Indennità, i comunali sono sul piede di guerra 

Dopo le parole di Kompatscher. Lo scenario del recupero retroattivo degli emolumenti ha già portato alcuni a sentire i sindacati per evitare il tracollo economico delle loro famiglie



Merano. Nei corridoi del municipio serpeggia una preoccupazione che potrà dare il la a un vero e proprio terremoto, se il Comune deciderà di adeguarsi alla recente dichiarazione del presidente della Provincia Arno Kompatscher rispetto all’intenzione di recuperare dai dipendenti provinciali oltre 11 milioni di euro, cioè le indennità corrisposte ai dirigenti anche quando questi non ricoprano più ruoli di vertice. Lo rivela un ex dirigente d’ufficio, megafono di molti dipendenti comunali che stanno valutando azioni sindacali qualora l’ente meranese resti inerte e traduca a livello locale quanto preconizzato da Kompatscher.

Il sistema altoatesino.

In Alto Adige vige ormai da una ventina d’anni un regime diverso da quello concordato a livello nazionale attraverso accordi sindacali. Le indennità corrisposte ai dirigenti della pubblica amministrazione sono minori, ma trovano una sorta di compensazione nella prosecuzione dell’assegno anche una volta dismesso l’incarico.

«Un percorso di accordi di comparto e intercomparto – spiega il funzionario meranese – aveva portato Provincia e Comuni a proporre ai loro dirigenti, al momento della loro nomina, condizioni economiche al risparmio. Al risparmio perché questo sistema alla fine garantiva minori spese ai nostri enti locali. Questo regime era alla base di tutti gli incarichi di dirigenza e recepito dalle amministrazioni negli atti ufficiali di conferimento degli incarichi. Insomma le amministrazioni, attraverso delibere ufficiali di incarico, hanno garantito queste precise condizioni economiche ai dirigenti».

Stipendi dimezzati.

L’estate scorsa però la Provincia ha sancito la sospensione delle indennità, seguita poche settimane dopo anche dal Comune. Ora lo scenario si fa più tetro, e i dipendenti del municipio precipitano nello scoramento. Se anche l’Ufficio personale meranese decidesse di agire come in Provincia, un dirigente che adesso percepisce 3 mila euro mensili – magari dopo trent’anni di servizio nell’amministrazione comunale – si ritroverebbe in busta paga appena 1400 euro. In parte per la mancata corresponsione delle indennità, in parte per il recupero retroattivo prefigurato dal presidente provinciale.

Per fare un esempio, chi fosse ex dirigente da tre anni dovrebbe restituire circa 30 mila euro, risparmi magari già investiti in un mutuo o nell’istruzione dei figli o spesi per la cura dei genitori anziani. Il recupero potrebbe essere fatto ratealmente nei confronti della banca o del Comune, oppure attraverso un prestito bancario, ammesso che gli istituti lo concedano.

L’appello agli enti locali.

«Come un anno fa – riprende l’ex dirigente –, le amministrazioni non si preoccuperanno di rispettare verso i loro dipendenti le condizioni, per di più meno remunerative, che loro stesse hanno garantito, e neanche agiscono contro i colpevoli ideatori di questo sistema, ma semplicemente agiscono sull’ultimo anello della catena. Di punto in bianco e unilateralmente non riconoscono più il pattuito e vanno pure al recupero. Se diamo retta alla sentenza emessa in Provincia l’anno scorso che definisce sbagliato il sistema altoatesino allora all’atto della sospensione e del recupero delle indennità va valutato e quindi corrisposto quanto i dirigenti avrebbero dovuto avere con l’altro sistema, quello nazionale. Resta da sperare che il Comune promuova una soluzione positiva e che non si limiti a recepire quanto previsto dalla Provincia. Altrimenti è pura speculazione». S.M.













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