Gli anni son leggeri planando sull’acqua 

Fritz Baurschafter, meranese di 75 anni, è un vero e proprio “profeta” del kitesurf. Ma in estate: in inverno è fisso sugli sci


di Monica Marabese


MERANO. Settantacinque anni e un’energia che farebbe invidia a un ventenne. È davvero un personaggio da raccontare, Fritz Baurschafter, meranese: è uno dei primi kiters d’Italia. Kiters, bene precisarlo subito ’che mica tutti sono del settore, sta per “kitesurfers”, ovvero i praticanti del kitesurf, il surf tirato da... una sorta di paracadute che fa da vela, per spiegarlo in poche parole. Ma Fritz Baurschafter allo stesso tempo è uno dei più anziani sportivi al mondo ad usare un particolare tipo di tavola, chiamata hydrofoil. «Mi dicevano che il kitesurf è uno sport esclusivamente per giovani o per matti....», commenta sorridendo il protagonista di questa storia di vita. La realtà è che lui, Fritz Baurschafter, è la dimostrazione lampante che si può essere giovani a qualsiasi età e un pizzico di follia allunga la vita.

Agente immobiliare in pensione, Fritz non si stanca mai. L’estate la passa tra il lago di Idro, in provincia di Brescia, e la Calabria, dove fa kitesurf assieme ai ragazzi più forti al mondo. Uno di questi è Florian Gruber, campione mondiale nel 2015. In inverno invece toglie la muta e mette la tuta, quella da sci, fa scattare gli attacchi e via, sugli sci appunto, con i quali si cimenta in ben 30 gare a stagione e non solo per il gusto di partecipare. L’anno scorso infatti, si è aggiudicato il terzo posto in Italia, della categoria master, ovvero dai 35 anni in su.

A che età ha cominciato a fare kitesurf?

«Era il 1999. In Italia questa disciplina non era ancora arrivata. Per circa 18 anni ho fatto windsurf, finché un giorno mio figlio Thomas, mi ha fatto vedere un video su internet. Si trattava di ragazzi che saltavano con il kitesurf. Uno sport simile a quello che praticavo in precedenza, ma molto più dinamico, veloce e adrenalinico. Ho subito pensato: devo provarlo! Ricordo che avevamo saputo che il campione mondiale di windsurf statunitense, il mitico Robby Naish, era al lago di Garda. Mio figlio mi ha detto: “Dai papà quel giorno devi esserci anche tu”. Era giugno del 1999 e quella è stata la prima volta che il kitesurf veniva presentato in Italia. Per un’ora e mezza abbiamo visto Robby Naish veleggiare e ho subito pensato: “Addio windsurf, questo è il mio nuovo sport!”. Quando è tornato sulla spiaggia l’ho salutato e gli ho chiesto dove potevo procurarmi l’attrezzatura e come fare a imparare. All’epoca avevo quasi 59 anni, ma ciò non mi ha fermato. Sono tornato a casa e ho detto a Thomas: “Preparati perché cominciamo a fare kitesurf”».

Come avete fatto a imparare, dato che in Italia a quel tempo era uno sport completamente sconosciuto?

«Eravamo i primi nel nostro Paese, infatti non riuscivamo a trovare l’attrezzatura. Mio figlio ha cercato in internet e abbiamo trovato il materiale solamente in Germania. La tavola però non si trovava neanche là. Nonostante le difficoltà iniziali, io volevo provare comunque, quindi per cominciare ho utilizzato la tavola da windsurf. A fine agosto eravamo finalmente pronti. Io e mio figlio Thomas siamo andati in camper al lago di Resia, dove per tre giorni consecutivi non abbiamo fatto altro che esercitarci. Inizialmente ci siamo cimentati in esercizi da terra, per imparare a manovrare l’aquilone. Ricordo che tutti i passanti ci guardavano e venivano a chiederci cosa stavamo facendo. Noi ridendo rispondevamo: “È un nuovo sport!”. Già il secondo giorno ho attraversato il lago, ma ancora non riuscivo a bolinare, dunque andavo a favore di vento fino dall’altra parte ma poi dovevo tornare a piedi. Dopo questi tre giorni con mio figlio, si è aggiunto a noi un amico, che per avere la tavola giusta se l’era costruita lui. Così abbiamo cominciato a veleggiare».

Imparare uno sport così estremo e per giunta sconosciuto, a quasi 60 anni non è da tutti. Non ha mai avuto paura?

