La tragedia

Lo strazio di papà Christian: «Ho perso ciò che avevo di più grande, mi è rimasto Benedikt. Ricominceremo insieme»

In Tirolo l’incidente che ha spezzato la famiglia Tschurtschenthaler uccidendo Monika e i figli Matthäus (7 anni) e Kassian (10): erano andati a Lienz per comprare le scarpe da calcio. Restano un padre e un ragazzino di 14 anni: «Saremo uno la spalla dell’altro»


Aliosha Bona


SESTO PUSTERIA. «Scusate, potete ripetere?». Le parole pronunciate da tre uomini in divisa risuonano come una tempesta nella mente di Christian Tschurtschenthaler. Stava lavorando nel suo ufficio, come ogni pomeriggio da 24 anni nel comprensorio sciistico delle Tre Cime. Ancora qualche foglio da compilare e poi finalmente sarebbe tornato a casa, tra le braccia della moglie e dei suoi tre bambini. Invece quella visita inaspettata di Carabinieri e Croce Bianca, alle 17:16 di lunedì 22 gennaio, ha travolto la sua vita per sempre. «Sua moglie Monika ha avuto un grave incidente ed è morta». Pausa di qualche secondo. «E anche due dei suoi figli non ci sono più».

Sono queste le parole che Christian non capiva. Non voleva accettare che i suoi "gioielli" (li chiama così) se n'erano andati via per sempre in un maledetto incidente ad Assling nel Tirolo orientale.

L'auto su cui viaggiava la famiglia stava procedendo verso Lienz quando, nell'affrontare una curva a destra, la Fiat Panda ha invaso la corsia opposta ed è andata a schiantarsi frontalmente contro un autobus di linea. Tremendo l'impatto, devastante il verdetto: sono morti sul colpo Monika Stauder, 47 anni di Sesto Pusteria, e il figlio Matthaeus di 7 anni. Kassian, 10 anni, è deceduto poco dopo in ospedale, a Klagenfurt, mentre il fratello maggiore Benedikt, ricoverato a Innsbruck, è tenuto in coma farmacologico ma è fuori pericolo.

Guarirà completamente, dicono i medici di Innsbruck: «Ormai mi è rimasto solo lui - sospira papà Christian -. Possiamo ricostruire una vita insieme ed essere uno la spalla dell'altro. Ma ci vorrà tempo per tornare a sorridere».

Raggiungiamo Christian Tschurtschenthaler nella sua dimora, che si trova a due passi dalle piste di sci Monte Elmo. Saliamo le scale e si scorgono i tre zainetti di scuola dei figli. Poco più in là l'albero di Natale che non volevano assolutamente disfare per mantenere intatta la magia delle feste. Poi le foto d'infanzia, le letterine, i lavoretti fatti a mano: ogni angolo della casa gli ricorda la moglie e i figli scomparsi. «Mi sembra di vivere un film horror - racconta Christian -. E pensare che a mezzogiorno di lunedì, prima dell'incidente, stavo pranzando con loro. Ho chiesto a Monika cosa avrebbero fatto il pomeriggio e lei mi ha risposto che probabilmente avrebbero fatto una sciata o una passeggiata con la suocera in Val Fiscalina. "Ma dovremmo andare anche a Lienz perché a Kassian mancano le scarpe e venerdì c'è il primo allenamento di calcio", ha aggiunto mia moglie. Quel viaggio ha cambiato la mia esistenza».

Dopo l'incidente, Christian è corso sul luogo dell'incidente e successivamente ha raggiunto la cappella di Sillian, in Austria: «Ho visto i due corpi: mia moglie a sinistra, e mio figlio Matthäus a destra. Lì ho realizzato e capito di aver perso ciò che di più grande avevo - prosegue Tschurtschenthaler -. Il mio lavoro mi ha sempre impegnato tanto, ma nel tempo libero ho sempre cercato di essere presente nelle piccole cose: come il pranzo o la colazione. Solamente qualche giorno fa eravamo ad Anterselva a vedere il biathlon in una giornata fantastica, passata tutti assieme. Monika anni fa decise di rimanere a casa con loro per costruire una nostra identità familiare, senza l'aiuto di una babysitter. Ci legava una grande affinità».

Un appello alla vita

Il funerale di Monika Stauder, di Matthäus e Kassian Tschurtschenthaler, si terrà tra qualche giorno a Sesto Pusteria: «Sarò davanti alle bare che solo una settimana fa erano mia moglie e i miei figli. Ora chiedo solo la vicinanza delle persone perché mi può aiutare ad andare avanti. Io ho una forza interiore, ma non sarebbe nulla senza l'aiuto degli altri». E ci tiene a concludere con una sorta di appello, che spesso sentiamo, ma quasi mai applichiamo fino in fondo perché magari oberati dal lavoro o dallo stress quotidiano: «Certe cose nessuno le ha in mano. Per questo dico a tutti di godersi ogni istante della propria vita prima che sia troppo tardi».













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