessato a proseguire la mia attività sul set. Serviva un ‘runner’. Nell’ambiente cinematografico esistono due tipologie di assistente alla produzione. I runner, appunto, e i driver. I primi sono veri e propri factotum, i secondi si occupano principalmente di condurre l’auto che accompagna ovunque gli attori protagonisti. Diedi la massima disponibilità. Ed entrai così nelle grazie della produzione.

Già alla seconda esperienza, cambiò un po’ tutto?

Diciamo che fu un’evoluzione graduale. Ma intanto mi ero già fatto un nome, in un ambiente dove le notizie circolano piuttosto velocemente. Mi ritrovai subito sul set di Mister Felicità, girato tra Bolzano, Merano e Bressanone, con Alessandro Siani regista ed attore. E poco tempo dopo mi arrivò la scrittura come comparsa per La ragazza nella nebbia, il capolavoro di Donato Carrisi. Lo scrittore che curò anche la regia dell’adattamento cinematografico, che gli valse il David di Donatello.

E qui, il rapporto tra Alessandro Passi e il mondo del cinema cambia. Tanto che nell’ambiente si inizia a parlare di uno degli assistenti alla produzione più apprezzati.

Girammo gli esterni nei boschi che circondano il lago di Carezza. Gli interni al Grand Hotel. Una location perfetta. Per imponenza e stato di abbandono. Sul set, due mostri sacri: Toni Servillo e Jean Reno. L’attore francese rimase improvvisamente senza driver. E la produzione pensò a me per sostituirlo. Per una settimana mi presi cura di lui. Di ogni suo spostamento, tra il set e il suo domicilio a Merano. Reno aveva un assistente: Karim. Suo connazionale, dispotico e perennemente stizzito. La prima volta mi impose il divieto assoluto di parlare al suo assistito. Obbedii, naturalmente. Ma qualche minuto dopo fu proprio l’attore a rompere il silenzio. Dialogammo a lungo. Dallo specchietto retrovisore Karim mi fulminò più volte con lo sguardo.

Fu questa, dunque, la svolta?

Sì. La mia carriera di driver iniziò così. Grazie a Valentina Iagrossi ed Emil Da Soghe dell’agenzia di casting Eagle Service e alla location manager Deborah Scaperrotta. Nel 2018 la Lux Vide mi ricontattò per Un passo dal cielo 5. Decisero di assumermi per tutta la durata delle riprese. Venni accolto benissimo da Gianmarco Pozzoli, Enrico Ianniello e Daniele Liotti. Quando insorgeva un imprevisto, per loro la soluzione era sempre: ‘tranquilli, ci pensa Alex’. Pozzoli e famiglia sono soliti venire a sciare da me a San Candido. Ianniello, persona colta e gentile, ha la moglie bolzanina. Di Sciangai, mi disse stupendomi. Liotti invece, limitato da un problema fisico, seguì invece un mio spassionato consiglio. E si affidò alle cure di uno specialista, Stefano Basso, un mio carissimo amico, che si rese disponibile a rimetterlo in sesto. Con la benedizione sua e di tutta la Lux Vide”.

L’anno seguente, cambiasti location. E dal Lago di Braies passasti alla Val Gardena...

Val Gardena e Val d’Ultimo. Dove venne ambientata la serie televisiva Vite in fuga con Anna Valle e Claudio Gioè. Oltre a svolgere il ruolo di driver, la regia mi gratificò affidandomi un piccolo ruolo. Tra i ricordi che conservo restano le espressioni di stupore di Valle e Gioè davanti al Sasso Lungo ed al lago di Fontana Bianca.

Quindi, anche la seconda attività si è sviluppata prevalentemente sulle nostre montagne...

Assolutamente. Più recentemente, per tre mesi sono stato dietro le quinte di Wild Republic, una serie drammatica per la tivù germanica. Un’ottima produzione e bravissimi attori, giovani e motivati. È stato però faticosissimo. Perché ci si spostava di continuo dal Passo Sella al Falzarego o da San Candido fino alle Tre Cime di Lavaredo.

La scorsa primavera, infine, l’ultima esperienza. Quella di “Brennero”.

Ho assistito da vicino Matteo Martari ed Elena Radonicich. Ottimi attori e persone squisite. Con Martari ci ritroveremo sulle piste da sci. È un ottimo sciatore. Vuole diventare maestro, come me. ‘Non si sa mai quanto possa durare, questa celebrità’ - mi ha confessato. Di Radonicich ho apprezzato un’ironia non comune. Una volta tornata a casa mi ha inviato un sms: ‘Ti manchiamo, vero?’”. ‘Brennero’ piacerà, specialmente ai bolzanini, per i tanti riferimenti alla città racchiusi nella trama.

Un sogno nel cassetto?

Lavorare con Pierfrancesco Favino. Un trasformista straordinario.

 













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