Dal Salorno all’Alto Adige la bella favola di Fabian

«Sono la dimostrazione che non è necessario crescere in un grande club per giocare tra i professionisti. Devo tutta a mia mamma Bruna che non c’è più»


di Valentino Beccari


BOLZANO. Non ha frequentato i migliori college della serie A e mentre i suoi coetanei si allenavano a Milanello, Trigoria, Appiano Gentile e Vinovo all’ombra di Pirlo, Ibrahimovic, Totti e De Rossi, lui sgomitiva sull’erba di Salorno, campo di “frontiera”, negli allievi prima e in Eccellenza poi.

Periferia del pallone, il sogno di diventare calciatore professionista custodito in un angolo lontano dell’anima, un’ambizione appena sussurrata. Ma Fabian Tait con il pallone ci sa fare e se ne accorge il Mezzocorona. Fabian deve solo attraversare la strada ed entra nella Berretti prima, accarezza la C2, poi apprende il mestiere in serie D tanto che persino l’ambizioso Marano lo ingaggia per puntare alla promozione tra i professionisti.

A inizio estate il diesse Luca Piazzi decide di puntare su di lui, tra lo scetticisimo generale perchè la C1 rispetto alla D è considerata un altro sport. Ma il biondo centrocampista di Salorno non si spaventa, sa che la serie D è una sorta di “formazione professionale” del pallone, non sarà l’Oxford del calcio ma se non ti dai da fare finisci per soccombere. Non si guarda in faccia nessuno.

Mister Rastelli rimane subito impressionato dalle doti atletiche, tecniche e dalla dedizione di Fabian e gli affida le redini del centrocampo. Una bella soddisfazione anche perchè nelle gerarchie ha messo in riga gente come Petermann, talentuoso play del Palermo e della nazionale Under 20.

Allora Fabian, si può arrivare in C anche partendo dall’Eccellenza?

«È un grande onore per me, però non è detto che se arrivi da un settore giovanile importante poi sfondi automaticamente. Certo sei più preparato a livello tecnico però in serie D impari molto perchè ti confronti con giocatori “anziani” , contano i tre punti e quindi sei obbligato a crescere in fretta».

Cosa hai pensato quando ti ha chiamato l’Alto Adige?

«Non mi sembrava vero. Sono arrivato con grande umiltà, pensando solo ad imparare però il mister mi ha dato subito fiducia e io faccio di tutto per ripagarlo».

Quest’anno è un Alto Adige “made in Sudtirol” con numerosi giocatori locali...

« Per un altoatesino è un po’ come giocare nell’Inter o nella Juve, il sogno di tantissimi ragazzini. Sono stato davvero fortunato ad approdare all’Fc».

E pensare che volevi smettere...

«Si, tre anni fa al Mezzocorona non giocavo mai, non trovavo spazio . Mi ricordo che sono andato all’ospedale a trovare mia madre Bruna che non stava bene.

Le ho detto che volevo solo pensare a studiare ma lei mi ha spinto a non mollare. Se sono qui lo devo anche e soprattutto a lei. Purtroppo non c’è più e per ricordarla mi sono tatuato il suo nome e la sua immagine sulle braccia».

A Salorno sei diventato un idolo...

«Beh, non esageriamo, Però mi fa piacere che tutti mi fermano e sono orgogliosi di me. Non mi sono spostato da Salorno e vivo lì con mio padre e i miei fratelli».

Certo che sostituire un regista come Pederzoli non è facile?

«Lo so, non è facile rimpiazzarlo anche perchè aveva molta classe ed esperienza ma ci provo. Faccio i movimenti che mi dice il mister e fino ad ora è andata bene».

Eppoi tu non sie un vero play...

«No, sono un centrocampista molto fisico che legge l’azione e cerca di recuperare più palloni possibile».

Con i compagni di squadra come va?

«Benissimo e se mi sono calato subito nella realtà il merito è soprattutto loro».

Sette punti dopo 5 partite: è il bilancio giusto?

«Visto il calendario di inzio campionato che avevamo direi che va più che bene però forse potevamo raccogliere di più contro il Como dove non abbiamo sfruttato la superiorità numerica e anche a Cremona potevamo gestire meglio la partita una volta raggiunto il pareggio».

Peccato per il Druso con tanti, troppi spazi vuoti...

«Sì, è un peccato anche perchè mi ricordo il giugno scorso lo stadio strapieno nella finale con la Pro Vercelli. Spero che il grande pubblico torni al Druso e noi faremo di tutto per attirarlo».

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