Quello che ci rende unici lo potrete vedere al Muse 

La nuova mostra sul «Genoma umano» piena di emozionanti sorprese Ieri l’inaugurazione al Museo di scienze di Trento nel quartiere delle Albere


di Maddalena Di Tolla Deflorian


Racconta con piacevole, coinvolgente semplicità, qualcosa di invece molto complesso, la nuova grande mostra del Muse, inaugurata ieri pomeriggio. “Genoma umano – Quello che ci rende unici” è una mostra che riesce in modo chiaro a riassumere e proporre molte delle principali implicazioni, anche molto forti, profonde, delle conoscenze sul genoma umano e delle tecniche che oggi sono disponibili, e che pongono questioni etiche importanti. Vi si possono anche acquistare, ad esempio, naturalmente simulando, alcuni test genetici, venendo però prima invitati a riflettere sulle implicazioni che sapere determinate cose di noi stessi avrà sulla nostra serenità, su come interpretare talune informazioni o sulla necessaria tutela della nostra privacy.

L’unicità di ogni individuo umano che è legata al genoma viene inserita nell’allestimento in un discorso che ricorda più volte quanto sia altrettanto importante per le nostre caratteristiche e per il nostro comportamento l’impatto dell’ambiente, inteso come contesto fisico e biologico, ma anche affettivo, sociale. Citiamo ad esempio gli studi, riportati in mostra, che indicano l‘effetto delle coccole sulla crescita dei bimbi. Altrettanto chiaro è il messaggio sulle differenze: le differenze, la variabilità sono elementi essenziali per la vita. Inoltre – ribadisce la mostra - le razze non esistono, le caratteristiche fisiche “esterne” (fisionomia, colore della pelle e dei capelli, simili altri elementi) non hanno nulla a che fare con l’ambiente culturale e valoriale nel quale gli individui vivono e si formano.

A proposito di questo, uno stanzino pieno di specchi riporta, ai lati di essi, un video emozionante: disegna le percentuali del dna di Homo di Neanderthal, di Homo di Denisova (altre arcaiche specie umane), e perfino di virus, che sono presenti in ciascun uomo e in ciascuna donna moderna. E’ un segnale di memoria del fatto che siamo noi ma siamo anche altro, che ci riporta alla preziosa diversità e complessità evolutiva che ci ha forgiati nei milioni di anni da che la vita apparve sulla Terra. Quel patrimonio genetico arcaico, quell’antichissimo incrocio con “altri” ci ha favoriti - spiegano gli esperti - nella nostra corsa a conquistare ambienti nuovi. C’è un solo Homo sulla Terra oggi, ci dice la mostra, e le sue variabili preziose costituiscono un mosaico unitario. Quelle variabili producono anche talenti diversi, ad esempio, ed anche ad essi è dedicato spazio in mostra.

La parte finale della mostra conduce il visitatore ad attraversare una sala e un corridoio dove articoli di giornale con i resoconti di varie tesi e scoperte, accompagnano verso l’uscita, e prima di uscire la frase de-strutturante “Non è solo questione di geni” è reiterata in tante lingue, associata a volti di persone di origini geografiche differenti, che insieme si muovono nel fiume umano di una metropoli. La conoscenza dei meccanismi e della composizione genetica viene dipanata, e dovrebbe lasciare stupore, meraviglia, non fosse altro per lo sforzo titanico che ha permesso il pretenzioso progetto Genoma Umano (che ha avuto successo, avendo sequenziato oramai il genoma umano completamente). C’è anche una piazza simulata, nell’allestimento, e risulta di efficace presa sul visitatore. Alcuni manichini, con simpatici ombrelli, raccontano storie interessanti, come quella di una dotazione genetica che in un popolo nomade dona ad alcuni uomini la predisposizione a resistere all’erta, per sorvegliare la propria famiglia in un ambiente pieno di pericoli. Lo stesso patrimonio genetico rende però le persone che vivono in città insofferenti, troppo su di giri, in un certo senso. Anche qui emerge un messaggio di complessità e un invito, sotteso, ad andare oltre le apparenze. Del resto, altro elemento che il percorso ci ricorda, i geni sono la parte più nota, sebbene in fase di studio, e sono meno del 2% del Dna contenuto nelle nostre cellule: il resto è un “linguaggio” in gran parte da decifrare.

Il percorso espositivo è curato dall’architetto Lorenzo Greppi, con la curatela scientifica del personale del Muse, e con un confronto con gruppi di lavoro formati da insegnanti e giornalisti, si svolge attorno a quattro temi principali. L’allestimento è stato studiato con la consulenza di un Comitato Scientifico nazionale composto di ricercatori ed esperti.

Colpisce e incuriosisce l’installazione preparata ad hoc da Claud Hesse, artista visiva specializzata sui temi del dna e del genoma, che invita a riflettere sul rapporto tra componente biologica, stili di vita e benessere, ricordando l’impatto delle esperienze sull’espressione dei geni, in forma anche ereditabile.













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