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L'INTERVISTA

«La transizione eco-energetica è già in atto: star fermi è come arretrare»

Il fisico Roberto Battiston sarà in prima fila all'edizione 2024 del forum "Economia e sostenibilità" organizzato dall'Alto Adige
L'EVENTO Per un futuro più verde


Paolo Campostrini


BOLZANO. A non far nulla non è che si sta fermi: si cammina all'indietro. Non è un principio della fisica, lo è dell'economia. E lo è adesso.

Traduzione: più aspettiamo a mettere in campo gli strumenti della transizione energetica e più perdiamo, facendolo inoltre su due fronti: il primo è il possibile distanziamento del nostro sistema rispetto a quelli che si muovono come velocisti tra auto elettriche a basso prezzo e fonti alternative; il secondo riguarda i costi - vivi, spesso vivissimi - del cambiamento climatico.I quali si riversano sull'agricoltura, sul turismo, sulle imprese.

Dice Roberto Battiston: «Se è possibile quantificare i danni della rivoluzione climatica? Sono miliardi di dollari o di euro soltanto dalla metà di questo secolo». Battiston è un fisico. Ex presidente dell'Agenzia spaziale italiana (Asi), specializzato nel campo delle particelle elementari è uno dei maggiori esperti al mondo di raggi cosmici. Tiene lo sguardo in alto. Ma la consuetudine a vedere i problemi strategici - persino esistenziali - che ci riguardano, l'ha condotto a osservare con una prospettiva larga quello che accade nella strettoia in cui siamo finiti, tra dati che certificano i cambiamenti climatici e strategie, spesso onerose, che sono a disposizione per contrastarlo anche sul piano economico, produttivo e degli stili di vita.

Proprio per questo le sue riflessioni sono state al centro del primo "Forum dell'Alto Adige" su economia e sostenibilità dello scorso anno e lo saranno anche del secondo, in programma nella sede del nostro giornale (in Via Volta 10), mercoledì prossimo, 20 marzo, alle ore 17.30.

Il percorso verso la sostenibilità costa.

Lo so, lo sappiamo. Ma invertiamo il ragionamento: costerà molto di più non avviarlo, non accelerare la sua programmazione.

Detto in parole semplici: non fare niente avrà comunque costi superiori a quelli configurabili attendendo o rallentando i processi di transizione ecologica?

Lo saranno quasi sul piano della progressione geometrica. Come non salire sul treno dell'innovazione.

Le imprese dicono: saranno passaggi dolorosi.

Non dolorosi, impegnativi. Certo una azienda è tenuta a guardare all'oggi ma anche al domani. E il domani arriva prima del dopodomani. Ci sono i bilanci, i lavoratori da pagare ogni mese, i creditori.

Esempi?

È evidente che anche solo un 10% in meno di auto a motore termico tolte dalla produzione può essere già adesso calcolato come una criticità. Sia sul piano economico che lavorativo. Ma le criticità sarebbero triplicate non dopodomani ma domani se si rallentasse o si ignorasse una trazione che altrove sta già avviandosi a ritmi superiori ai nostri.

Ma chi potrà affiancare le imprese perché non restino sole a caricarsi sulle spalle il peso degli investimenti?

Serve la politica, è evidente. Occorre una cornice generale di interventi dentro la quale redistribuire anche i costi.

Perchè dice che già adesso il prezzo del cambiamento e della non transizione è calcolabile?

Guardiamo solo a quanto ci costeranno nell'immediato gli ultimi eventi estremi. E solo quelli dello scorso anno.

A quali pensa?

Alle bombe temporalesche nelle Marche. Oppure alle alluvioni in Romagna. Intere colture sono state spazzate via e devono essere ricostruite. O i distretti artigianali distrutti dall'acqua con le attività interrotte. Il prezzo è già altissimo.

Dunque il cambiamento è innegabile?

I negazionisti sono sempre meno. Si può discutere sui tempi, sulla possibile accelerazione o rallentamento, ma non di più. Certo, servono nel frattempo anche misure intermedie.

Perché non è che se le Panda diventano tutte elettriche domani il cambiamento frena subito, no?

Esatto. Quello è un orizzonte strategico, il resto è quello tattico; indispensabile, certo. Ma se non agiamo ora anche sul primo, questo frenerà sempre più tardi.

Lei più volte ha posto l'accento anche sul valore etico della transizione.

Esiste, eccome.

Perché gran parte della popolazione del pianeta ancora non può accedere a beni che invece altrove, ad esempio in Occidente, sono a disposizione?

Ma se questo accadesse nelle nostre condizioni attuali, il pianeta non reggerebbe a nuove spinte e presenze fossili nei trasporti o nelle produzioni. Dunque la transizione è anche un mezzo per consentire ai più poveri di godere di beni che siano tuttavia prodotti in modo sostenibile.