«La vetta è ancora vicina Il problema sarà giocare» 

Serie B. Parla il fantasista brasiliano del Bubi Merano secondo in  classifica alle spalle dell’Atletico Nervesa: «Il Brasile mi manca ma questa squadra è come una famiglia. Ai gol personali ho sempre  preferito gli assist per i compagni. Questo è un momento difficile»


Matteo Igini


Bolzano. Assist e magie al servizio della squadra. Rafael Caregnato, semplicemente Rafinha, è diventato in questi anni uno dei perni del Bubi Merano. In queste stagioni passate in giallorosso, il laterale italo-brasiliano si sta facendo apprezzare per i suoi numeri, mai banali, sempre efficaci e decisivi. Anche in questa stagione si sta rivelando uno dei trascinatori della formazione di mister Giuseppe Saiani, che si trova in lotta per il primo posto nella Serie B di calcio a cinque. Il campionato è attualmente fermo, a causa dell’emergenza sanitaria, con i meranesi che - dopo aver guidato a lungo la classifica - si trovano in seconda posizione, alle spalle dell’Atletico Nervesa, staccati di appena una lunghezza. Tutto, però, è congelato, in attesa di sviluppi positivi.

La speranza di giocare

«Adesso stiamo attraversando tutti un momento di difficoltà, che speriamo di superare per poi tornare in campo a fare quello che amiamo», dice il giocatore sudamericano, classe 1990, da oltre dieci anni in Italia e dal 2017 a Merano. «Sono arrivato in Italia nell'ottobre del 2008, appena compiuto i 18 anni d’età, grazie a un amico, che all'epoca giocava a Napoli. Mi ha proposto un'esperienza oltreoceano e non ci ho pensato due volte. Per me è sempre stato un sogno giocare a calcio a cinque da professionista».

Il campionato si è fermato appena prima della volata finale per il primo posto tra voi, l'attuale capolista Atletico Nervosa, Pordenone e Sedico. Che stagione è stata sinora?

«Abbiamo fatto un girone d'andata strepitoso, lasciando per strada pochissimi punti (nella prima metà del campionato i giallorossi non hanno mai perso, con nove vittorie e due pareggi, ndr). Forse, proprio per questo, nel girone di ritorno abbiamo sottovalutato qualche gara, perdendo qualche punticino, ma alla conclusione del campionato mancano ancora alcune giornate e, qualora si tornasse a giocare, cosa che purtroppo al momento penso sia abbastanza difficile, proveremo sicuramente a riprenderci la vetta della classifica».

Avreste anche centrato la qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia...

«Il secondo obiettivo stagionale era proprio la qualificazione alla Final Eight, un risultato storico per questa società, e l’abbiamo ottenuta. Sarebbe un vero peccato se non dovessimo riuscire a disputarla».

In quali squadre ha giocato prima del Bubi?

«La mia prima esperienza è stata a Napoli in serie A1. E' proprio lì che sono riuscito a imparare tantissimo. Non ho avuto tantissime opportunità, ma in quelle che mi sono state concesse ho sempre dato il massimo. Poi sono stato a Reggio Emilia, in serie B, e abbiamo vinto subito il campionato, salendo in A2. Ho giocato anche in Calabria, sempre in A2, quindi Isernia, in B, vincendo il campionato. Dopodiché sono passato al Bubi Merano».

E il suo è stato un trasferimento last minute, giusto?

«Sì. Sono arrivato a Merano in una situazione stranissima. Ero a Isernia ma, due giorni prima che iniziasse il campionato, la società ha deciso di ritirarsi dal campionato di A2, lasciando liberi tutti i giocatori. Il presidente Calovi mi ha chiamato, era un giovedì, e abbiamo trovato subito l’accordo. Due giorni dopo ero già in campo, nella prima partita, senza che mi fossi allenato con i miei nuovi compagni. Non li conoscevo ancora, nemmeno l'allenatore, ed è stato veramente strano. Quella partita è finita con un pareggio sul campo del Prato».

Che sensazioni ha avuto, poi?

«Ho notato fin da subito un gruppo molto bello, formato da bravi ragazzi. L’allenatore Roberto Vanin mi ha fatto sentire come se fossi a casa, proprio come fa oggi mister Saiani».

Nei due campionati di A2 dopo una bella salvezza al primo anno, nel secondo è arrivata una retrocessione nel playout, quasi beffarda.

«Sono stati due anni di sacrifici. Nella prima stagione siamo riusciti a salvarci, sfiorando addirittura la qualificazione ai playoff, mentre del campionato scorso resta tanto, veramente tanto rammarico per la retrocessione. Abbiamo giocato alla pari praticamente con tutte le nostre avversarie, ma il risultato non voleva arrivare. È mancata sempre qualcosina per portare a casa la vittoria. E per vincere devi sbagliare il meno possibile. Ma il gruppo c’era e c’è ancora, perché, nonostante la retrocessione, la squadra è molto unita. Abbiamo subito voltato pagina e quest’anno stiamo facendo veramente bene».

A Merano c'è anche la sua famiglia?

«Sì, vivo a Merano con mia moglie e mio figlio, Filippo, che è nato qui due anni fa. Lavoro in un bar, gioco a calcio, mi trovo molto bene e mi sento a casa. Con i miei compagni formiamo una grande famiglia e questo conta molto per noi giocatori che veniamo da lontano. Il Bubi è proprio così, una famiglia, dal presidente Calovi al magazziniere Momi».

In Brasile ha sempre giocato a calcio a cinque oppure ha avuto modo di confrontarsi anche con il calcio a undici?

«Ho sempre giocato a calcio a cinque, da quando avevo sei anni. Ho iniziato a muovere i primi passi in una scuola calcio, poi - vista anche la mia statura - ho preferito continuare con il futsal, perché nel calcio a undici serve molta più fisicità. Negli spazi stretti mi sono sempre trovato bene, già da piccolo».

Guardandola giocare, ci siamo fatti un’idea: sembra che per lei sia molto più importante fornire un assist rispetto a segnare un gol. È solo una nostra sensazione o è proprio così?

«Sì, è vero, il mio modo di giocare è sempre stato questo. Non segno tantissimo (in questo campionato ne ha comunque segnati 15, ndr), ma provo sempre a mettere i miei compagni nella miglior condizione possibile per riuscire a realizzare un gol. Ogni giocatore ha le sue caratteristiche. Questa credo sia la mia».

Ha un po' di nostalgia del suo Brasile?

«Mi mancano tantissimo i nostri cari e gli amici, ma purtroppo è così, non possiamo avere tutto. Quando riusciamo, torniamo in Brasile per un periodo di vacanza oppure i nostri famigliari vengono a trovarci a Merano».

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