Il Tfr in busta paga? Pensplan: attenzione agli svantaggi fiscali

L’assessore Plotegher: «È meglio lasciarlo in azienda oppure destinarlo alla previdenza complementare»


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Pensarci bene prima di chiedere il Tfr in busta paga. Rispetto al classico «è meglio l’uovo oggi o la gallina domani?» Pensplan e la Regione non hanno dubbi. Meglio la gallina domani. Per le ripercussioni che la scelta può avere sul futuro dei cittadini e, collegate, sui fondi pensionistici complementari.

A partire dal mese di marzo le/i dipendenti del settore privato potranno decidere di ricevere il proprio Tfr mensilmente in busta paga, anziché lasciarlo in azienda o destinarlo ad un fondo pensione. È dunque importante arrivare quanto più preparati al momento di questa scelta altamente impattante sul proprio futuro previdenziale. Destinare il Tfr ad una forma di previdenza complementare è la scelta sicuramente più vantaggiosa dal punto di vista fiscale. Premesso che il Tfr è una parte dello stipendio del cittadino, e che possono esistere oggettive situazioni di difficoltà economica nelle famiglie, è comunque importante scegliere avendo chiare tutte le alternative possibili rispetto alle loro situazioni. È per questo che Regione Trentino Alto Adige e Pensplan Centrum si sono attivate per una campagna di informazione a sostegno dei cittadini che prenderà avvio a metà febbraio.

Il Tfr (trattamento di fine rapporto) è costituito da un accantonamento da parte del datore di lavoro di una somma equivalente al 6,91% della retribuzione. Con la legge di stabilità 2015 è entrata in vigore, in via sperimentale, la possibilità di richiedere l’erogazione del Tfr in busta paga. La scelta è riservata ai lavoratori dipendenti del settore privato e deve essere effettuata a partire da marzo 2015.

«La preoccupazione è che ostacolino la possibilità di prevenire future povertà», sottolinea l’assessora alla previdenza complementare Violetta Plotegher, per cui «la morsa della crisi non può giustificare politiche di corto respiro che hanno l’unico scopo di incentivare i consumi. Proprio perché siamo in una situazione di crescente vulnerabilità sociale è necessario investire tutto il possibile (compresa parte delle risorse dei fondi di previdenza complementare) nella creazione di nuovi posti di lavoro. Solo comprendendo la valenza della solidarietà sociale delle politiche previdenziali possiamo costruire politiche orientate al futuro delle famiglie». Trattandosi di un risparmio “forzoso” in vista della cessazione del rapporto di lavoro - e per questo utilizzato anche come base per costruire una propria pensione complementare, oggi più che mai importante - la scelta di destinare il Tfr in busta paga sarebbe, quindi a conti fatti, quella più onerosa e fiscalmente più svantaggiosa per il lavoratore rispetto alla scelta di lasciarlo in azienda o destinarlo a una forma di previdenza complementare. «Abbiamo calcolato che un lavoratore con un reddito lordo annuo di 25.000 euro che sceglie di farsi erogare il Tfr in busta paga perderà in 3 anni oltre 1.000 euro rispetto alla scelta di versare il Tfr in un fondo pensione complementare mentre perderà circa 170 euro se deciderà di lasciarlo in azienda», evidenzia Laura Costa, presidente di Pensplan Centrum. Anche la tassazione è più sconveniente: infatti sempre a fronte di un reddito lordo annuo di 25.000 euro, il Tfr in busta paga è sottoposto a una tassazione pari al 27%, se lasciato in azienda del 24,1%, mentre se versato a un fondo pensione la tassazione, una volta in pensione, risulta essere pari solo al 9% (con 35 anni di permanenza nel fondo pensione). Nel lungo periodo, poi, per gli iscritti a un fondo pensione, l’interruzione del versamento del Tfr potrebbe comportare una riduzione della rendita del 10%-16% poichè verrebbero a mancare i rendimenti del Tfr non versato alla previdenza complementare.

«Grazie al lavoro di informazione svolto in questi anni - sottolinea Rainer Steger, membro del cda Pensplan - i lavoratori e le lavoratrici della Provincia di Bolzano hanno acquisito consapevolezza verso il risparmio previdenziale. Come dimostra la ricerca Afi-Ipl presentata questa settimana, il 77% dei dipendenti del settore privato non farà richiesta di erogazione del Tfr in busta paga». «Il consiglio che mi sento di condividere con ilavoratori è di ponderare attentamente se vi sia la reale necessità di ricevere il Tfr in busta paga», chiude l’assessora Plotegher.













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