Leonardo David il campione che sciò un solo inverno 

Vinse uno slalom di Coppa del mondo a soli 18 anni Poi nel 1979 la caduta, il coma e nel 1985 la morte


di Valentino Beccari


Ci sono storie che solo lo sport sa scrivere. Storie che toccano le corde del cuore, tratteggiate con delicatezza, quasi in modo fiabesco col brutto anatroccolo che diventa cigno, il ragazzino di strada che diventa eroe, l’emarginato che si riscatta socialmente attraverso lo sport, il pellerossa che esce dalla riserva indiana frantumando i record dell’atletica.

C’è il lieto fine e il sorriso che scorre sui titoli di coda. Ma lo sport come la vita può anche essere spietato e scrivere storie nere, sinistre, dove l’urlo di gioia è strozzato in gola.

E questa è la storia di Leonardo David, il ragazzo prodigio dello sci italiano.

Nasce a Gressoney-Saint-Jean il 27 setttembre del 1960, ad una manciata di chilometri dalla Francia ma è italiano come Gros, Radici, Pietrogiovanna, Thöni, gli alfieri della valanga azzurra che alla fine degli anni ’70 sta sfumando come un vecchio 45 giri.

Ma spunta questo ragazzino biondino, magro con lo sguardo vivace, intelligente. È un talento naturale tano che nel 1977 a soli 16 anni conquista la medaglia d’argento in combinata e quella di bronzo in discesa libera ai campionati italiani assoluti battendo alcuni mostri sacri.

Il futuro è assicurato, Thöni, Gros e gli altri possono anche allentare la tensione perchè la valanga azzurra ha trovato il suo degno erede.

Un polivalente, Leonardo David, bravissimo tra i pali stretti dello slalom, abile tra le porte del gigante ma a suo agio anche nella discesa libera e contrariamente a molti sciatori tecnici non ha paura di cimentarsi con la velocità.

Ha fretta di arrivare Leonardo David che brucia le tappe: vince la Coppa Europa nel 1978, poi nella stagione successiva è terzo nel gigante di Schladming e quindi secondo e ancora terzo in speciale a Kranjska Gora e Jasná. Non è sbruffone David, ma ragazzo modesto, il primo a meravigliarsi dei suoi successi.

“Se mi avessero detto che al mio primo gigante in Coppa del Mondo sarei arrivato terzo dietro a due mostri come Stenmark e Luescher mi sarei messo a ridere come un matto – dichiarò all’epoca – se poi mi avessero detto che nemmeno due mesi dopo avrei vinto la mia prima gara di Coppa del Mondo, guardando dal gradino più alto del podio due fenomeni come lo stesso Stenmark e Phil Mahre beh … avrei dato io del matto a chi avesse fatto un pronostico del genere ».

E invece è andata proprio così. È il fratellino minore di Thöni e Gros e sarebbe diventato il fratello maggiore di Alberto Tomba che è nato nel 1966.

Già sarebbe perchè è in quel momento che il destino inizia a scrivere la sua trama sinistra. David è un vincitore potenziale di Coppa del mondo e i tecnici azzurri vogliono esaltarne le caratteristiche di polivalente. Il 16 febbraio del 1979 cade durante una prova di discesa libera a Cortina d’Ampezzo, batte la testa su un tratto ghiacciato, accusa mal di testa e vertigini. Va all’ospedale di Lecco per unavisita neurologica che dà esito negativo. David torna ad allenarsi ma è sempre stordito, quasi assente.

Paolo De Chiesa, suo compagno di squadra e amico da sempre dirà che Leo gli confidò che “il rumore dei miei sci che sbattono sul ghiaccio mentre scendo mi fa scoppiare la testa”.

Ma “the show must go on” e il 3 marzo del 1979 Leo si presenta al cancelletto di partenza della libera di Lake Plaicd che l’anno successivo avrebbe ospitato le Olimpiadi.

Leo si presenta allo “schuss” finale, a poche centinaia di metri dall’arrivo, con un buon intertempo quando inspiegabilmente spigola con gli sci e cade a terra a oltre cento all’ora. Leo però si rialza, taglia il traguardo con uno sci solo, sembra tutto ok ma dopo qualche metro crolla tra le braccia del compagno di squadra Gros. David precipita in uno stato di coma vigile dal quale non si riprenderà più. Inizia un calvario con diverse operazioni tra Stati Uniti, Italia e poi a luglio del 1979 nella clinica del celebre professor. Gerstenbrandt all’ospedale di Innsbruck dove verrà appurato che David aveva un ematoma preesistente alla caduta sulla pista olimpica di Lake Placid, causatogli dalla caduta di Cortina.

Il calvario dura fino al 26 febbraio del 1985, quando un emorragia cerebrale si porta via Leo. Inizia poi una lunga battaglia legale ma i giudici non attribuiscono alcuna responsabilità alla Fisi e ai medici che hanno controllato David dopo la caduta di Cortina. Però resta la convinzione che quella tragedia poteva essere evitata.

E invece quella di Leonardo non è stata una favola a lieto fine ma una pagina nera di quello che poteva essere un romanzo sportivo fantastico.

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