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Il papà di Schrott: «Il mio Miran morto e dimenticato da tutti»

Sono passarti 23 anni dalla tragedia: «La sua è stata una morte inutile: ancora oggi nell’hockey ci sono interventi troppo violenti. Mio figlio è stato colpito al cuore con il bastone»


di Marco Marangoni


ORTISEI. “Mio figlio è stato ucciso ed oggi è dimenticato da tutti. La sua morte è stata inutile”. Giuseppe, ‘Seppi’, Schrott ci accoglie nella stube della sua casa di Ortisei. Tiene in mano la foto del suo Miran e ci mostra l’album del figlio. L’emozione è forte. È la prima volta che il papà di quel ragazzo di 19 anni pieno di vita che amava l’hockey morto sul ghiaccio nel corso di una partita perché colpito da una violenta bastonata, decide di rilasciare un’intervista. Il dolore, la rabbia, la delusione, il vuoto attorno a se è uguale adesso come allora. Oggi ricorre il 23esimo anniversario della tremenda, assurda e crudele morte di Miran Schrott. Un dolore che nel giorno della ricorrenza per la famiglia Schrott si fa più acuto e carico di perché. Di quel talento e promessa dell’hockey italiano pare non si ricordi più nessuno. Tutti sono svaniti, federazione, società del Gardena, mondo dell’hockey.

“Per carità non voglio polemiche perché siamo stanchi e delusi ma certe cose bisogna pur dirle - dice il signor Schrott -. Per farle capire quanto dolore c’è ancora, mia figlia che oggi ha 33 anni non ne vuole più sentir parlare (per volontà del padre non era presente all’intervista). Era legatissima a suo fratello più grande di nove anni. Quando andava in trasferta le portava sempre un regalo. Lo scorso anno era andata allo stadio del ghiaccio di Courmayeur durante i campionati di sci della figlia maggiore ed è stata male”.

Signor Schrott torniamo indietro di 23, come aveva saputo della morte di suo figlio ?

“Ero andato a letto perché sapevo che Miran sarebbe rientrato a casa all’alba. Era notte fonda quando mi hanno bussato alla porta di casa. Erano l’allora presidente della società, Hansi Bernardi ed Hugo Demetz. Sono stati loro a portarmi la brutta notizia. Sono partito per l’ospedale di Chamonix e solo nel pomeriggio ho scoperto tutto”.

Cosa ha scoperto ?

“Una persona (non rivela il nome) mi ha riferito che Miran era stato colpito da una bastonata volontaria. Sono andato subito dai carabinieri a denunciare che in una partita di hockey era stata uccisa una persona. È stata una sceneggiata portarlo a Chamonix. Ricordiamoci che quella sera l’ambulanza non c’era, è stata chiamata da Aosta. In un secondo momento ho parlato con i medici e mi hanno detto che Miran era morto in tre minuti quando si trovava ancora sul ghiaccio”.

Quando aveva visto l’ultima volta suo figlio ?

“La mattina. Era un giorno come gli altri, ma ricordando il suo sorriso e la sua espressione erano diverse quando ci siamo salutati. Il viaggio verso Courmayeur era lungo e la partita molto importante. La mamma (Sabina Bertoncelij di origine slovena) gli aveva raccomandato, come ogni volta, ‘auguri e fai attenzione’. Non pensavamo fosse l’addio per sempre a nostro figlio. Nell’ultimo periodo ci parlavamo spesso in falegnameria dove lui mi aiutava. Parlavamo anche del futuro come uomo. Miran viveva per l’hockey, lo amava. Giocava con la squadra allievi, juniores e di serie B. Era molto bravo e per questo un po’ invidiato. La settimana prima di lasciarci era stato nominato il miglior difensore del Mondiale gruppo C di Marino. Di tutta questa vicenda, però, ci sono tante cose che mi fanno male. Una in particolare”.

Quale ?

“Il continuo cambio di versione per cercare di scagionare quello là”. (nel corso dell’intervista non è mai stato pronunciato il nome di Jimmy Boni, ndr).

Lei con “quello là” ha più avuto contatti ?

“No, mai, più sentito, più scritto, più visto. Ricordiamoci che il Canada aveva annunciato che avrebbe boicottato il Mondiale in Italia del 1994 se il processo avesse preso una brutta piega per quel signore”.

Si è parlato che Miran è morto per arresto cardiaco, cause naturali, crisi di epilessia acuta, embolia celebrale. Signor Schrott dopo 23 anni sa perché suo figlio non c’è più ?

“Perché gli è stato inferto un colpo al cuore - tuona il padre -. In questa storia ho avuto la fortuna che il professor Vittorio Griva di Torino era presente all’autopsia confermando che la morte è stata provocata da un trauma toracico a seguito del colpo inferto con violenza. Mio figlio stava benissimo, non aveva nessun problema di salute altrimenti non sarebbe stato convocato in nazionale. È morto per colpa mia”.

Perché dice questo ?

“È certo, sono stato io a portarlo all’hockey anche perché io vengo da questo sport. Nel 1969 avevo vinto il primo scudetto del Gardena”.

Segue ancora l’hockey ?

“Si, mi piace molto ma non vado più allo stadio. Mi fa troppo male. Sono schifato dal mondo dell’hockey. Sulla tomba gli dico sempre: ‘Miran hai fatto tutto per nulla’. La sua morte è stata inutile perché di questi falli se ne vedono ancora. Il nostro hockey è pericoloso perché i giocatori non sono preparati adeguatamente».













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