Welcome home, Vallazza finalmente espone a Selva 

Scultura. Al Tublà de Nives la prima grande mostra dell’artista nella sua Val Gardena Il sindaco Moroder: «Era ora. Le sue opere hanno girato il mondo. Omaggio doveroso»


Daniela Mimmi


Selva gardena. In una grandissima sala ci sono solo 9 dei suoi troni. Antichi, magici, enormi, dalle forme più fantasiose e dai colori di tutti i legni e tutte le età. La musica di sottofondo, composta per l’occasione da Thomas Kostner, nipote di Vallazza, accompagna l’atmosfera di sogno e di magia creata da queste opere. Nelle altre sale ci sono una trentina di piccoli e grandi totem, i disegni, le sculture, i suoi magici uccelli con le ali spiegate in attesa di prendere il volo o con le ali chiuse a osservare intorno. Sono pezzi, senza tempo e con tanta storia. Fuori, la neve, le montagne, le rocce, il silenzio, tutto il mondo di Vallazza. È qui, nel bellissimo Tublà de Nives di Selva Gardena, inaugurato nel 2010 e firmato dall’architetto Rudolph Perathoner, che viene ospitata la prima mostra gardenese di Adolph Vallazza. È la location perfetta perché, come le sculture di Vallazza, è insieme antico e modernissimo, unisce vetro e acciaio. Di notte è un cubo di vetro, adagiato sulla neve, che lascia intravvedere al suo interno i magici ed enigmatici legni di Vallazza. Quasi fosse un’astronave appoggiata delicatamente sul manto candido. Vallazza è uno che in Val Gardena ci è nato e che non l’ha mai lasciata, anche se avrebbe potuto vivere e avere successo a Milano o New York o Londra. Uno che il mondo lo ha girato con le sue opere e la sua firma, uno a cui è giusto dire “Benvenuto a casa”. “Un binomio, quello tra Vallazza e le sue montagne, che si riassumo nel rapporto con il legno: un rapporto di amore e lavoro che contiene il senso profondo di un’esistenza. Attraverso i legni antichi utilizzati da Vallazza scorre infatti linfa vitale, storie di fatica e attaccamento, amore per il territorio e la poesia” scrive nelle sue note il curatore della mostra, nonché del Mart, Gabriele Lorenzoni. Il titolo della mostra, inaugurata venerdì scorso e che resterà aperta fino al 15 marzo, è emblematica: “Welcome home”. A volerla sono stati proprio e soprattutto il sindaco di Ortisei, Tobia Moroder, e l’assessore alla Cultura, Ivan Senoner. «Era giusto rendere omaggio finalmente a uno dei più grandi artisti della nostra valle, quello che ha ispirato altre due generazioni di artisti. Il titolo è stato scelto appositamente in inglese per accentuare il carattere internazionale delle sue opere e del suo nome», ci dice il Sindaco di Ortisei, Tobia Moroder. «Adesso penso che sia giunto il momento, dato che Vallazza è stato esposto in mezzo mondo e mai nella sua terra. Questa mostra non è solo per rendere omaggio a Vallazza, dopo l’onorificenza ufficiale lo scorso settembre in occasione del Festival Dolomitale. E’ anche un regalo che lui fa alla sua valle, alla sua gente». Tobia Moroder è (ovviamente) un ammiratore di Vallazza. «Mi piace la sua atemporalità. È un artista senza tempo. È moderno, ma degno di diventare antico. Inoltre da decenni è coerente con se stesso. Cambia sempre, ma è sempre lui. La sua arte non annoia mai. Amo molto i suoi troni che, anche qui, hanno una spettacolare presenza scenica». Il pubblico, nella serata inaugurale, è quella delle grandi occasioni. Adolph Vallazza ha 95 anni, ma è ancora attivo, curioso e lavora con l’entusiasmo di un ragazzino. Ci sono le autorità, ci sono i turisti, i locali e c’è il curatore della mostra, Gabriele Lorenzoni, curatore, oltre che del Mart, della importante esposizione al Palazzo Assessorile di Cles nell’estate del 2018, e che curerà anche la presentazione del bellissimo libro sui troni di Vallazza, a Trento, entro la fine di marzo. Dove si aspetta anche Vittorio Sgarbi, che non ha mai fatto mistero di essere un grande ammiratore dello scultore gardenese e lo ha applaudito anche a Cles. Particolarmente pregnante in suo intervento: Adolph Vallazza è uno dei pochi scultori a essere nello stesso momento antico e moderno, classico e contemporaneo, a varcare i secoli, le epiche, le modo. Ed a restare sempre coerente con se stesso, cambiando sempre senza cambiare mai, fedele a se stesso, alle sue ispirazioni, ai suoi sogni. E soprattutto alla sua terra e alle sue montagne e ai suoi boschi. È stato uno dei primi, in Val Gardena, a superare il gradino che dall’artigianato va all’arte e a spianare la strada, dopo di lui, almeno ad un paio di generazioni di artisti gardenesi. Tutti i gardenesi che adesso espongono nel mondo, gli devono in qualche modo qualche cosa. Del resto nei suoi legni scorrono i secoli, i temporali, le nevicate, le vicende della sua terra e della sua gente.













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