Apprendistato, si può migliorare 

Presentato uno studio Ipl: puntare anche sulla consulenza. In Alto Adige quasi 5 mila apprendisti



BOLZANO. Come garantire e sviluppare ulteriormente un sistema di apprendistato di qualità in Alto Adige? A tale quesito prova a dare delle risposte lo studio dell’Istituto promozione lavoratori (Ipl) presentato ieri pomeriggio a Bolzano. Il mercato del lavoro altoatesino è caratterizzato non solo dalla sua dimensione piccola, ma anche da una forte segmentazione nei due gruppi linguistici maggiori e nei vari territori.

Con un numero complessivo di 4.922 apprendisti (dati aggiornati a gennaio 2017) e una vasta differenziazione per mestieri è difficile generare una base sufficiente per creare uno standard. Anche organizzativamente il numero ridotto di apprendisti, collocati in parte in territori periferici - la maggior parte degli apprendisti viene infatti formata in spazi rurali - crea difficoltà: per molti tipi di mestiere riempire una classe della scuola professionale con un numero sufficiente di alunni diventa impossibile, il che obbliga a riunire nella stessa aula varie professioni, ovviamente a discapito dell’insegnamento specifico per il settore.

Gli apprendisti vengono impiegati come forza lavoro «economica»? Le retribuzioni degli apprendisti sono alte se confrontate con gli altri Paesi, e la differenza con il salario di un operaio specializzato è relativamente poca. Ciò comporta che in alcuni casi incida quindi comunque anche la capacità produttiva. Per quanto riguarda l’idea dello sfruttamento degli apprendisti da parte dei datori di lavoro, tutti gli interlocutori sentiti nello studio concordano nel definirlo un fenomeno piuttosto raro. «Un’azienda florida non considererebbe mai i propri apprendisti una forza lavoro a basso costo, e alla fine della giornata non sarebbero comunque tanto più economici rispetto ai lavoratori specializzati da rendere conveniente il loro impiego», dicono gli autori dello studio .

In Alto Adige il “modello di riferimento”, sia culturale che politico, resta sempre l’apprendistato “tradizionale”. A causa del contesto in cui è inserito, ovvero della legislazione nazionale (ad esempio per quanto concerne il diritto del lavoro e il riconoscimento dei titoli di formazione), i cambiamenti in questo campo sono particolarmente onerosi. Ciò nonostante è assolutamente necessario pensare a degli aggiustamenti. Partendo da questa ricerca e dalle discussioni scientificamente fondate, al momento in corso nei paesi di lingua tedesca, l’Ipl suggerisce tre questioni principali: Come accrescere il valore della capacità produttiva di un apprendista? Come aumentare il grado di prestazione (misurato sulla base della produttività di un lavoratore specializzato)? Quali misure sono necessarie per aumentare complessivamente la qualità dell’apprendistato? Infine, per gli autori Johanna Lieser e Werner Pramstrahler, sono necessarie misure che migliorino il rapporto tra apprendista e azienda. Esse dovranno comprendere un allargamento della consulenza e dell’affiancamento. Soprattutto in casi critici è ipotizzabile per gli attori competenti del settore un ruolo di mediazione mirata tra la (potenziale) azienda che forma e il (potenziale) apprendista.













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