Venosta in lutto per la maestra Dora, pioniera della scuola 

Da Malles a Merano. Si è spenta portata via dal Covid all’età di 85 anni Insegnò con passione a bambini, militari e alunni con bisogni speciali



Merano. Il coronavirus si è portato via Maria Simone, conosciutissima da Resia a Merano come “maestra Dora Rinaldi”. All’età di 85 anni, nel riserbo e nel lutto della sua amorevole famiglia, è scomparsa lasciando dietro di sé il ricordo di una donna dalla grande vivacità culturale, pioniera altoatesina nel campo dell’insegnamento a bambini con disturbi dell’apprendimento.

Origini piemontesi.

Nata a Novara nel 1935, la maestra Dora frequenta le magistrali a Taranto, dato che il padre, arruolato nella Guardia di Finanza, è originario di Martina Franca. Successivamente si specializza in autismo all’Università di Urbino. Per un anno insegna nelle masserie di Martina Franca. Quindi si trasferisce in Valsugana, a Pradellano, frazione di Pieve Tesino situata vicino a Bieno, il paese di sua madre Agnese.

In alta val Venosta.

Nel 1960 il trasferimento a Curon Venosta, dove nel marzo dello stesso anno si sposa. A Malles (dove vive anche la sorella Rosanna) inizia a insegnare alle reggimentali, la scuola per militari. Alcuni devono ottenere la licenza elementare. Dopodiché lavora per un anno a Oris e poi a San Valentino alla Muta. Tra i suoi alunni ci sono anche Peter Georg Stecher e Peter Paul Bernhard, oggi entrambi noti chirurghi dell’Azienda sanitaria.

Nel 1961 ha il suo primo figlio, Roberto, nato nel piccolo ospedale di Malles che oggi è una casa di riposo. Pochi anni dopo il Ministero dell’istruzione le chiede di scegliere se continuare a esercitare la professione di maestra a Merano o a Bassano del Grappa. Sceglie Merano, è il 1967. «Ricordo che tutti gli abitanti di San Valentino alla Muta scesero in strada perché non volevano che partissimo – racconta Roberto, al tempo seienne –. D’altra parte ero cresciuto nella casa della signora Egger, giocavo coi suoi figli. Ero l’unico bambino italiano, eppure ero integratissimo e amato dai compaesani». Ma sono anche gli anni del terrorismo. Anni densi di paura, nelle valli ci si muove in punta di piedi. Decenni più tardi sarà il sogno di uno stormo di corvi a far tornare a Roberto un’immagine vivida e terribile: «Friedrich Rainer, dilaniato dallo scoppio improvviso di un ordigno mentre cercava di sistemarlo nell’ossario di Burgusio a memoria della Prima guerra mondiale. Avevo tre anni e vivevo coi miei genitori a San Valentino alla Muta». E poi la montagna, immobile e insieme tana di creature selvagge, e le preoccupazioni di una madre: «I carabinieri di Resia mi avevano donato un cucciolo, un incrocio tra un pastore tedesco e un husky. Si chiamava Teddy e mi ha salvato la vita: un giorno stavo giocando nel prato dietro la scuola elementare quando dal bosco uscì una mandria di cavalli allo stato brado. Si dirigevano al galoppo verso di me, che ero seduto nell’erba. Teddy si parò davanti a me e spaventò i cavalli, col risultato che questi si dispersero. Fu questione di pochi attimi, mia madre assistette alla scena dalla finestra e corse subito fuori per portarmi via, spaventatissima».

L’impegno a Merano.

Ancora nel 1967, a Borgo Valsugana, nasce la seconda figlia, Simonetta, e nel 1971 è la volta dell’ultimogenita, Valentina. A Merano la maestra Dora insegna alle elementari Leonardo da Vinci. Ancora il figlio Roberto: «Fu lei a introdurre in Alto Adige le cosiddette “classi differenziali”, cioè classi per bambini con deficit cognitivi». Le classi differenziali, nate a inizio Novecento, furono abolite nel 1977 dopo un intenso dibattito a livello nazionale. La maestra Dora conosce l’ortofrenia, il metodo sviluppatosi a partire dalla fine dell’Ottocento per seguire i bambini con bisogni diversi rispetto agli altri, e prende parte alla commissione provinciale per bambini con disabilità. Più avanti – dopo l’abolizione delle scuole magistrali ortofreniche nel 1986 – si parlerà di “insegnanti di sostegno”. Nel contempo diventa una figura di riferimento per il Ministero in Alto Adige e si infittiscono i viaggi a Roma per le riunioni con gli insegnanti delle diverse regioni italiane. Merano però non le farà mai passare la nostalgia dell’alta Venosta, con le frequenti gite scolastiche a Castel Coira o quelle in famiglia a Malles e a San Valentino alla Muta. Mantiene per tutta la vita l’amore per i viaggi e per la fotografia. Verso la fine degli anni Ottanta va in pensione, ma continua a frequentare l’ambiente della scuola. Organizza conferenze, è attiva nella cultura e nel volontariato. A casa accoglie bambini per dare loro ripetizioni gratuite.

Il lutto per la scomparsa.

Pian piano le energie di un tempo cominciano ad abbandonarla. Ma non rinuncerà mai i modi urbani, a vestirsi di tutto punto per accogliere un ospite in casa, a ripercorrere sforzando la memoria gli anni dell’alta Venosta, lei che di quell’attentato all’ossario non fece parola per decenni. La piangono Merano, Malles e i paesi vicini, gli alunni bambini e quelli già in abito militare, le montagne e quell’entroterra pugliese dove giovanissima la maestra Dora cominciò la propria ricerca di un insegnamento modellato sui bisogni delle persone. S.M.

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