La stagione InDanza «La mia umanissima Cenerentola» 

Intervista a Jiri Bubenicek. Lo spettacolo questa sera al Teatro Comunale di Bolzano Sul palco il Nuovo Balletto di Toscana diretto da Cristina Bozzolini Il grande coreografo: «Mi piacciono le storie danzate e la scenografia è un magnifico collage»


Daniela Mimmi


Bolzano. È la celeberrima Cenerentola che danza sulle intramontabili note di Sergei Prokofiev, ma è anche una Cenerentola decisamente moderna, che arriva al ballo con le sneakers dorate, quella che il Nuovo Balletto di Toscana porta al Teatro Comunale di Bolzano oggi, 18 febbraio alle ore 20,30, all’interno della rassegna InDanza. Diretta da Cristina Bozzolini, la compagnia toscana affida a Jiri Bubenícek, già primo ballerino al Balletto di Amburgo per John Neumeier e all’Opera di Dresda e oggi coreografo di fama internazionale, la rilettura della fiaba, creata appositamente per quattordici danzatori. Jiri Bubenícek, pur utilizzando le musiche di Sergei Prokofiev, rilegge la fiaba in chiave moderna non seguendo la più popolare versione di Charles Perrault, ma la riscrittura del racconto fatta dai Fratelli Grimm nell’Ottocento, sostituendo così gli elementi classici della favola con dettagli simbolici e metaforici. La trama e i personaggi sono invece rimasti quelli classici: c’è la povera Cenerentola, ci sono la matrigna e le sorellastre, e c’è ovviamente il principe. Chiediamo a Bubenícek com’è la “sua” Cenerentola. «Sono un coreografo che ama creare sull’ensemble con cui lavora. La coreografia non viene create prima. Creo direttamente in studio con i miei ballerini tutte le scene del balletto. In altre parole mi adatto ai ballerini che ho di fronte, alla loro plasticità dei ballerini. Sono contento che il Nuovo Balletto di Toscana abbia ottimi ballerini che mi hanno ispirato a creare la nostra versione di Cinderella come una storia di oggi. Ho realizzato una versione contemporanea per raccontare la classica favola, con la musica tradizionale di Prokofiev. Cinderella, il personaggio principale, è una giovane donna energica piena di sogni. È una ragazza che soffre molto, ma la sua strenua fiducia nella bontà e nella gentilezza trasforma i suoi sogni in realtà».

Che cos’altro ha cambiato rispetto al balletto classico?

Anche se sono fedele alla versione dei Fratelli Grimm e alla favola, lo stile dei movimenti che ho creato è contemporaneo. Ho usato molto la fluidità e la continuità dei movimenti per esprimere i sentimenti dei personaggi. I temi individuali e gli ambienti sono in continuo cambiamento e formano diversi spazi e ambienti che aiutano a raccontare la storia in modo più moderno. Si può avvertire per esempio nei duetti. L’idea di un movimento fluisce in un altro. Mi piace di più la versione dei fratelli Grimm perché è più umana, senza tante sdolcinature, ed è vicina ai problemi della vita di tutti noi.

La scelta dei costumi e delle scenografie.

Il Nuovo Balletto di Toscana è una compagnia che viaggia molto, che danza in molti teatri della città italiane. Mi è stato chiesto di creare una scenografia che esprima la storia, ma che sia anche leggera, facile da trasportare e potesse adattarsi ai diversi palcoscenici con differente strutture tecniche. Con mia moglie, Nadina Cojocaru, costumista e scenografa, abbiamo utilizzato tendaggi e sipari per creare i diversi spazi della storia. Mi piace l’idea del collage delle differenti tende e le gambe che cercano di provare le scarpette d’oro, per esprimere l’essenza della scena.

Leggiamo che lei è un “purista classico, ma con attacco contemporaneo”. Come trova la definizione?

È gentile. Io ero un ballerino che non aveva nessun problema a danzare in grandi ruoli classici di balletti come La Baiadera o il Lago dei cigni. E quando un grande coreografo contemporaneo arrivava sul set e sceglieva me per il ruolo del protagonista, per me era un grande onore. Per me non è mai stato un problema danzare ogni stile, che fosse classico, neoclassico o contemporaneo. Mi piace semplicemente muovermi. E questa è una cosa che ispira le mie coreografie.

Lei preferisce le coreografie narrative?

Sì, mi piacciono le storie danzate. Mi piace creare le scene, pensare e ripensare come rendere il tutto interessante e anche comprensibile al pubblico. Mi piacciono soprattutto le storie che nessuno ha ancora messo in scena, prendere una storia dalla letteratura, come ho fatto tempo fa con il Dottor Zivago, per il National Ballet Company di Lubiana o “The Piano” per il New Zealand Ballet o ancora “The Trial”, dal racconto di Franz Kafka per il Royal Swedish Ballet.

Pensa che in generale il balletto classico abbiamo bisogno di essere a volte un po’ svecchiato?

No, ma penso che il balletto, come ogni altra cosa, si evolva. E se il balletto classico ha una bella coreografia, è ballato bene, non solo dal un punto di vista tecnico, non è mai vecchio. Io vedo il balletto classico come un linguaggio. Siccome ci sono migliaia di linguaggi, ci sono molti modi di danzare per esprimere un’idea o una storia. Solo una brutta coreografia, interpreti mediocri e una povera drammaturgia possono far sembrare il balletto classico vecchio e naif.

Lei ha scritto: “Cenerentola crede talmente al sogno da realizzarlo”. E’ una specie di suggerimento?

Perché no? Ogni spettatore interpreta il balletto come vuole. Per ognuno il significato della vita è un viaggio personale da scoprire da solo. E se uno sogna e crede, è onesto e vero nei confronti dei suoi obiettivi, è possibile che quei sogni si realizzino e diventino realtà. A volte succedono i miracoli…

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