l’anniversario

Quattro anni fa la notte di Vaia, in Alto Adige distrutti 6 mila ettari di bosco. Il ruolo delle foreste sul cambiamento climatico

La tempesta che ha cambiato per sempre il nostro territorio. Unterthiner: "2600 ettari sono stati rimboschiti, i problemi del bostrico e del carico di selvaggina"



TRENTO. Quattro anni fa, la notte tra il 29 e il 30 ottobre 2018, il Trentino Alto Adige fu investito dalla tempesta Vaia che distrusse complessivamente 42.500 ettari di foresta nell’area dolomitica.

I danni sul territorio sono ancora sotto gli occhi di tutti, il bostrico che affligge i boschi è una conseguenza di quell’uragano di acqua e vento che spazzò via foreste e case.

Di quella notte, e delle sue conseguenze, si è parlato nel ciclo di incontri "Le ragioni di Vaia" al Museo degli usi e costumi di San Michele con i relatori Lorenzo Ciccarese dirigente tecnologo, responsabile dell'Area per la conservazione della biodiversità terrestre e della gestione sostenibile dei sistemi agro-forestali di ISPRA, Giovanni Giovannini dirigente del servizio Foreste della Provincia di Trento e Günther Unterthiner, direttore del servizio Foreste della Provincia di Bolzano.

Le riflessioni e i dati emersi dall'incontro hanno sottolineato come sia fondamentale il ruolo della conoscenza per affrontare eventi che ancora non conosciamo e che potrebbero essere molto più intensi, frequenti ed estesi di Vaia.

Günther Unterthiner nel suo intervento ha ricordato che "in Alto Adige Vaia ha colpito 6.000 ettari di foreste. Ci sono stati interventi piuttosto rapidi ma due fenomeni successivi e diffusi hanno messo in crisi tutto il sistema: il bostrico che già c'era con Vaia ha accelerato notevolmente e il carico della selvaggina che non deve essere troppo numerosa per l'equilibrio complessivo. C'è stato il rimboschimento di 2.600 ettari, ciò per l'importante funzione protettiva. I contatti transnazionali, specie sulla questione del bostrico, sono molto importanti: le conoscenze bisogna condividerle, il confronto di competenze è necessario per definire  le strategie. Non ci sono soluzioni semplici per fenomeni complessi".

Giovanni Giovannini ha esordito dicendo che "Vaia è stato un evento fuori scala che ha modificato il reticolo idrografico e ha prodotto danni enormi a tutte le infrastrutture forestali. Sono più di 2.000 i chilometri di strade rese inservibili da Vaia, circa un terzo della rete forestale trentina. Sono inoltre 20.000 gli ettari danneggiati in tutto dalla tempesta; la Provincia intende rimboschirne il 20%. Le piante, la natura riescono a trovare un equilibrio, per fortuna. Il bostrico ha peggiorato ulteriormente la situazione. In particolare sull'abete rosso che in alcuni casi presenta anche fenomeni di disseccamento da siccità. A causa di questo piccolo insetto coleottero del gruppo degli Scolitidi, in tre anni abbiamo perso un milione e mezzo di metri cubi di alberi. Un danno molto più grande di Vaia". 

Ciccarese che riveste un ruolo scientifico particolarmente determinante in ISPRA - Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ha evidenziato "che è necessario avere il 30% di aree protettete entro il 2030". Per quanto riguarda le connessioni fra demografia e nutrizione, lo studioso ha sottolineato che "sarà possibile nutrire 10 miliardi di persone nel 2050 solo se cambiamo abitudini alimentari e riduciamo gli sprechi". A chi chiedeva dal pubblico se siamo già al punto di non ritorno Ciccarese ha risposto che "per esempio sul''esistenza dei ghiacciai sì, ma, purtroppo, anche in diversi altri ambiti. Adesso il problema sarà come riuscire a tornare indietro".

Ciccarese lo ha sottolineato con diversi esempi aggiungendo che "abbiamo bisogno di capire meglio la natura perché c'è una stretta relazione fra i cambiamenti climatici e la bodiversità. Attualmente la temperatura globale è di 2°C in più rispetto al 1950. Entro la fine del secolo i gradi in più potrebbero arrivare a 6°. Le foreste hanno un ruolo fondamentale nella riduzione dei gas serra così come la vegetazione urbana ha un ruolo decisamente importante. A causa della distruzione delle foreste si liberano in atmosfera enormi quantità di gas-serra, responsabili del riscaldamento globale. Gli scienziati dell'IPCC ritengono che circa il 20% dei gas-serra immessi ogni anno nell'atmosfera derivano dalla distruzione e dalla degradazione delle foreste e degli habitat. Il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici sono a loro volta ulteriori fattori di perdita di biodiversità. In questo contesto resta urgente spostare i fondi dai gas fossili agli interventi di ripristino e restauro di aree boschive, ma anche costiere. Si stima che servono circa 700 miliardi di euro all'anno per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Fra i fattori di rischio per la biodiversità oltre alla perdita di habitat, l'uso eccessivo di fertilizzanti, l'inquinamento, l'agricoltura intensiva c'è anche l'ingresso delle specie aliene ed invasive" .













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