Intimidazioni e pesticidi, istruzioni per zittire il dissenso 

Il dibattito sulla democrazia. Il Consiglio Europeo contro l’assessore Schuler e la Provincia La Commissaria Dunja Mijatovic: «Abuso dell’azione legale per soffocare le voci critiche» Il parere dei politologi Günther Pallaver e Andrea Carlà e della docente di Diritto Stefania Baroncelli


Mauro Fattor


Bolzano. Si chiama “Slapp” ed è l’acronimo di strategic lawsuit against public partecipation. Rende bene l’idea, perchè in inglese “slap” è un ceffone. Anche “slapp” è uno sberlone, ma di altro tipo. È l’uso strumentale di un’azione legale che ha come obiettivo quello di zittire le voci critiche. Uno strumento intimidatorio, solitamente promosso da gruppi di interesse e di potere, che con la minaccia di cause civili milionarie tende a spegnere la protesta e il dibattito democratico colpendo le tasche dei cittadini. Di Slapp si è occupato il 27 ottobre scorso il Consiglio d’Europa per bocca della sua Commissaria per i Diritti Umani, la bosniaca Dunja Mijatovic. «La libertà di parola è un diritto caro in Europa - ha detto la Commissaria - Ma in alcuni Paesi, alcune persone ricche e potenti usano azioni legali pretestuose per censurare, molestare e infine sopprimere le voci critiche. Si tratta di un problema di vecchia data, ma che negli ultimi mesi è aumentato di entità. Giornalisti, attivisti e gruppi di difesa sono gli obiettivi preferiti di queste cosiddette azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica». Ma cosa c’entra l’Alto Adige con tutto ciò? C’entra eccome, perchè accanto a casi internazionalmente noti come quello della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, oppure le pressioni e le denunce intraprese contro siti di giornalismo investigativo o che si occupano di criminalità organizzata, Mijatovic cita un’unica pubblica amministrazione rea di “Slapp”, ed è la Provincia di Bolzano per la causa intentata dall’assessore all’Agricoltura Arnold Schuler, alla testa di un migliaio di agricoltori del Bauernbund, nel cosiddetto “processo-pesticidi” a carico di Karl Bär dell’Umweltinstitut di Monaco di Baviera e di Alexander Schiebel, scrittore e cineasta austriaco, denunciati per diffamazione e per violazione del marchio ombrello “Südtirol-Alto Adige” diventato “Pestizidtirol” nei manifesti degli ambientalisti.«L’obiettivo di una Slapp - dice ancora la Commissaria del Consiglio d’Europa - non è quello di vincere la causa, ma di distogliere tempo ed energie come tattica per soffocare critiche legittime. I querelanti sono di solito più interessati al processo in sé che all’esito della causa. L’obiettivo di distrarre o intimidire è spesso raggiunto rendendo il procedimento legale costoso e dispendioso in termini di tempo. E le richieste di risarcimento danni sono spesso esagerate». Per Schuler e la giunta altoatesina molto più di un semplice scivolone, una figuraccia europea che lascia aperte alcune domande di fondo sul funzionamento del dibattito democratico in provincia di Bolzano, perlomeno su certi temi, e sul ruolo degli assessori come garanti del bene comune, piuttosto che come espressione “sindacale” di specifici portatori di interessi. Ne abbiamo parlato con i politologi Günther Pallaver dell’Università di Innsbruck, Andrea Carlà di Eurac e con Stefania Baroncelli, docente di Diritto Pubblico e dell’Unione Europea della Lub di Bolzano. «Nei sistemi democratici - afferma Pallaver - l’idea di bene comune non è un “a priori”, come accade nei sistemi autoritari. Al contrario: è un “a posteriori”, espressione della maggioranza e dei partiti che vanno al governo. Da questo punto di vista, quindi, la difesa strenua di certi interessi piuttosto che di altri, è una dinamica normale. Ci sono però valori non negoziabili che non ricadono in questa dicotomia, e questo è si curamente il caso dei diritti umani. Ora, ci sono teorici che fanno rientrare a pieno titolo la tutela degli ecosistemi e degli equilibri ambientali in generale nella sfera della “tutela dei diritti umani”, mentre altri sono di diverso avviso. Se dunque guardassimo a quanto accaduto al Consiglio Europeo di Strasburgo da questo punto di vista, entrando cioè nel merito della querelle sull’uso dei fitofarmaci, potremmo dire che il “processo-pesticidi” corre lungo una lama sottile e che quello di Schuler può essere un atteggiamento criticabile fin che si vuole ma non veramente censurabile. Potremmo. In realtà sarebbe una grave errore, perchè Dunja Mijatovic non entra affatto nel merito dell’azione legale. Da Commissaria per i diritti umani denuncia l’uso intimidatorio e sproporzionato da parte della Provincia dello strumenti giudiziario in sé. In altre parole, Schuler ha varcato una linea rossa che non avrebbe mai dovuto oltrepassare e sulla quale non sono possibili mediazioni. Anche se dovesse avere ragione nel merito. Bene dunque ha fatto mercoledì scorso il giudice Michaeler ad archiviare la prima tranche del procedimento». Stefania Baroncelli, dal suo osservatorio, offre un’altra chiave di lettura: «Chiaro che situazioni di questo tipo sono la spia di una problema più grande che riguarda da una parte l’ordinamento italiano dove ancora esiste il reato di diffamazione, dall’altra una evidente carenza del Diritto internazionale europeo, per cui quello che è reato in un Paese non lo è in un altro. Servirebbe armonizzare la cornice di azione, perchè altrimenti si finisce col riversare sul sistema giudiziario temi che appartengono al dibattito politico, con inevitabili distorsioni. Io credo che convenga sempre accettare il confronto democratico, anche aspro. Atteggiamenti censori da parte di una pubblica amministrazione sono controproducenti e quasi sempre perfettamente inutili. Nel caso specifico, guardando oltre l’immediato, non credo comunque che l’assessore Schuler abbia fatto un buon servizio al Sudtirolo. Che il grande tema della salute collettiva, pubblica, legato all’uso dei pesticidi, venga soffocato e subordinato alla tutela di un marchio commerciale, non mi pare una scelta condivisibile». Andrea Carlà non nasconde di essere stato colpito dalla vicenda: «Vedere la Provincia accostata in quella sede a casi eclatanti come quello di Daphne Carua Galizia, fa una certa impressione. Il paragone mi pare un po’ forte. A mio parere, l’intento della Commissaria era soprattutto quello di mettere in evidenza le diverse sfaccettature, declinazioni, della Slapp. Sono tutte gravi ma ovviamente esiste una gradualità. Il messaggio che dobbiamo cogliere è piuttosto che là dove esistono poteri forti e lobby economiche, non ci sono ambiti di confronto al riparo dal rischio di azioni intimidatorie strumentali. Il che non è poco».













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