«Non mi ha mai fatto paura perché mal che vada cado in acqua! La cosa più fastidiosa è quando entra nel naso (ride, ndr). L’unica cosa che mi preoccupava seriamente erano le raffiche di vento. Quando abbiamo cominciato, i kite avevano solamente due cavi, non cinque come quelli moderni. Quando il vento aumentava, non si poteva depotenziare la vela per rallentare. Quindi venivo sbalzato in avanti bruscamente. Quello effettivamente faceva paura».

Dunque il kite così com’era inizialmente, non le sembrava abbastanza sicuro?

«Con solo due cavi non si poteva gestire adeguatamente. Un giorno però, ho letto su internet che in Sardegna presentavano un nuovo tipo di kite, con il doppio dei cavi. Io dovevo esserci per forza. In quella calda giornata dell’estate del 2000, c’è stata una vera rivoluzione per questo sport. Grazie ai 4 cavi, finalmente potevamo gestirlo in modo adeguato e grazie alla barra aumentare o diminuire la potenza».

Il kitesurf si stava sviluppando, ma continuava a mancare qualcosa..

«Se ora usassimo un kite del 2000, dopo mezz’ora lo potremmo buttare. Era circa un anno che lo usavo, ma quando c’era poco vento non riuscivo ad alzarlo da terra. Ricordo che ero sul Gargano, dove l’acqua è bassa, il kite mi era caduto e non c’era verso di riportalo in aria. In quel momento mi è venuta un’idea. Sono andato al mio camper e ho preso uno spago. L’ho legato al centro e ho provato a tirare e come per magia il kite si è alzato subito. Così ho inventato quello che oggi chiamiamo il quinto cavo. È stata una bella scoperta, poichè rende molto più facile manovrare la vela. Nonostante questo non ho voluto brevettarlo, non credevo ne valesse la pena... Ho regalato a tutte le ditte il mio progetto, è un grande vantaggio per i kiters e voglio che tutti ne possano beneficiare».

Sono passati 19 anni da quando ha cominciato e non ha nessuna intenzione di smettere...

«Assolutamente no. Quando sono in Calabria faccio kitesurf anche per sei ore al giorno. Quando c’è il vento giusto, mi fermo solamente per bere il caffè. In questo modo mi tengo allenato».

Nel kitesurf ci sono molte discipline diciamo “specialistiche”, come per esempio il freestyle. Lei fa anche i salti?

«Sì certo. Salto anche fino ai 10 metri...».

Passata la stagione del kitesurf, si dedica allo sci.

«Esatto, ci alleniamo tre volte in settimana. Sono una persona molto competitiva, infatti ogni anno faccio circa trenta gare, tutte nella categoria Master. L’anno scorso mi sono qualificato terzo in Italia e l’anno precedente secondo. È sempre una bella soddisfazione».

Sua moglie è sportiva quanto lei?

«Mia moglie è molto più tranquilla. Lei va un po’ in bici e assieme facciamo qualche giro in montagna, ma niente di più. Non è un’amante dell’acqua come me. Nonostante questo mi supporta sempre, non cerca di limitarmi, anzi. In Calabria andiamo sempre assieme, poi quando torniamo a Merano io vado a fare kituserf al lago di Idro, ma lei sta a casa, perché giustamente, dopo dieci settimane, è stufa!».

Lei ha una vita molto impegnata: non le viene mai voglia riposarsi e di stare a casa?

«Se alla mia età non si fa niente, si spreca del tempo prezioso. Sono in pensione, dunque ho la fortuna di avere moltissimo tempo libero e voglio sfruttarlo a pieno. Certo, ogni tanto mi fermo a casa per fare qualche lavoro in giardino o sistemare le cose che si rompono, ma poi riparto subito. Se c’è un posto in cui non mi vedrete mai è al bar: non fa bene e si perde tempo... È bello starci solo dopo sei ore di kitesurf: in quel caso è bello riposarsi». E giù una sonora risata.

©RIPRODUZIONE RISERVATA















Altre notizie

gli accertamenti

Pestaggio a Bolzano, la polizia ha un video 

L’aggressione al Life Club. Il giovane, che dice di essere stato picchiato dai buttafuori, si è presentato ieri in Questura. «Distorsione cervicale e contusioni varie» nel referto dell’ospedale. L’avvocato Ferretti: «Respingiamo ogni accusa»


aliosha bona

Attualità