«Il lupo, vero animale sociale» 

L’esperta al Museo Civico di Rovereto. «Non è soltanto un predatore, ma lo si può vedere come un essere con delle relazioni familiari» «Il mio primo incontro? In Abruzzo, poco dopo la laurea: ne ho visti undici tutti assieme e ho pensato “Caspita, che bella la natura!”»


maddalena di tolla deflorian


TRENTO. La bellezza del lupo, animale sociale, intelligente, non solo predatore. Così la zoologa Marta Gandolfi ha raccontato ieri sera il lupo alla Fondazione Museo Civico di Rovereto, attraverso una lente diversa dal solito, spiegando il viaggio geografico ed esistenziale che la specie sta facendo sulle sue zampe.

Marta Gandolfi, toscana di origine, con laurea in scienze naturali e tanta esperienza sul campo, è approdata in Trentino tre anni fa, «dopo aver fatto anche io un percorso simile a quello del lupo, dall'Abruzzo verso nord, fino a Trento» spiega con ironia. Suo interesse professionale principale è la conservazione dei grandi carnivori. Subito dopo la laurea Gandolfi ha lavorato sulla conservazione del lupo (monitoraggio, catture, gestione del conflitto lupo-zootecnia, anti-bracconaggio, comunicazione). Ha collaborato a progetti europei come Life Wolfnet, Life Ex-Tra, Life Medwolf, Life Ibriwolf. Negli Stati Uniti ha collaborato a uno studio sulla conservazione dell’orso nero. Ha lavorato in Trentino, al Muse, collaborando nel progetto Life Wolfalps Ha collaborato per la comunicazione sui grandi carnivori come staff Muse, con il Servizio Foreste e fauna della Provincia.

Che tipo di sguardo è il suo?

Parlo del lupo focalizzandoci sul suo viaggio. Di questa corsa, chiamiamola così, che il lupo ha fatto dagli anni Sessanta, percorrendo la dorsale dell’Appennino, arrivando fino alle Alpi. Questo viaggio è possibile per le caratteristiche peculiari che caratterizzano il lupo, in modo da farlo conoscere in profondità. Con due elementi: gli aspetti biologici e quelli da migrante, intendendo con questo gli aspetti sociali e quello che fa capo alla paura ai danni, alla gestione, al retaggio culturale. Voglio sempre raccontare il lupo per chi è veramente, in modo oggettivo. La sua velocità nei movimenti, la sua organizzazione sociale. E la territorialità, di come essere organizzato in branchi lo caratterizzi e gli dia forza. Sono caratteristiche che forse ce lo fanno sembrare simile a noi, per cui c’è anche una sorta di competizione col lupo.

E il branco?

Il branco è l’unità sociale fondamentale, un nucleo familiare, costituito dalla coppia dominante, l’unica che si riproduce. Nel branco ci sono i figli di diverse generazioni, che hanno ruoli precisi. Questo è un aspetto della forza del branco. Ad esempio ci sono gli helper, lupi adulti che si prestano per la cura dei piccoli, e i lupi che proteggono la coppia alpha. I lupi al secondo anno di vita o restano nel branco e mantengono la funzione che hanno oppure possono lasciare il branco, partire per un viaggio che li porterà a trovare un nuovo territorio e formare una coppia.

Come dobbiamo immaginare il rapporto tra un giovane lupo in dispersione e il territorio che attraversa?

Un nuovo territorio è una sorpresa per il giovane lupo. Questi individui sono molto determinati. Grazie a tutti i sistemi di comunicazione che usano capiscono se ci sono altri lupi. I mezzi per comunicare sono l’ululato e mezzi visivi e olfattivi, ad esempio marcano il territorio con feci e urine, per cui un lupo in dispersione dalle marcature sa che lì ci sono altri lupi. La dispersione è un processo che prevede anche ritorni parziali nel branco a volte.

Parliamo del rendez-vous, luogo fascinoso?

Il cosiddetto Rendez-vous è chiamato così per focalizzarsi sul concetto dell’ incontro. È un sito dove i cuccioli di qualche mese, svezzati ma che non riescono a seguire il branco a caccia, possono giocare in sicurezza, aspettando che gli altri portino cibo. Sono zone particolari, aperte per permettere ai lupacchiotti di giocare ma protettive. È bellissimo quando agli adulti tornano, per ritrovarsi ululano e i cuccioli sono molto ricettivi a rispondere. Sentire l’ululato è bellissimo, da un’ emozione forte, se ci sono dei cuccioli poi ancora di più: è la parte più tenera ed emozionale della conoscenza del lupo.

Quanto importante è per l’accettazione sociale parlare delle caratteristiche sociali della specie?

È importante perché conoscendolo da questo punto di vista, la nostra percezione del lupo cambia. Non lo vedremo più solo come predatore, lo vedremo come animale senziente, con relazioni familiari. Avremo una visione complessa, più profonda, che spesso manca. I retaggi culturali sono strumentalizzati in negativo.

Che utilità hanno progetti come Life WolfAlps?

Quando sono svolti bene sono molto utili perché fanno comunicazione ad ampio raggio, raggiungendo interlocutori diversi, a partire dalle scuole. Importante è il lavoro di fact -checking(verifica delle notizie). Ho lavorato in tante realtà negli anni e il LifeWolfalps ha fatto un lavoro eccellente. Ne servirebbe un altro.

La sua esperienza più bella col lupo?

Il mio primo avvistamento in natura, quando lavoravo in Abruzzo appena laureata. Studiavo tracce di lupi che non vedevo. Ad un certo punto ho avuto la superfortuna di vederne undici tutti insieme. Li osservavo col cannocchiale, sono comparsi su un crinale davanti a me un gruppo di cinque-sei individui, che stavano riposando. Poi sono arrivati altri lupi che li hanno raggiunti, e quando i primi hanno percepito la presenza di chi tornava si sono alzati tutti e sono andati incontro a salutare: ho pensato “Caspita la natura quanto è bella!”.













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