L'intervista

«Sono cresciuto con la guerra e dico che non è cambiato nulla» 

L’allenatore del Südtirol Ivan Javorcic: «Ero bambino ai tempi della guerra nella ex Jugoslavia e ho visto il peggio della vita. La guerra è una sconfitta dove a pagare sono sempre le persone. Amo il calcio e la filosofia»


Filippo Rosace


BOLZANO. La somiglianza a Russel Crowe agevola a declinare profilo, carattere ed emozioni di Ivan Javorcic da Spalato. L’allenatore del Suedtirol che, nel cui percorso di vita, ha interpretato, e continua a farlo, la missione di Massimo Decimo Meridio e quella del professor John Forbes Nash. Percorso di vita lastricato di lotta e di studio, sempre orientato verso la ricerca della verità e della felicità. Felicità che il 43enne tecnico biancorosso oggi sta regalando al club ed ai suoi tifosi, e che in età giovanile ha costantemente cercato anche nella sua Spalato, quando la città di Diocleziano subiva le cannonate ed i bombardamenti dell’armata federale. Era il 1991 e a Spalato la vita continuava srotolare i suoi ritmi, cercando di esorcizzare gli orrori e le tragedie, così come cercava di fare anche Ivan Javorcic negli allenamenti pomeridiani con la maglia del club cittadino.

“Chi è era il giovane Ivan Javorcic? Un ragazzo appassionato di calcio, un ragazzo che ha vissuto la guerra e quindi ha visto il peggio della vita. Esperienza che, inevitabilmente, ti fa crescere in maniera veloce, portandoti a vedere le cose in una prospettiva diversa, dove affronti i problemi in maniera diversa. Sono cresciuto in un ambiente fomentato dalla guerra ma all’interno di una famiglia sana, che mi ha trasmesso valori e principi, e in questo ho vissuto anche le emozioni di una cultura sportiva di grande di grande di livello, nonostante le difficoltà legate”.

E gli anni di Spalato sono stati quelli in cui Javorcic ha vestito i panni del gladiatore Massimo Decimo Meridio, districandosi tra asperità e quel buio esistenziale sempre pronto a inghiottire sogni ed aspettative.

“Di quegli anni ho il ricordo del terrore continuo, ma nello stesso momento la voglia della gente di reagire e di fare la vita normale. Si andava al campo per fare allenamenti pur sapendo che c’era la possibilità di essere inquadrati nel mirino dei cecchini, o frastornati dal suono delle sirene. Noi andavamo egualmente a fare allenamento e questo fa capire la dimensione di quella che è stata la passione, non solo mia, di fare una vita normale e di fare lo sport”.

La resistenza e resilienza di Javorcic (Massimo Decimo Meridio) è stata completata dalla fame di conoscenza che il futuro tecnico del Suedtirol ha approfondito così come avrebbe fatto il professor John Forbes Nash (il protagonista di A Beatiful Mind, ndr) passando prima dalle letture di Catone e Seneca, esponenti dello Stoicismo, la scuola filosofica fondata da Zenone.

“Mi piace studiare e leggere gli scritti dei filosofi dell’antica Grecia ed in particolare quelli degli Stoici. Mi piace questa filosofia così come mi piace anche Dostoevskij. Del grande scrittore russo ho letto un pò tutto, perché mi piace la sua ricerca della natura umana, la sua profondità, quello scavare per cercare di vedere ancora meglio le cose. Per me questi autori sono stati sempre dei punti di riferimento. Ultimamente cerco di leggere molte autobiografie, personaggi di un certo livello, di leader, dai quali si possono sempre trarre spunti da mutuare nel mondo del calcio, sia dal punto di vista metodologico e tecnico che anche per quello che riguarda la gestione delle persone e della leadership. Il sistema calcio è complesso per cui bisogna sempre continuare a studiare e formarsi”.

Già il calcio! E come lo è stato per Massimo Decimo Meridio che anche per il professor Nash, la figura femminile è stato il centro di gravità nella vita. Così come lo è anche per Ivan Javorcic.

“Chi gestisce lo spogliatoio a casa Javorcic? Risposta scontata: mia moglie Dragana è sempre stato un grande riferimento per me, siamo da più di vent'anni insieme costruendo una famiglia forte ed unita, completata dalle nostre figlie Alessia e Livia le quali, pur essendo nate la prima a Brescia e l’altra a Varese, mantengono delle radici profonde croate, che sia Dragana che io abbiamo trasmesso. La famiglia è un valore fondamentale, nella quale la formazione è una costante. Penso che una persona debba avere questa umiltà, la curiosità e la volontà di migliorarsi, di essere aperti alle cose nuove, alle varie idee ed alle varie opinioni. Deve sapere ascoltare le persone che lo circondano. Questa è la chiave per ogni buon rapporto…bisogna essere elastici nel pensiero, fluidi muoversi e sapersi adattare alle varie situazioni”.

Sapere ascoltare e trasmettere positività (le basi del pensiero dello Stoicismo) sono concetti che Ivan Javorcic da Spalato ha introdotto a piene mani nello spogliatoio di Maso Ronco, coinvolgendo e affascinando totalmente il gruppo biancorosso. Un team capace di emozionarsi ed abbracciarsi anche durante il torello di riscaldamento del pre-partita.

“Partiamo dal presupposto che quando sono arrivato al Suedtirol ho trovato già una base molto solida, un gruppo sano e di qualità, che ho semplicemente cercato di stimolare e incuriosire. Ho voluto fargli capire che nelle relazioni nel quotidiano era possibile migliorarsi ancora, che questo flusso di energia positiva conta parecchio, sia per il loro stato d'animo che anche per i messaggi che sarebbe stato capace di trasmettere all'esterno, quindi agli avversari. Ci siamo messi a curare quei dettagli che nascono dai piccoli gesti, coinvolgendo sia chi gioca ed anche chi non gioca. Questo genera una forza che fino ad oggi ci ha permesso di mostraci resilienti a tutto quello che ci aspettava, a tutto quello che abbiamo vissuto. Energia che migliora la qualità dei pensieri e delle emozioni”.

Emozioni che vengono trasmesse anche dai tifosi sugli spalti. E per uno studioso lottatore come Ivan Javorcic da Spalato non è stato certamente facile assorbire l’escussione termica del tifo, passato dalla straripante partecipazione di piazze come quelle di Crotone e Busto Arsizio, a quella più tiepida altoatesina.

“Qua la temperatura è più fredda! Io sono un uomo di mare e quindi sono abitato ad un certo tipo di mentalità, ma devo dire che a Bolzano ho trovato una cultura ed una mentalità che rispetto. Il tifoso del Suedtirol è appassionato e vuole bene alla squadra, per cui il modo di espressione può essere diverso ma la sostanza non cambia. Noi dobbiamo essere bravi a incuriosire le persone, fare capire che si sta facendo qualcosa di importante per invogliarli a venire a vedere questa squadra che merita veramente di essere seguita”.

La luce dell’espressione di Ivan Javorcic si attenua quando il tecnico di Spalato rilegge la quotidianità con le esperienze del passato.

“La guerra in Ucraina? Dimostra che in questi anni non è cambiato nulla, è follia, una sconfitta dell’umanità. Sono fatti che mi toccano nel profondo e sono molto triste. La guerra è una sconfitta dove a pagare sono sempre le persone”.













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