«La vittoria al Busoni ha trasformato i sogni  in splendida realtà» 

Anna Kravtchenko. Vincitrice a soli 16 anni del Concorso Internazionale Ferruccio Busoni la pianista ucraina torna in città, al Bolzano Festival Bozen, “star” della serata del 13 agosto Al Noi Techpark, l’artista presenterà un programma interamente dedicato a Robert Schumann


Daniela Mimmi


Bolzano. A soli 16 anni, nel non lontano 1992, ha incantato il pubblico bolzanino, risultando la vincitrice del Concorso Internazionale Pianistico Ferruccio Busoni.

Adesso Anna Kravtchenko, più grande, più matura e ancora più brava, torna nel capoluogo altoatesino per il secondo appuntamento del Busoni Piano Festival, all’interno del Bolzano Festival Bozen. La pianista ucraina sarà infatti la star della serata del 13 agosto, al Noi Techpark, alle ore 20,30.

Quella vittoria al concorso bolzanino ha significato per la Kravtchenko l’inizio di una carriera pianistica che l’ha portata ad esibirsi su importanti palcoscenici internazionali. Giovedì sera Anna Kravtchenko presenterà un programma interamente dedicato alla musica di Robert Schumann: Carnaval, Faschingsschwank aus Wien e Fantsiestücke.

Come è nata la sua passione per il pianoforte?

In maniera immediata e spontanea, un bel giorno è arrivata come una risposta concreta e perfetta alle aspettative e a tutte le domande che mi poneva il mio animo assettato di bellezza. Credo di aver trovato col pianoforte la chiave della porta della perfezione umana, racchiusa nei segni musicali e nella immensa gioia di poter esplorare e condividere la musica.

In che modo la vittoria al Concorso Busoni, a soli 16 anni, ha influito sull’avvio della sua carriera di musicista?

Naturalmente mi ha dato la grande possibilità di mettermi in mostra sul palcoscenico di un concorso così ambito come il Busoni, dove un giovane ha più possibilità di essere “scoperto”. Questa vittoria mi ha dato la chance di salire poi sui palchi internazionali, di partecipare a una miriade di eventi ambitissimi, di viaggiare, di avere incontri musicali che rischiavano di rimanere soltanto un sogno nel cassetto, se non fossi stata scelta fra i 175 partecipanti in quel lontano 1992.

Secondo lei i concorsi internazionali giocano ancora un ruolo fondamentale per poter intraprendere una carriera come pianista?

I concorsi aiutano enormemente ad avere una vasta visibilità, oggi anche “amplificata” dai nuovi media. Se pensiamo a Radu Lupu o a Daniil Trifonov o anche a me stessa, in questi casi i concorsi ci hanno letteralmente aperto “il mondo” professionale permettendo di suscitare un vastissimo interesse da parte degli organizzatori e del pubblico, aspetto necessario per poter avviare una carriera internazionale. Il discorso sta sempre nell'essere “visti”, quindi notati e successivamente valorizzati e divulgati. Ovviamente suonando a casa propria, anche benissimo, ma senza l'ascolto di un vero pubblico o il giudizio di una giuria, è impossibile farsi conoscere.

Qual è il segreto per avere un’appagante carriera musicale?

Direi che al giorno d’oggi la figura del pianista che “martella” solamente gli 88 tasti dalla mattina fino alla sera non è più né attraente né attuale. Consiglio sempre ai miei allievi di trovare e sviluppare le loro peculiarità e stile per essere particolari, unici, all'occhio del pubblico. Per essere richiesti bisogna essere in primis delle persone interessanti e curiose, in mille cose, nelle mille forme dell'arte e della vita stessa. Il talento è per ognuno ed è il suo, ma essere delle persone colte ed eternamente curiose è il “must” per tutti, ed è ciò che attirerà il pubblico che in fondo sempre cerca e ha cercato l'autenticità, la sincerità e la profondità. Approfondendo la propria formazione si rafforza anche il carattere, elemento fondamentale nella costruzione della carriera per il giovane musicista.

Come mai ha scelto di eseguire un programma interamente dedicato a Schumann?

La scelta del programma per i recital avviene a volte in maniera spontanea. Per esempio a Napoli dove inauguro il Piano City a distanza di qualche settimana dal recital bolzanino vorrei portare invece Scarlatti e Rachmaninov. Tornando alla scelta del programma per Bolzano, Schumann è un compositore pieno di contrasti. Il dolce Eusebio e focoso Florestano insieme costituiscono un unico pensiero di rara bellezza, cosi un po’ come Bolzano, una città unica che accoglie dentro di sé due culture diverse, quella austriaca e quella italiana; quel magico intreccio che mi ha fatto innamorare già nel lontano 1992.















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