Marmolada, no alla nuova pista 

Il ghiacciaio si è ritirato, bocciata la pista tra Porta Vescovo, Fedaia, Punta Rocca



MARMOLADA. È improponibile il collegamento tra Porta Vescovo, passo Fedaia e Punta Rocca sulla Marmolada. La pista di rientro, alternativa a quella bellunese, è impossibile, perché il ghiacciaio si è ritirato per decine di metri e ha lasciato spazio a salti di roccia proibitivi.

Lo ha detto Mario Vascellari, presidente della società Funivie Marmolada, proponendo – a nome delle cinque società di Superski Dolomiti, che hanno condiviso il progetto l’anno scorso – una soluzione: collegare il Fedaia bellunese, là dove arriva la pista, con il Fedaia trentino. Una seggiovia leggera potrebbe fare allo scopo, con relativa pista d’appoggio.

Ecco, dunque, il carosello: Sellaronda, quindi Arabba, Padon, Malga Ciapela, Punta Rocca, Fedaia da una parte e dall’altra, Pian dei Fiacconi. E ritorno, ovviamente. «D’altra parte – ha specificato Vascellari – la Marmolada, per motivi di sostenibilità, non può andare oltre i 100 sciatori al giorno, come oggi avviene. Il collegamento da Porta Vescovo, invece, li raddoppierebbe».

Solo applausi dall’assemblea pubblica di oltre 100 operatori turistici svoltasi a Rocca Pietore. Un rotondo no, per contro, al progetto ipotizzato da Canazei ed Arabba. E nascerà un comitato tecnico con due obiettivi: da una parte lo stop alla prospettiva del collegamento tra Porta Vescovo e Marmolada, dall’altra la riapertura, nei tempi più brevi, degli skilift di malga Ciapela.

Vascellari ha raccomandato prudenza nei confronti di un patrimonio delicato come quello della Marmolada, che esige una valorizzazione plurima: sul piano naturalistico, culturale, storico in particolare, oltre che sciistico.

Luigi Casanova, leader storico di Mountain Wilderness, si è sintonizzato con Vascellari e ha manifestato la sua incomprensione per la nuova “guerra dei confini”: smettiamola, ha detto, e si cominci finalmente a collaborare.

Il ghiacciaio va salvaguardato e semmai valorizzato sotto il segno della sostenibilità, promuovendo le sue specificità storiche e culturali, oltre che naturalistiche (si pensi solo alla risorsa acqua), oltre che naturalistiche.

Accalorato l’invito a ritrovare l’unità. Dal Civetta al Padon, alla Val Pettorina. Forte la sollecitazione ai politici a non perdere tempo soprattutto con il ripristino delle condizioni di agibilità degli impianti chiusi. Perché – è stato detto polemicamente – taluni sembrano preoccuparsi di più di un pilone in ferro da 8 mila euro che del danno che la popolazione subirebbe.













Altre notizie

Attualità