Per il Festival conto alla rovescia tra fans e detrattori 

sanremo. Nel corso degli anni, inevitabilmente è cambiato sia il festival che l’approccio con cui vado. Nel 1990, primo anno di battesimo sanremese, le emozioni erano forti, precise, direi...


Gabriele Biancardi




sanremo. Nel corso degli anni, inevitabilmente è cambiato sia il festival che l’approccio con cui vado. Nel 1990, primo anno di battesimo sanremese, le emozioni erano forti, precise, direi cristalline. Per la prima volta una radio regionale era lì, ad incontrare, intervistare i protagonisti, cercare di carpire le parti magari più nascoste, quelle che vedi solo se sei sul posto. Da Trento sono circa 500 km, fatti allora con delle attrezzature che oggi nemmeno esistono più. Non vorrei entrare nel loop del, “era meglio ecc”, anche perché, onestamente preferisco l’organizzazione di oggi. Sanremo è un pochino uno spartiacque, gennaio freddo, ma se sulla riviera c’è il sole, si può respirare la primavera. Siamo stati di fronte ad una scelta, la polemica fine a se stessa, Cally/Amadeus/Pavone, oppure concentrarci sulle canzoni. La seconda. In fondo quel 29 maggio del 1951, dalla sala dei fiori del casinò, tassativamente solo radiotrasmesso, nasceva non solo una gara, ma un fatto di costume, costellato da drammi e sorrisi, da canzoni dimenticate un secondo dopo e brani che ancora oggi cantiamo a memoria. Di quelle vorremo parlare, capire se le nuove generazioni possono portare delle belle sorprese. Personalmente, credo per esempio che tra i “giovani”, ci sia qualche lirica molto interessante, qualche tematica che va aldilà dell’ammmmore baciato. In questi giorni gira l’hastagh “iononguardosanremo”. Ogni anno è cosi, poi, nel buio del proprio salotto, magari una sbirciatina la si può anche dare. In fondo, sempre e solo di canzonette si tratta.













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