Alto Adige, 200 bimbi immunodepressi 

Ordine medici. La presidente invita alla vaccinazione: abbiamo il dovere di garantire a tutti il diritto di andare a scuola


di Valeria Frangipane


BOLZANO. Sono 200 i bambini immunodepressi che vivono in Alto Adige. Bambini con le difese immunitarie azzerate da infezioni, trapianti, malattie croniche o trattamenti antitumorali (chemioterapia) ecc. Bambini che non si possono vaccinare e che rischiano di ammalarsi se i compagni di asilo o di scuola non lo fanno. «Dobbiamo proteggerli una volta di più!». Si alza forte l’appello di Monica Oberrauch, presidente dell’Ordine dei medici e di Emanuela Pedevilla, referente per l’area pediatrica nel consiglio dell’Ordine e rappresentante provinciale della rete vaccini Fimp, dopo il caso del bimbo di 3 anni della val Pusteria, malato di leucemia, che non frequenterà l'asilo del suo paese perché alcuni compagni non sono vaccinati. Il piccolo è stato in cura dalla nascita e ora sta meglio, ma il suo sistema immunitario è molto debole. A causa della presenza in classe di alcuni bimbi non vaccinati i genitori hanno deciso di revocare l'iscrizione all'asilo, dopo essersi consultati con l'oncologa dell'ospedale di Brunico. «Non siamo qui ad accusare nessuno ma i genitori che non fanno vaccinare i figli, dovrebbero sapere che il loro comportamento impedisce al nostro di andare all’asilo». Oberrauch non ha dubbi: «Le vaccinazioni sono importanti per tutelare la salute dei bambini ed i genitori che non lo capiscono e si sottraggono all’obbligo, tolgono in questo caso ad un altro bambino il diritto di andare all’asilo». Lei trova corretta la scelta di tenerlo a casa? «Certo, i gentiori non rischiano di metterne a repentaglio la vita. Ma ripeto a questo bambino viene negato il diritto di andare a scuola ed in Alto Adige - come dice l’Asl - i piccoli immunodepressi sono 200». Come dire che altri bimbi saranno costretti a rimanere a casa. «Credo che occorra lavorare ancora molto con i genitori “No Vax” e non finire mai di ripetere che non vaccinare i propri figli significa esporli a patologie».

Emanuela Pedevilla ricorda una volta di più ai genitori che i vaccini sono preparati farmacologici sviluppati per prevenire le più importanti e gravi malattie infettive causate da virus e batteri. «Il loro funzionamento attiva il sistema immunitario che impara a riconoscere prima un agente patogeno in modo da poterlo combattere in modo efficace qualora questo agente entrasse nell’organismo. Se in una comunità la percentuale di vaccinati supera la soglia consigliata (del 95%), l’agente patogeno non trova più ospiti per diffondersi (parliamo della cosiddetta “immunità di gregge”) e la malattia non si sviluppa. Se la soglia invece scende sotto il livello di rischio la malattia si sviluppa, eccome! Vogliamo ricordare che attualmente grazie al progresso in ambito medico-scientifico sopravvivono molti più bambini - ad esempio dopo un trapianto d’organo, o affetti da cancro o altre gravi malattie - ma tutti questi bambini che sono immunodepressi non possono essere vaccinati e per loro le complicanze infettive sono una delle principali cause di mortalità. E questi piccoli hanno il diritto di non ammalarsi di morbillo, varicella, pertosse, epatite e tutti noi abbiamo il dovere di impedirlo. E per questo che mi appello una volta di più alla coscienza dei genitori per spiegare loro che chi vive a contatto con un piccolo immunodepresso (genitori, parenti, compagni di scuola, professori) devo essere in regola con i vaccini, per non farlo ammalare. Noi medici riteniamo inoltre che tutti coloro che fanno parte della società civile e che quindi utilizzano per sé e per i propri cari tutto ciò che essa offre (asili, scuole, ospedali ecc.) debbano però assumersi anche dei doveri e comprendere che, vaccinare, significa proteggere sé stessi ma anche l’intera comunità. Soprattutto la parte più debole di essa». É anche una questione di civiltà.













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