«Lupi ibridi sulle Alpi? Vanno rimossi senza perdere tempo» 

Intervista a Luigi Boitani. Il dibattito dopo due avvistamenti nel Tarvisiano e in Val di Susa


Mauro Fattor


Bolzano. Due problemi: uno a est, nero. L’altro a ovest, bianco. O meglio, biondo. Parliamo di lupi, anzi di ibridi. Forse i primi sulle Alpi italiane se si esclude un esemplare nell’Alessandrino qualche anno fa. La comunità scientifica è in fibrillazione, Ispra chiede certezze prima di intervenire, WolfAlps con Francesca Marucco tace. E tutto è fermo. Situazione molto italiana, in cui tutti sanno tutto eppure non si batte chiodo, per tanti motivi. Che poi sono sempre i soliti. Palleggio di responsabilità tra Stato e Regioni, inerzia decisionale, burocrazia, pavidità, totale inadeguatezza degli strumenti normativi rispetto agli obiettivi ampiamente condivisi di contrasto del fenomeno dell’ibridazione, presente in tutti i protocolli di tutela della specie. Eppure di tempo ce n’è pochissimo, perchè il periodo canonico dell’accoppiamento cade proprio verso metà febbraio e dunque il problema tra qualche mese potrebbe moltiplicarsi per quattro o per cinque con la nascita di ibridi di seconda generazione che, legge alla mano, è quasi impossibile togliere di mezzo. Il problema riguarda sorattutto il “nero”, che sta a Tarvisio e che ha già formato una coppia stabile con una lupa. Era già stato segnalato nel giugno 2020, ma è ancora là. Del “biondo” invece, che sta in Val di Susa, sappiamo ancora poco perchè è una scoperta relativamente recente. Oggi dunque il problema tocca a Friuli Venezia Giulia e Piemonte, ma se non si interviene rapidamente toccherà presto le Alpi interne, e dunque Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia. Un problema che andrebbe ad aggiungersi a quelli già sul tavolo e che riguardano soprattutto l’impatto del ritorno della specie sulle attività economiche, con la faticosa ricerca di nuovi equilibri. Chiariamo subito: il problema degli ibridi, da questo punto di vista, non sposta di un millimetro i termini della questione. Gli ibridi infatti non sono più confidenti dei lupi puri e non sono più pericolosi per l’uomo o per gli animali di allevamento. Dunque? Dunque si tratta di difendere il patrimonio genetico di una specie che è il risultato di milioni di anni di evoluzione. Un capolavoro della natura. Questo è il senso dell’allarme lanciato in questi giorni da molti teriologi italiani. Ne abbiamo parlato con Luigi Boitani, un nome di fama mondiale quando si parla di lupi e dintorni, oggi presidente della LCIE, la Large Carnivore Iniziative for Europe, organizzazione dell’Uicn . Dire Boitani e dire lupo, in Italia per decenni è stata la stessa cosa.

Professor Boitani, come inquadrare il problema degli ibridi?

In modo semplice. Gli ibridi sono un problema per chi ha a cuore la difesa della specie, per tutti gli altri no. Un ibrido svolge il suo ruolo di predatore più o meno come un lupo, non è un problema diverso o aggiuntivo.

E dunque?

Si tratta di una questione di etica della responsabilità nell’ambito delle politiche di conservazione della natura e di tutela della fauna selvatica. Se questa responsabilità la sentiamo, se vogliamo salvare il patrimonio genetico del lupo, dobbiamo fare qualcosa, se non la sentiamo possiamo stare a guardare e infischiarcene.

Come va affrontata la questione?

Le risposte sono diverse a seconda dell’entità del problema. Se si tratta di pochi esemplari, magari di recente immigrazione, bisogna rimuoverli senza perdere tempo.

Gli individui singoli o tutto il branco?

Tutto il branco potenzialmente ibrido.

Ispra dice che non può fare nulla fino a quando non ci sono certezze sulla genetica dei presunti ibridi di Tarvisio e Val di Susa.

