L’essenza della fotografia raccontata da Benedusi 

L’incontro. L’artista dell’immagine ospite quest’oggi, ore 18, al Centro Don Bosco di Laives I temi al centro dell’evento: l’importanza degli “scatti quotidiani” e l’immortalità della stampa 


Luca Chistè


Bolzano. È un’occasione imperdibile, conoscendo ed amando la fotografia, quella che viene proposta oggi alle ore 18 a Laives, presso l’area esterna coperta Centro Don Bosco in via J. F. Kennedy 94. Settimio Benedusi, uno dei più intriganti fotografi italiani, che si definisce “faccista”, incontrerà il pubblico per parlare di sé e del suo modo di intendere la fotografia. Lo farà, partendo dall’essenza di essa, ovvero la fotografia stampata e l’importanza che essa porta con sé.

Dopo averlo attentamente ascoltato, nel corso di un’intervista finalizzata a comprendere l’essenza di questo talk e le ragioni del titolo: “Da una fotografia estetica a una fotografia anestetica” (promosso da Daniele Santuliana, in collaborazione con il Centro Don Bosco, Associazione La Seconda Luna, Foto Forum di Bolzano e con il patrocinio del Comune di Laives), il percorso ci è apparso immediatamente chiaro.

Dopo una complessa fase di avvio alla professione, nata da una passione coltivata fin dall’età di 12 anni, l’autore è passato per un percorso professionale che lo ha visto occuparsi di fotografia di moda, un’attività i cui contenuti sono essenzialmente riconducibili all’idea di avere, e produrre una fotografia estetica. Un percorso denso di risultati e successi professionali, che ha messo Benedusi in contatto con un altro grandissimo fotografo, Oliviero Toscani, avviando con quest’ultimo una proficua collaborazione, che è tuttora in corso.

Tuttavia, come ci ricorda Benusi «ho avvertito la necessità, con la fotografia, di intraprendere un nuovo percorso. Di ritornare all’essenza dell’immagine, rovesciando, in un certo senso la prospettiva. Da una fotografia estetica, volevo giungere, con il mio progetto “Ricordi?”, ad una fotografia più informale, spoglia di quelle sovrastrutture estetiche che avevano caratterizzato una parte del mio percorso professionale. Una fotografia, per paradosso, anestetica».

Un percorso di straordinario interesse sociologico, reso possibile da due elementi, due intuizioni. La prima: fotografare le persone di tutti i giorni, limitandosi all’essenza di ciò che essi, attraverso il loro sguardo, sono in grado di offrire. In secondo luogo: riprodurre, istantaneamente, una versione stampata di quella immagine e consegnarla, affinché ne conservino traccia – e quindi memoria – ai protagonisti. Un gesto importantissimo, perché diviene autorevole (e autoriale) conferma del fatto che la fotografia contemporanea, con l’avvento del digitale, ancorché resa accessibile a chiunque, è una fotografia destinata ad essere “fragile”, giacché, con ogni probabilità, l’intrinseca entropia dei dati e dei mezzi di registrazione e la bulimica sovra-produzione di immagini, faciliteranno, lo dice convintamente Benedusi, un irreversibile processo di oblio dei nostri effimeri scatti.

A soccorrerci, dalla possibile e quasi certa perdita di una identità iconica (anche generazionale), rimane la fotografia stampata. Benedusi racconta sul suo blog: «Antonella è venuta a trovarmi al Parasio nella mia bottega e mi ha portato una stampa che le feci (e le vendetti, mi ha detto: evidentemente avevo già chiaro che la Fotografia deve avere un valore!) nel 1979, come scritto di mio pugno nel retro. Insomma 41 anni fa facevo esattamente ciò che faccio adesso: Ritratti Fotografici Stampati in cambio di denaro con firma e data dietro! Come dico spesso: ci ho messo 40 anni a fare ciò che facevo a 17 anni! Non ho potuto non fare ad Antonella un ritratto adesso, nel 2020, e metterlo in dialogo con quello del 1979. Questa volta gliel’ho regalato, inaugurando questa simpatica tradizione: chi viene dopo 40 anni a farsi fare il ritratto e porterà la prima stampa riceverà il nuovo ritratto gratis! Grazie Antonella per essere venuta a trovarmi, per avermi portato la stampa e per esserti fatta fare un ritratto con i tuoi meravigliosi figli: sei sempre la prima della classe ma più simpatica!». Una straordinaria e curiosa circostanza che spinge l’autore a dichiarare: «Pensa, se non le avessi fato quel ritratto, 40 anni fa!.. Non avrebbe nemmeno un’immagine, stampata, della sua adolescenza...».

È vero. Ha ragione Benedusi, e con lui, lo sostengono da tempo, l’estensore di questo articolo, insieme a molti altri fotografi e critici, fra cui, Michele Smargiassi. Una fotografia non stampata, prima o poi, è una fotografia destinata a morte certa.

Tuttavia, la creatività di Benedusi, non è circoscritta solamente alla dimensione concettuale e ideativa del suo nuovo e più recente progetto (“Ricordi?”), grazie al quale ha operato, in chiave sociologica, una magnifica tipizzazione della società contemporanea. Essa si manifesta anche nel “gesto” fotografico istantaneo, figlio, come spesso accade, di un’intuizione.

Per capire questa ipotesi, ci soccorre un altro bellissimo esempio, tratto da un fatto occorso a Benedusi e riportato nel suo blog: «Oggi a Imperia ha diluviato e quando sono arrivato da Ricordistampati al Parasio di Porto Maurizio (lì dove ho la mia bottega) ho trovato le stampe 70x100 che ho messo fuori dal portone bagnate, staccate (dalle intemperie) e sul selciato. Lì per lì un po’ mi è dispiaciuto, ma poi in verità mica tanto. Perché la Fotografia, al contrario ad esempio dalla Pittura, ha la grande qualità di non essere un esemplare unico, e trovare sempre nuove maniere di adattarsi, di esistere, di rivelarsi. Trovare quindi questo ritratto che nonostante tutto continua a raccontare la propria umanità mi ha colpito e commosso forse anche di più che se fosse ancora lì bello lindo, pulito e ordinato!». L’intuizione di ridare forma, vita e dignità ad un’immagine apparentemente perduta, si manifesta in Benedusi, con l’azione fotografica di riprodurre, fotografandola, la grande stampa. A terra, sovrapposta ai “sampietrini” del selciato, la stropicciata e originaria fotografia, inzuppata di pioggia, viene nuovamente “ritratta” e riportata in vita. Un gesto istintivo, semplice all’apparenza, ma che porta con sé tutto l’amore e l’attenzione che questo grande maestro della fotografia italiana riserva all’immagine.















Altre notizie

Attualità