La seduzione della violenza 

L’interventismo. Oggi alla Lub di Bolzano il convegno con la presentazione del nuovo numero monografico della rivista “Storia e Regione” Il docente Simone Duranti: «È un fatto: gli studenti erano in prima fila prima per l’entrata in guerra, poi con Hitler in Germania, tra i bolscevichi...»


Paolo Campostrini


Bolzano. I giovani spesso ci credono. Sono disposti a crederci. Le piazze degli interventisti in Italia tra il 1914 e il ’15 sono piene di ragazzi. Gridano “Trento e Trieste” e vogliono la guerra. In Germania, durante e dopo Weimar, a Berlino e a Monaco, sono ancora gli studenti a chiedere vendetta, a correre in braccio al nazismo. La retorica giovanilista percorre anche tutto il bolscevismo degli esordi. Nella nuova Urss decine e decine di dirigenti dei nuovi soviet sono universitari, spesso poco più che adolescenti. E tanti, nell’Italia uscita dalle trincee e ovunque in Europa, sono anche violenti. Sono disposti a regolare i conti anche con le mani, vedono nei regimi che stanno formandosi una retorica carica di speranze di cambiamento. Ne colgono la modernità futurista , la velocità che brucia i tempi. «Sembra che vogliano rifarsi da non aver fatto la trincea, sono l’esercito di piazza dei totalitarismi» dice Simone Duranti, docente di Storia contemporanea all’Università della Tuscia, che ha insegnato alla Sant’Anna di Pisa e si è occupato di antisemitismo, politica concentrazionaria e stragismo nazifasciata pubblicando vari saggi. È un rischio generazionale quello di correre a riempire le piazze, professore? «Parlare di ragazzi sempre a correre in piazza a far confusione comporta dei rischi di semplificazione. È un terreno scivoloso». Certo, se si guarda agli anni tra il ’14 e la fine della seconda guerra, ovunque in Europa sono gli studenti, soprattutto universitari, a farsi trovare pronti ai richiami della propaganda. E proprio “Violenza studentesca” è il tema del convegno di oggi, 20 novembre, alla Lub di Bolzano dalle ore 18.30 (in cui sarà presentato l'ultimo numero della rivista di “Storia e Regione-Geschichte und Region” sull’argomento) curato da Matteo Millan dell’ateneo di Padova e Martin Goellnitz di Marburg. E sarà Simone Duranti a concludere l’incontro con una attenzione particolare agli studenti di Bolzano e di Trento.

Che succede qui, con i ragazzi di allora?

Quello che accade ovunque in Italia tra gli universitari.

C'è una specificità bolzanina o regionale?

Se si vuole sapere se negli anni Trenta, tra il Trentino e l’Alto Adige si manifestasse per i confini, la risposta è no. Allora, con l’Anschluss all’orizzonte, la Germania al riarmo, la questione era tenuta ben stretta dal governo. E infatti , da quello che ho letto sul “Brennero” o nelle riviste degli studenti , si insiste soprattutto sulla questione della lingua tedesca. Sul primato italiano e tutto il resto.

E i ragazzi sudtirolesi?

Non lasciano traccia. Anche quelli che studiano nelle università italiane. O se ne stanno fuori dalle manifestazioni o non vogliono collaborare.

Ma possono?

In Italia, allora, sì. A differenza del nazismo che imponeva l’obbligo di iscrizione nelle organizzazioni studentesche controllate dal regime, il fascismo lasciava la libertà di scelta. E l’adesione era volontaria. Infatti non tutti erano iscritti.

Di cosa scrivevano gli studenti a Bolzano, in quegli anni?

Quasi tutti si occupavano di sport. Tennis, calcio, atletica. I raduni. Poche polemiche. E tutte indirizzate all’uso della lingua.

Perchè si aderiva?

Per due motivi. E qui non parlo solo di Bolzano ma dell’intero Paese, i vantaggi erano legati dall’avere a disposizione tanti “benefit”. Mensa, sport, divise. E poi soprattutto per ambizione. Molte firme del giornalismo italiano del Dopoguerra, degli anni ’60 e ’70 in poi arrivano dai giovani universitari fascisti. Tanti poi si misero a scrivere in giornali anche comunisti, di sinistra e legati alla Dc.

Molti furono accusati di doppiochismo per questo...

Una polemica stantia. Chi aveva l’ambizione di dedicarsi al giornalismo, settore centrale per il fascismo, poteva farlo solo sui fogli delle organizzazioni universitarie. Non c’era altra palestra per dei giovani ambiziosi.

Tutti, tutti?

Ci furono grandi eccezioni. Moravia scrive “Gli indifferenti”, Gide “I falsari”, tratteggiando inquietudini reali.

Dunque il giovanilismo è connaturato ai totalitarismi perchè i giovani ovunque mostrano di appoggiarli?

Non è un fenomeno totalizzante. Ci sono i resistenti, i restii, i renitenti, gli oppositori. Ma tanti episodi di violenza vedono i giovani in prima linea. Ed è una adesione spontanea, non forzata. Interventismo pre bellico, nostalgia della guerra appena conclusa, frustrazione per non esserci stati, desiderio di esserci, di accelerare i tempi del vecchio parlamentarismo, voglia di modernità e di azione sono tratti che accomunano gran parte delle nuove generazioni. Qui, in Italia e in Europa. Come detto, anche il totalitarismo bolscevico, poi regime comunista, pesca tra i giovanissimi la sua nuova classe dirigente. Le piazze europee ovunque sono piene di studenti non costretti ad essere lì ma ipnotizzati, rapiti dalla retorica dell’azione. Anche violenta.

Dove di più?

Senza fare classifiche , va sottolineata, ad esempio la militarizzazione quasi spontanea degli studenti bavaresi attivi contro la repubblica dei Consigli a Monaco nel ’19 o i pestaggi condotti dagli universitari nazionalsocialisti a Rostock. In Italia il fascismo trova tra i banchi degli atenei un grande consenso. Certo è di massa. Ma i giovani sono attivi anche tra gli oppositori. In Germania, sempre a Monaco, quando viene ucciso, l’anarchico Landauer ha 23 anni. Sono giovani quelli che si scontrano in molte strade europee.

Giovani tra i fiumani, tra quelli che gridavano Nizza e Savoia alla fine degli anni Trenta...

Rispondono alle chiamate senza pensarci troppo. Sentono l’aria che cambia e accorrono. Ma poi l’onda lunga di quel giovanilismo nato prima e dopo la Grande Guerra, con le masse per la prima volta in campo, e poi cresciute nel regime, arriva fin oltre il dopoguerra. Nella Costituente, da cui nasce la costituzione repubblicana, i giovani sono numerosi. Noti, come Aldo Moro, e meno noti.

Da dove provengono questi ragazzi tra le due guerre?

Ecco, il tema è naturalmente di classe. La gran parte sono elite. E comunque se non borghesi, almeno piccolo borghesi. È la classe media che scende in strada. Quella che può permettersi gli studi. Non ci sono contadini. Pochi figli di operai, anche se non ne mancano...

Borghesi anche i ragazzi del ’68, no?

Certo. Ma questo paragone ci porterebbe lontano. Il terreno è scivoloso...

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