Hockey

«A partire dal 2018 uno straniero anche in serie B»

Walter Andriolo, referente dei club: «Credo possa aiutare a far crescere ulteriormente i giovani di questo torneo»


di Thomas Laconi


MERANO. Nel suo ufficio di Merano, Walter Andriolo, referente delle società di Serie B, ha già chiare le idee per il torneo cadetto, di fatto il campionato più importante a livello italiano, da quando otto società hanno iniziato la loro avventura in Alps Hockey League.

«Lavorare dalla base, evitare pericolosi salti nel vuoto e creare un progetto che durerà del tempo e per il quale servirà pazienza. Perché i problemi dell’hockey nazionale - dice - non si risolvono dall'oggi al domani».

Andriolo ha già ricevuto l'ok da tutte le squadre della serie cadetta: nessuna defezione il prossimo anno, nessuno stravolgimento alla formula, Coppa Italia compresa e un calendario da definire in tempi brevi, magari dopo la riunione dell'8 luglio nel Veronese. Lo storico dirigente del Merano sogna un ritorno del massimo campionato italiano («Ho fiducia che prima o poi le società torneranno tutte insieme») e intanto lancia la sua candidatura per le elezioni federali del 2018 in veste di responsabile del settore hockey.

Walter Andriolo, nell'hockey si crea e si disfa che è un piacere. La Serie B manterrà il suo format oppure no?

«Entro il 10 maggio le squadre dovevano garantire o meno la partecipazione al torneo. Non mancherà nessuno, abbiamo già la prima bozza di calendario e adesso le società si stanno confrontando tra di loro per discutere eventuali problematiche. Saremmo contenti se uscissero i calendari entro la fine di luglio».

La Serie B, per quello che si è visto lo scorso anno, ha realmente soddisfatto le attese degli addetti ai lavori?

«Sono molto soddisfatto di come il progetto sta andando avanti. E'un programma di cinque anni, forse è un campionato a due velocità, ma allo stesso tempo abbiamo società lombarde e anche il Feltre che hanno la possibilità di fare attività e di dare spazio ai loro ragazzi. Vogliamo creare un prodotto che duri e cresca nel tempo».

I giovani secondo lei possono realmente maturare in un torneo come quello cadetto?

«Bisogna fare delle precisazioni. Un ragazzo di 20 anni che ha la chance di salire in Ahl deve raggiungere questo traguardo, ma in Italia ci sono ragazzi più giovani che in Serie B possono fare esperienza, giocando contemporaneamente anche a livello junior. Dal 2018 in Serie B ogni società potrà ingaggiare anche uno straniero. Credo che possa aiutare a fare crescere ulteriormente questo torneo».

Sembra che Merano e Milano, in futuro, puntino a fare un salto in avanti? Cosa ne pensa?

«Credo che in Italia, in questo momento, ci voglia pazienza. Soldi ce ne sono pochi e pur capendo le esigenze di società strutturate, se vogliamo che il movimento cresca dobbiamo allargare la base e aiutare le realtà meno organizzate a crescere per integrarsi ancor di più in un unico sistema. Bisogna lavorare dalla base, non dal tetto. Ci vuole pazienza, ne va della crescita effettiva di tutto il movimento. Se poi vogliamo fare hockey spettacolo con una barca di stranieri, nulla in contrario, ma senza le grandi città certi discorsi, oggi, hanno davvero poco senso».

Se le parlo della cara e vecchia Serie A, le viene ancora nostalgia?

«Certo, credo che se il famoso compromesso dei due stranieri per squadra mettesse tutti d'accordo, le prime 4-5 della Serie B potrebbero pensare di giocare una Serie A. E’ un discorso complicato, altre società emigrate in Ahl hanno fatto una scelta diversa, che non giudico negativamente. Ripeto: alla fine bisogna allargare la base ed evitare passi più lunghi della gamba».

Tornando alla Serie B: crede che per attirare sponsor e nuove aziende bisognerebbe cambiare qualcosa?

«Credo che la denominazione Serie B sia un po' penalizzante. Abbiamo chiesto alla Federazione già tempo fa di riconoscerci sotto un altro nome, ovvero Italian Hockey League. Da parte loro però non sono arrivati segnali positivi. Siamo un po`delusi, non credo che fosse una richiesta fuori luogo».

Qual è la sua ricetta per migliorare l'hockey in Italia?

«Bisogna iniziare con un programma serio di sviluppo. Spero che la gente capisca gli sforzi che le societá stanno facendo, per raccogliere risultati bisogna ancora seminare a lungo, non si può ottenere tutto e subito. Il nuovo corso della Nazionale, composta quasi unicamente da giocatori di scuola italiana, è un fattore positivo, ma è il frutto di dieci anni di lavoro federale, questo è bene sottolinearlo. Bisogna aiutare i nostri giovani a trovare la loro strada, facendoli giocare e valorizzandoli. E un giorno chissà che non rinasca una serie A con tante squadre. Sarebbe bello e importante per il movimento, a patto che si riesca ad allargare il parco dei giocatori in Italia».

Il 2018 sarà l'anno delle elezioni Fisg? Lei farà un passo avanti?

«Ho già comunicato a diverse società la mia volontà di candidarmi come responsabile del settore hockey. Credo che in Italia, a prescindere dalla mia volontà di rientrare in Fisg, serva un tecnico che operi all'interno delle società e che conosca le diverse dinamiche. Creare illusioni con belle parole e costruire castelli in aria serve a poco. Manca un anno, vedremo, ma dopo 30 anni ho ancora voglia di aiutare questo mondo, al quale sono molto legato».

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