L'INTERVISTA federico giudiceandrea 

«L’Alto Adige ora rischia: siamo troppo chiusi» 

Il presidente di Assoimprenditori. Le preoccupazioni per il futuro dopo l’ultimo Rapporto sul Mercato del lavoro: «Su 5 mila nuovi  assunti nel 2019, solo mille i locali. Senza le persone non si cresce»


Antonella Mattioli


Bolzano. «La decrescita felice è una pia illusione. La verità è che in Alto Adige abbiamo sempre più difficoltà a trovare personale e questo rischia di frenare la nostra economia. Con conseguenze per l’intera società. Per questo dico che dobbiamo aprirci e favorire l’arrivo di lavoratori da ogni parte del mondo. È un grave errore chiudersi». Federico Giudiceandrea - presidente di Assoimprenditori nonché fondatore e Ceo di Microtec, l’azienda brissinese leader mondiale nel settore degli scanner per l’industria del legno - è un ingegnere abituato a dire le cose in maniera schietta. Anche se sa che a più d’uno in Alto Adige certi discorsi danno fastidio.

Presidente, il suo appello ad una maggiore apertura da parte della società altoatesina, arriva all’indomani dell’ultimo Rapporto sul mercato del lavoro in Alto Adige.

Le cifre - come sempre - dicono più di tante parole: nel 2019 gli occupati sono cresciuti rispetto all’anno precedente di circa il 2,4%, pari a 5.000 unità. Di questi solo lo 0,7%, ovvero 1.100 lavoratori, sono locali. Gli altri 4 mila arrivano da fuori provincia. Se continuiamo a crescere così, si calcola che da qui al 2035, ovvero nell’arco di 15 anni, ci serviranno fino a 60 mila lavoratori.

Che non si trovano.

Che è sempre più difficile trovare. E il problema non riguarda solo l’industria. Vale per tutti i settori. A partire dalla sanità: non si trovano né medici né infermieri. Per arrivare al settore del turismo. Anche quello è in affanno perché gli operatori hanno difficoltà a reperire personale.

E se - come dice qualcuno - rallentassimo un po’ tutti e ci accontentassimo di meno. Cosa succederebbe?

Si deve lavorare per produrre in modo sempre più ecosostenibile e riducendo il consumo di materie prime, ma non si può fermare la crescita. Per stare al passo con gli altri, abbiamo bisogno di lavoratori in tutti i settori. Ci servono tecnici, ci servono laureati che facciano ricerca. Oggi la lotta tra aziende, oltre che per conquistare nuovi mercati, si fa per accaparrarsi i lavoratori.

Anche lei ha difficoltà a trovare dipendenti?

Purtroppo sì. E le conseguenze le sto già vedendo.

Ovvero?

Faccio fatica a soddisfare tutte le commesse. Questo ha favorito lo sbarco sul mercato europeo di un concorrente americano e mi ha fatto perdere un po’ di quote di mercato. Come vede il mondo non si ferma.

Gli altri come fanno?

Le parlo di Paesi che conosco bene come l’Irlanda, la Danimarca, l’Olanda dove fanno vere e proprie campagne promozionali per attirare lavoratori anche dall’estero.

E perché non le fate anche voi come aziende?

Lo facciamo anche noi: andiamo ad esempio a Vienna e a Monaco. Presentiamo le potenzialità delle nostre aziende e quelle del territorio in cui operiamo. Questo nella speranza che qualcuno scelga di venire a lavorare da noi. Probabilmente, dovremmo farlo in maniera più strutturata, per avere maggiori risultati.

Se dei 5 mila lavoratori assunti nel 2019, 4 mila arrivano da fuori provincia, vuol dire che la vostra campagna sta comunque avendo un certo successo.

Il problema è che chi viene a lavorare qui si trova a fare i conti innanzitutto con la difficoltà di trovare casa.

Perché gli affitti hanno costi stellari.

Ormai non è neppure un problema di costi, la situazione è più preoccupante: gli appartamenti in affitto non si trovano proprio. Poi c’è il problema della scuola.

In che senso?

Lei pensi ai figli di chi arriva dall’estero e magari si ferma in Alto Adige solo alcuni anni. Bisognerebbe creare una English School. In modo che possano continuare il loro ciclo di studi.

Il personale della Microtec da dove arriva?

Da tutto il mondo: lavorano, si integrano, pagano le tasse. Del resto è giusto che anche chi arriva dall’Africa, come da altri continenti, abbia la possibilità di beneficiare del nostro benessere, contribuendo a farlo crescere.

E come si trova chi arriva in Alto Adige dall’estero?

In genere bene. Semmai le critiche riguardano il fatto che quella altoatesina è una società piuttosto chiusa. Dobbiamo aprirci. Mi rendo conto che certi discorsi sono difficili da accettare, ma non possiamo pensare di rimanere chiusi nella nostra piccola realtà. Del resto, in Alto Adige, già vivono due gruppi etnici; si parlano due lingue.

E questo cosa significa, scusi?

Che per una realtà come la nostra dovrebbe essere più facile accettare l’arrivo di persone da altri mondi. E invece non è sempre così.

Ha ricevuto critiche per le sue posizioni?

Ovviamente sì. Da più parti, in particolare dai contadini ma non solo.

Che le dicono?

Che stanno benissimo così e non vogliono crescere. Quindi, secondo questa visione, non ci sarebbe bisogno di far arrivare lavoratori da fuori provincia. S’illudono. Lo ripeto: non è possibile fermarsi, se non al prezzo di rinunciare al benessere che abbiamo conquistato in tutti questi anni. Non credo che ci sia qualcuno disposto a farlo.













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