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I calzini fashion lanciati grazie al coworking nella "casa delle start-up" di Laives

La «Wams» è nata nella casa delle start-up altoatesine lanciata da Hannes Vaia Robert e Daniel puntano su filato italiano, disegni eccentrici e colori sgargianti


di Luca Petermaier


LAIVES. Mettici un imprenditore visionario e un po' sognatore. Mettici un'azienda di moda che ama innovare ispirandosi al principio dell'ecosostenibilità. E infine mettici due ragazzi che hanno l'ambizione di realizzare i calzini fashion più belli del mondo. Mischia tutto e ne uscirà “Vitamin”, la prima “casa delle start up” dell'Alto Adige.

Siamo in zona Vurza a Laives, zona industriale. L'imprenditore visionario è il titolare della Vaia, azienda che realizza arredamenti in legno. Verso la fine dell'anno scorso Hannes Vaia decide che la grande sede di via Brennero 5 deve diventare un laboratorio di idee. In particolare, di idee giovani. E così, senza pensarci troppo sopra, prende il secondo e terzo piano dell'immobile, li sgombera dal legname e vi sistema la sede, appunto, di Vitamin, operativa da maggio.

Qui, tra divani di modernariato, tavoli e sedie di riciclo, oggi lavorano undici tra aziende e liberi professionisti. Si chiama “co-working”. C'è chi – pagando una cifra fissa mensile che varia tra i 300 e i 600 euro - ha acquistato uno spazio fisso con scrivanie e armadi, sala riunioni, angolo skype, luce e riscaldamento come l'azienda di moda Re-bello. Altri – designer, grafici o creatori di app – pagano meno ma si siedono dove capita. L'importante è avere un tavolo a disposizione e una presa elettrica dove attaccare il pc. Ma, soprattutto, l'importante è avere una contaminazione di idee.

A guidarci “dentro” gli 800 metri quadrati di Vitamin è Robert Larcher, titolare insieme all'amico Daniel Kanaider (entrambi di Bolzano) di Wams (acronimo di “Where Are My Socks?”, “dove sono i miei calzini?”), una delle prime start up trasferitesi a Laives. Robert ha 27 anni, come Daniel. Hanno studiato entrambi Economia a Innsbruck e sono la plastica rappresentazione di che cosa può nascere dall'intuito imprenditoriale, non necessariamente accompagnato da ingenti risorse finanziarie, ma sostenuto da impegno, fantasia e tenacia.

Wams produce calzini. E uno si chiede: «E dove sta la novità?». La novità sta nei dettagli. Solo cotone filato italiano, disegni eccentrici, colori sgargianti. Piccole opere di creatività, insomma. E i clienti apprezzano. «Abbiamo iniziato solo 2 anni fa. All'inizio la nostra sede di lavoro era il garage di casa dei miei. Poi a maggio ci siamo spostati qui a Vitamin dove i costi di gestione sono bassi ma abbiamo più spazio a disposizione. Ora vendiamo decine di migliaia di calze all’anno. Sta andando bene. Finanziamenti? Un po' di soldi li abbiamo ottenuti dalla Provincia, che dobbiamo però restituire, e il resto arriva da prestiti delle banche garantiti all'inizio con la firma dei nostri genitori». I mercati di riferimento sono quello italiano, svizzero e austriaco. «L'idea dei calzini è nata per caso. L'ho proposta io al mio socio. Ricordo la sua risposta: “Tu sei pazzo”. In realtà quell'idea non se ne andò più dalla nostra testa. Ed eccoci qua».

Robert e Daniel lavorano anche 15 ore al giorno. Ma dentro “Vitamin” lo fanno con leggerezza. «Qui c'è sempre qualcuno», spiega Robert. «Ti puoi confrontare, scambiare idee. Il mercoledì lo dedichiamo sempre ad un pranzo comune. È la nostra regola. E così parliamo, scherziamo, facciamo impresa e non ce ne accorgiamo nemmeno. Se al designer di moda serve un consiglio finanziario glielo do io e lui mi ricambia con un’idea smarcante su un calzino. I nostri software di gestione? Ce li fornisce l'amico della scrivania qui accanto. E se ho bisogno di capire come muovermi tra le maglie della burocrazia per chiedere un finanziamento in Provincia mi faccio consigliare da chi, quel finanziamento, lo ha appena ottenuto». Ecco il segreto del co-working.

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I centri privati come questo sono una novità in Alto Adige, mentre a Trento rappresentano una solida realtà. A tal punto che a Rovereto si è creata una sorta di curiosa rivalità tra “The Impact Hub”, centro nato con fondi privati e l'ex Manifattura (sovvenzionato dalla Provincia) che offre alle start up spazi a costi decisamente più bassi rispetto alla prima struttura. Con il risultato che – notizia di questi giorni – quelli di The Impact Hub hanno annunciato la volontà di andarsene da Rovereto e investire solo a Trento. Perché questa differenza tra le due province? Una (parziale) risposta Robert Larcher ce l'ha: «Perché in Alto Adige manca spirito imprenditoriale. I neo laureati sono ancora troppo viziati. Terminano gli studi e sperano di sistemarsi subito con un lavoro fisso, stipendio da 2500 euro al mese e ufficio in centro storico. La Provincia di Bolzano, a mio avviso, potrebbe sostenere meglio le start up. Ora che il lavoro scarseggia sono sempre di più i giovani che – come noi – si mettono in gioco. Lo vediamo dalle tante persone che ci chiedono aiuto e consiglio. C'è un bacino di idee e di materiale umano che parte dal basso su cui la Provincia potrebbe investire con sicuri ritorni economici per tutto il territorio».

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