Lupi neri in Europa significa ibridi. Punto. In Nord America, soprattutto nel nord-ovest, è diverso. Lì esistono effettivamente esemplari con il mantello nero. Sono l’eredità di un’antica ibridazione, avvenuta circa diecimila anni fa, ma sono a tutti gli effetti lupi puri.

In Europa occidentale invece?

L’ibridazione è recente. Non è certo un fenomeno circoscritto all’Italia, anzi è presente un po’ dappertutto con tassi variabili, ma questo non lo rende meno insidioso. A maggior ragione in una fase di espansione della specie a livello continentale, come quella a cui stiamo assistendo oggi.

Perchè più insidioso?

Perchè gli individui pionieri, quelli che vanno alla conquista di nuovi territori, trovano di sicuro molti cani e magari pochi o zero lupi. Almeno nella fase iniziale. Per questo bisogna essere molto vigili e tempestivi nell’agire e nel rimuovere.

E invece non va così.

Pare di no.

Cosa significa rimuovere?

Abbattere o catturare e sterilizzare. In Europa, dalla Germania alla Slovenia, i potenziali ibridi vengono tempestivamente abbattuti, in Italia invece è impossibile. La strada è quella della cattura, della sterilizzazione e del rilascio in natura. Naturalmente previa acquisizione di dati genetici certi attraverso la raccolta di materiale organico.

Ma è una follia. Così diventa praticamente impossibile esercitare un efficace e rapido controllo di popolazione...

Diciamo che è molto, molto più difficile.

Ma le indagini genetiche sono sempre decisive?

Per individuare un ibrido bisogna guardare tanto alla genetica quanto alla morfologia e combinare le due cose. L’indagine genetica ha dei limiti nel livello di raffinatezza, non dobbiamo dimenticarlo. Fino a vent’anni fa con questo tipo di esame non si riusciva neppure a distinguere un lupo da un cane. Se qualcuno poi mi dice, come è avvenuto, che sull’Appennino lucano un presunto ibrido nero è risultato poi essere un lupo, io rispondo che, al contrario, questa è la migliore conferma dei limiti della genetica.

Che cos'è un ibrido per la legge italiana?

Ecco, questo è uno dei problemi più grossi che abbiamo e dimostra l’inadeguatezza degli strumenti legislativi nazionali. Non c’è una sola normativa che stabilisca che cosa sia un ibrido. I confini tra cane e lupo restano un punto di domanda. E non è questione da poco, perchè stabilire cosa è un lupo significa fare riferimento al quadro normativo italiano ed europeo sulla tutela della fauna, mentre a tutto ciò che resta fuori da questo perimetro si applicano invece le leggi contro il randagismo.

Com’è la situazione degli ibridi in Italia?

«L’Appennino è in grande difficoltà, soprattutto sulla dorsale tosco-emiliana. In Provincia di Grosseto si toccano tassi di ibridazione del 70%. Per queste difendere la popolazione alpina diventa così importante. Sulle Alpi gli episodi di ibridazione sono ancora sporadici ed è possibile tenere sotto controllo il fenomeno. E per questo non c’è tempo da perdere».

Ad essere precisi, studi mirati sulla purezza della popolazione alpina di lupo in Italia, allo stato attuale non ce ne sono, anche se i campionamenti effettuati su base opportunistica hanno sempre dato risultati rassicuranti. A supporto delle parole di Boitani poi ci sono i numerosi dati dei Paesi vicini, non ultimi quelli pubblicati nel settembre del 2017 dall’Office National de la Chasse francese, dove su 130 campioni, il tasso di ibridi di prima generazione si fermava appena all’1,5%. In tutto ciò, impossibile non registrare un silenzio assordante: quello di associazioni storiche come il Wwf, che della difesa del lupo hanno fatto meritoriamente una bandiera per quasi 50 anni con Boitani proprio in prima linea, e che oggi, fagocitate dalla marea montante dell’animalismo e paralizzate dal dubbio di dispiacere a qualche casalinga di Voghera, guardano senza dire una parola al rischio concreto di vedere svanire ciò per cui hanno lavorato duro. Un suicidio delle idee che la dice lunga sulle difficoltà di fare ordinaria gestione faunistica nel nostro Paese. Se mai ce ne fosse bisogno.















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