Immobili strumentali La richiesta Cna? Abbattere l’imposta

«Renderla totalmente deducibile in dichiarazione dei redditi E in aggiunta la Provincia e i Comuni riducano le aliquote»


di Renato Brianti


BOLZANO. È ancora interessante per le imprese investire negli immobili produttivi? Fra tassazione in crescita e valore di mercato in discesa la voce investimenti, una volta fondamentale per alzare l’asset dell’azienda, oggi sta diventando un peso sempre più insopportabile. L’Imi, l’Imposta municipale sugli immobili, ne è uno degli esempi, la sua deducibilità ridotta al 20% e la sua iniqua determinazione basata sui valori catastali, penalizza sistematicamente la già poca redditività e colpisce l’azienda anche se questa deve interrompere l’operatività. Una ricerca del Centro Studi della Cna di Bolzano ha analizzato l’impatto di questa tassa su 100 aziende associate, determinando una costo medio per ognuna di 1.000 euro l’anno ma con forti disparità fra immobili anche adiacenti e con stessa destinazione. A far da bilancia la differente rendita catastale che viene moltiplicata per un coefficiente e per l’aliquota. Escono così importi anche molto elevati, che gli imprenditori devono pagare annualmente per dei fabbricati o aree, che spesso non sono nemmeno produttivi.

L’Imi, ex Tasi e Imu, penalizza notevolmente gli uffici che arrivano a pagare in alcuni casi 20 euro per metro quadro. «Non si può penalizzare chi produce lavoro e chi produce economia - spiega Claudio Corrarati, presidente Cna - è giusto che i redditi siano tassati ma che lo siano anche i beni strumentali necessari per quella produzione, diventa un problema. Le nostre aziende hanno un gap di partenza che penalizza il margine reddituale dei nostri prodotti».

«Ulteriore problema - continua Corrarati - è il fatto che non sempre queste strutture sono produttive, se le aziende si fermano senza produrre reddito, per vari motivi, così non fa la tassazione che si accumula costantemente. Succede anche con le aziende chiuse alla ricerca di successione, che non producono ma costano».

«È un’insieme di fattori burocratici che va ad accumulo - continua Günther Schwienbacher, vicedirettore Cna - la tassazione sugli spazi produttivi va ad aggiungersi al costo sui rifiuti, anch’esso legato alle dimensioni e non alla reale produzione, e all’esborso in denaro si aggiunge la sua quota di burocrazia, l’Imi infatti concorre alle 240 ore l’anno che servono agli imprenditori per coprire la burocrazia fiscale dell’azienda, 85 ore in più della media europea, ore che vengono sottratte alla produzione». Cosa si può fare? «Primo passo - riprende Corrarati - l’imposta che oggi lo è solo per il 20%, deve diventare totalmente deducibile. Per lo Stato sarebbe un minor reddito di soltanto 630 milioni, una cifra che può trovare altre coperture ma che per le imprese ridurrebbe il carico fiscale complessivo dall'attuale 62,5% al 58,2%. Quattro punti in meno di tassazione e un volano incredibile per lo sviluppo”. Possibile questa riduzione con uno Stato che ragiona su percentuali decimali? «Se lo Stato resta sordo potrebbero pensarci Provincia e Comuni a ridurre sensibilmente le aliquote per le nostre imprese, nella logica di gestione dei bilanci di questa Provincia ci sono i margini per operare su una copertura alternativa all’importo di loro competenza».













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