l'inchiesta

Gli alpeggi d’oro e il lupo guastafeste

Ecco perché il Bauernbund si rifiuta di adottare le misure di prevenzione e quanti soldi ci sono in gioco


di Mauro Fattor


BOLZANO. Giovedì 12 ottobre è stato convocato il tavolo tecnico della Provincia sui grandi predatori per fare il punto sulla situazione lupo e orso. Le posizioni in campo sono note: da una parte il Bauernbund che si rifiuta categoricamente di adottare le misure di prevenzione e di mitigazione del danno già oggi disponibili, dall’altra gli uffici tecnici provinciali, Ufficio Caccia e Pesca in testa, che tentano di riportare tutti coi piedi per terra.

Inutilmente, perchè fino a quando politicamente non morirà la chimera della “provincia libera da orsi e lupi”, sarà difficile fare passi avanti. Ma tant’è. Vale la pena però di soffermarsi sul muro alzato dal Bauernbund e certificato dall’assessore Schuler, che ha dovuto ammettere che nessuno contadino sudtirolese fino a questo momento ha fatto domanda per avere le recinzioni elettrificate finanziate già oggi al 70% dall’ente pubblico.

Ma perchè? Che senso ha una posizione così palesemente “suicida” rispetto all’ escalation dei danni denunciata dallo stesso Bauernbund? La risposta ufficiale dell’Associazione dei contadini è arrivata nei giorni scorsi per bocca del direttore Siegfried Rinner ed è così riassumibile: il 70% è troppo poco perchè la quota non copre i costi residui, inoltre i contadini non hanno tempo di montare recinzioni e un’ adozione preventiva e generalizzata delle misure di prevenzione non è economicamente sostenibile.

Dunque meglio non fare nulla. «A meno che non sia l’ ente pubblico a mettere a disposizione il cento per cento delle risorse e del personale necessario», conclude Rinner. Bene, questo è il punto. Perchè la Provincia non potrà mai finanziare con ulteriori fondi quello che è già abbondantemente finanziato sia dal Psr, il Piano di sviluppo rurale, che dai premi per gli alpeggi. Il primo è un piano quinquennale che gode di fondi Ue, il secondo un incentivo provinciale che ammonta a 25 euro per ettaro monticato. Lasciamolo perdere visto che andrà a spegnersi - senza dimenticare che ancora per quest’anno verrà erogato - e concentriamo invece l’attenzione sul primo. Sono finanziamenti imponenti.

Il piano partito nel 2015 si esaurirà nel 2019 e sul piatto ci sono 366 milioni di euro. Grazie a questo piano scalare progressivo, il contributo per ettaro nel 2019, e quindi a regime arriverà a 130 euro per ettaro - oggi, 2017, è arrivato a 102 euro per i piccoli proprietari e a 78 per le interessenze e le proprietà collettive - a cui si aggiuge un ulteriore 50% per il cosiddetto “greening”, cioè il mantenimento dello status quo dell’ alpeggio. A conti fatti la media del finanziamento nel quinquennio sarà dunque di oltre 100 euro per ettaro per tutti, grandi e piccoli agricoltori.

Un riconoscimento importante se si pensa che fino al 2015 il sistema era fermo ai 25 euro per ettaro dei premi provinciali per l’alpeggio. Tradotto in soldoni significa che oggi un alpeggio di 1000 ettari con venti agricoltori aventi diritto al pascolo incassa oltre 100 mila euro di contributi europei all’anno. A fronte di che cosa? A fronte dell’impegno a monticare la malga, cioè portare gli animali al pascolo estivo e mantenere lo stato dei luoghi. Importante: questi soldi vengono erogati senza alcun obbligo di rendicontazione, cioè io agricoltore non devo dimostrare a nessuno che quei soldi li utilizzo effettivamente per la conduzione della malga e dell’alpeggio. Sono affari miei, posso anche legittimamente usarli per comprarmi la “Golf” nuova. La domanda a questo punto è automatica: ma quanti di questi soldi devo effettivamente investire per adempiere ai miei obblighi? Se ho delle pecore la risposta è piuttosto semplice: pochissimi.

La prassi degli ultimi vent’anni ha visto infatti prevalere un modello di pascolo brado o semi-brado senza guardiania. Che suona molto bene ma che in pratica significa che le pecore vengono portare all’alpeggio a Pentecoste e riportate a valle a fine settembre. Per il resto si arrangiano. Ogni due o tre giorni qualcuno a rotazione va su a dare un’ occhiata e morta lì. Non c’è da mungere perchè le pecore in alpeggio sono quasi tutti animali giovani o in asciutta, non ho costi di foraggio, non c’è stabulazione notturna, non devo pagare alcun pastore. In più la Provincia mi copre il 50% delle spese assicurative per i capi perduti o vittime di incidenti e il 100% del valore dei capi oggetto di predazione da parte di lupo e orso e, chiusura del cerchio, a fine stagione porto pure i capi al macello.

Tornando alla nostra ipotetica malga da 1000 ettari, significa che ognuno dei 20 aventi diritto al momento attuale incassa più o meno 5000 euro puliti senza fare quasi nulla. Questo è il punto e questo oggi è il problema del Bauernbund. La presenza del lupo costringerebbe gli agricoltori a investire parte di quei quattrini nelle misure di prevenzione, nella guardiania e nei cani, e i 5000 euro “facili” sparirebbero. Perchè se i soldi del Psr servono per la conduzione della malga, e la malga con il lupo oggi ha bisogno di avere un pastore fisso e i cani abbandonando il pascolo brado, è ovviamente lì che devo attingere i fondi, perchè l’Europa li eroga proprio per questo.

Il direttore del Bauernbund, Rinner, poi ha un ulteriore problema: visto che non è verosimile che il lupo arrivi in tutte le malghe, si verrebbe a creare una situazione di squilibrio interna all’ associazione, per cui alcuni agricoltori continuerebbero a incassare soldi facili (dove il lupo non c’è) e altri invece no (dove il lupo c’è). Da ciò la richiesta di Rinner di scaricare interamente le spese materiali e di personale legati alla presenza dei predatori su un nuovo capitolo di finanziamento pubblico diverso dal Psr e costruito ad hoc. Richiesta fantascientifica per qualsiasi altra categoria che goda di finanziamenti pubblici, costretta a rendicontare euro dopo euro l’utilizzo dei fondi erogati, ma che nel mondo agricolo sudtirolese - che di fatto è un sistema costruito sull’ ottimizzazione dei contributi pubblici - suona ai più quasi come un atto dovuto.













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