L'intervista

«Trump apre alla Russia: meno guerre, più affari»

Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia: «Putin è soddisfatto»


di Paolo Mantovan


Antonio Fallico è il banchiere italiano (e forse europeo) più influente a Mosca. Ci andò che ancora non aveva 30 anni, nel 1974, quando la Russia era Urss. Fallico, catanese, manifesta presto una passione politica per il comunismo (da giovanissimo milita prima nel Psiup e poi nel Pci), tanto da imparare il russo e studiare la letteratura russa. Così si laurea in filologia e sale in cattedra all’Università di Verona quando un funzionario della Banca Cattolica del Veneto, che ora fa parte del gruppo Intesa-San Paolo, gli chiede se gli dà una mano a sbarcare a Mosca. Ora Fallico è presidente di Banca Intesa Russia ed è certamente l’italiano più potente a Mosca. È amico personale di Vladimir Putin e di Medvedev nonché di Razov (l’ambasciatore russo in Italia), è il banchiere che intermedia i rapporti fra Eni e Gazprom, è console della Federazione Russa a Verona, è, soprattutto, l’uomo che più lavora per costruire rapporti economici e commerciali fra le imprese italiane e quelle russe.

Se si vuole impiantare un’attività imprenditoriale in Russia o intraprendere degli scambi commerciali, si passa inevitabilmente da Fallico. È anche il presidente di «Conoscere Eurasia», l’associazione che sviluppa le relazioni economiche e culturali fra Italia e Federazione Russa, e in questa veste ha organizzato il seminario italo-russo a Bolzano nel settembre scorso. Chi meglio di lui può capire le possibili ricadute politico-economiche per la Russia che possono scaturire dalla recente elezione di Donald Trump in Usa?

Professor Fallico, che cosa succede ora che è stato eletto Donald Trump? Si avvierà un dialogo fra Russia e Usa?

«Innanzitutto va detto che quasi con certezza, almeno così sostengono i russi, se avesse vinto Hillary Clinton vi sarebbe stato un atteggiamento tendenzialmente ostile da parte degli Usa. Su Trump, invece, si concentrano le speranze che egli mantenga le promesse offerte durante la campagna elettorale».

E il primo dialogo telefonico con Putin va in questo senso, giusto?

«Sì. La prima telefonata è stata accolta con grande soddisfazione anche in Russia».

Ma lei non crede che l’America - soprattutto nella politica estera - sia un gigante che neppure un presidente può domare?

«La questione è come sempre molto complessa. Credo però che Trump sia un presidente molto realista, che già mostra di prendere atto che la condizione economica americana non permette più teatri militari in decine di Paesi del mondo».

Quindi prevede uno stop ai conflitti?

«Diciamo che siccome l’economia americana non cresce, il presidente non vorrà avere fronti aperti con tutto il mondo. Certo: il budget militare non verrà cancellato. Credo però che cali parecchio e che parte della spesa venga convertita in risorsa interna».

Lei è di stanza in Russia ma viaggia molto in Italia e in tutto l’Occidente. Non le sembra che la Russia sia vista dall’Europa come la solita vecchia Russia che ha uno «zar solo al comando» mentre invece ha dinamiche molto più complesse?

«Io ho molti rapporti, è vero, ma con una realtà limitata: frequento il mondo delle imprese. E gli imprenditori sono realisti: vedono nella Russia un importante potenziale partner e sono favorevoli al ritorno a un forte scambio commerciale. Vede, ieri ero a Lugano, e i nostri “cugini” svizzeri mostravano di essere molto sollevati per la vittoria di Trump, proprio nella speranza che ripartano consistenti rapporti con Mosca».

E il mondo politico russo? Lei che conosce bene anche Putin, cosa percepisce?

«In Russia c’è stato grande sollievo per quest’elezione. Ma c’è molta più prudenza che in Italia e in Europa. Nessuno crede allo stop immediato alle sanzioni economiche».

La distensione di Trump non porterà subito all’eliminazione delle sanzioni?

«No. Non sono io a dirlo: è ciò che pensano gli ambienti economico-politici russi. Lo vedono come un’ipotesi a medio-lungo termine».

Ma la vedono...

«Sì, ma non subito»

E il clima? Quando il “clima” cambia di solito ripartono le relazioni e gli affari...

«Beh questo clima aiuta molto, certo. Il clima psicologico è molto cambiato. Ma bisogna attendere il 20 gennaio, l’inaugurazione del quadriennio di Trump alla Casa Bianca, e soprattutto si dovrà attendere il primo incontro, subito dopo, con Putin, che certo dirà molto».

Che cosa s’aspetta che avvenga?

«Credo che metteranno le basi per allentare le tensioni concentrandosi sulle priorità. E le priorità sono: 1) Siria; 2) Ucraina; 3) gli Usa capiscono che Russia e Cina chiedono una riforma dell’Onu e degli organismi internazionali. Su questi punti il presidente americano, se lo vuole davvero, può intervenire».

Lei se la sente di scommettere su Trump?

«Guardi, io so che il nuovo presidente americano è già stato in Russia due volte, che il suo gruppo ha cercato di avviare importanti affari con la Russia, anche se fino ad ora non ci era riuscito, e ho anche capito che da parte di Donald Trump non ci sono mai stati pregiudizi ideologici. Sa perché? Perché lui è un imprenditore».

E intanto noi qui, in Italia, siamo ancora in perdita sul fronte degli scambi economici con la Russia?

«Eh sì, purtroppo si continua a perdere pezzi di business: anche quest’anno chiuderemo con forti perdite».













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