Gandini in libreria con un nuovo giallo «Mi diverto troppo» 

Lo scrittore e giornalista bolzanino. “Donne” è pubblicato dall’editore torinese Robin Protagonista il poliziotto Lorenzo Cardile, alle prese con una lunga serie di omicidi  «Il Salone di Torino? Mai scappare, bisogna sempre combattere con le idee e con le parole» 


FABIO ZAMBONI


Bolzano. Umberto Gandini non molla. Come quando all’«Alto Adige» faceva cronaca, quando inseguiva la notizia con caparbietà, quando c’era da dire pane al pane in salaci articoli sulla politica così come in raffinate e documentate recensioni teatrali. Alla bella età di 84 anni, il giornalista scrittore e traduttore bolzanino ritorna in libreria con quello che è il suo settimo romanzo: si intitola lapidariamente “Donne” un giallo pubblicato dall’Editore Robin nella collana Giraffe Noir.

Un titolo curioso, che fa pensare più a un saggio che a un racconto.

In effetti, io ne avevo proposto un più forte e concreto: “Donne allo spiedo” – confessa Gandini – ma l’editore ne voleva uno più sobrio, meno trash. E ha vinto lui….

Ma lo spiedo cosa c’entra?

C’entra eccome: in una cittadina di provincia del Nord Italia alcune donne apparentemente molto diverse vengono brutalmente uccise, trafitte da aste di ferro simili a spiedi. Il caso sembra insolubile ma il poliziotto Lorenzo Cardile sa il fatto suo...

Da buon giornalista, si è ispirato a qualche episodio di cronaca nera?

No, basta cronaca. I miei romanzi sono tutti opera della mia fantasia. Che è alimentata dalle mie letture: sono un appassionato divoratore di libri dei giallisti americani Michael Connelly, Ed McBain, Dennis Lehane, quello che ha scritto Mystic River. Ma non trascuro gli italiani: nell’area bolognese in questi ultimi anni è cresciuta una nuova generazione di specialisti di questo genere, tutti eredi del primo vero grande e misconosciuto giallista italiano, Giorgio Scerbanenco. In realtà il romanzo giallo è stato per decenni considerato un genere di seconda categoria, a parte illustri eccezioni del calibro di George Simenon e Agatha Christie.

Un altro libro, dunque, il sesto in dieci anni, ai quali va aggiunta una lontana uscita per Sperling & Kupfer (“Un pacco a Budapest” del 1980. Che cosa spinge il Gandini pensionato a non pensionare il Gandini scrittore?

Scrivere è l’unica cosa che so fare, l’unica che ho fatto per tutta la vita. Per me è importante, vitale direi. L’importante è non scriversi addosso, e io credo di non averlo mai fatto. Se continuo a scrivere e a pubblicare, è anche perché posso permettermi un editore con una distribuzione nazionale. Altrimenti smetterei…

Ma in Italia ci sono più scrittori che lettori. Che cosa pensa di questo fenomeno e della proliferazione di scrittori anche qui in Alto Adige?

Non ho nulla contro gli scrittori dilettanti, ma confesso che non seguo la produzione del panorama locale, anzi cerco di evitarla.

A proposito di libri: in questi giorni tiene banco la polemica sul Salone di Torino che ospita un editore fascista. Lei sta con quelli che volevano disertare per protesta o con quelli che volevano andare a confrontarsi?

Mai scappare e nemmeno creare delle gabbie: bisogna partecipare, dicendo che non si approvano certe idee. Io sono per la libertà di pensiero, sempre. Bisogna combattere con le idee e con le parole.

E come sta il Gandini traduttore dal tedesco, premiato persino con il Grinzane Cavour?

Ho concluso da poco l’ottavo volume della saga del celebre scrittore fantasy Walter Moers, della cui traduzione vado fiero. E sto concludendo quella di un volume di Stefan Bollmann sul “Monte Verità”, una località svizzera che aveva ispirato addirittura un breve saggio di Hermann Hesse. Racconta di una strana comunità che ai primi del Novecento si insediò sul Monte Verità, nel Canton Ticino, un anarchico e pacifico gruppo di persone dedite al naturismo, al vegetarianesimo, al protofemminismo, fra istanze teosofiche e ricerca della Conoscenza. Che è l'altro versante della Verità, come dice il titolo. Insomma, mi do da fare anche con le traduzioni, ma ora gli editori incominciano a evitarmi: qualcuno si è accorto che ho 84 anni e che rischio di lasciargli il lavoro a metà…













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