Caldaro, anche con la tassa i matrimoni aumentano 

Le unioni civili in Comune hanno avuto un’impennata: si paga fino a 250 euro La sindaca: «Tra gli stranieri siamo di moda. I locali? Preferiscono la chiesa»


di Massimiliano Bona


CALDARO. Due anni fa il Comune di Caldaro - complice un paesaggio e un panorama da sogno, tra vigneti e lago - è stato costretto (tra i primi in provincia) a prevedere una «tassa» per chi si sposa in municipio. Troppe, complessivamente, le richieste da soddisfare e ingenti le spese. «Alla sposa - spiega la sindaca Getrud Benin - regaliamo un mazzo di fiori e alla coppia e agli invitati diamo comunque qualcosa da bere».

Con l’obolo da versare - che arriva a 250 euro - c’era la convinzione che il numero di unioni precipitasse. In realtà è persino leggermente aumentato. «Siamo particolarmente gettonati tra gli stranieri, specie tra i tedeschi, che tornano qui perché spesso facevano le vacanze in Oltradige da piccoli. Ma ci sono anche molti bolzanini che poi festeggiano al lago e dintorni. Ci fa piacere che ciò accada e siamo orgogliosi di questa scelta ma dovevamo prevedere una sorta di rimborso spese». Certo, non si può parlare ancora di «business» come al lago di Garda - dove per un rito civile si pagano anche 2 mila euro - ma Caldaro in prospettiva potrebbe diventare effettivamente una calamita per locali e non. La sindaca, che indossa sempre il tricolore quando è chiamata a pronunciare le frasi di rito, ha una sua teoria: «Dal mio punto di vista tra i locali prevalgono ancora leggermente i matrimoni in chiesa mentre tra gli altri si registra una preferenza per le unioni civili». Già, ma come sono state differenziate le tariffe? Ebbene, chi si sposa negli orari d'ufficio paga 50 euro se è residente e 200 euro se non è residente, chi sceglie invece orari diversi deve mettere in conto un conto più salato: 100 euro da residente e 250 se non è residente. Un tempo, dunque, era il prete, in chiesa, a chiedere un'offerta ai genitori della sposa o dello sposo per celebrare il matrimonio. Ufficialmente non era obbligatoria, ma tutti la pagavano, soprattutto per non fare brutta figura. I sacerdoti erano soddisfatti per aver rimpinguato le casse della Parrocchia e gli sposi felici di poter contare su un celebrante pieno di entusiasmo. Oggi la situazione è cambiata al punto che a battere cassa sono anche i Comuni. Nel 2017 sono state celebrate anche le prime unioni civili tra persone appartenenti allo stesso sesso: nel 2017 sono state complessivamente 3. E il business, quindi, è destinato a crescere ancora.













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