La storia

«La mia vita dopo l’ictus è ripartita anche grazie all’arte» 

Monika Cimadon, con un braccio fuori uso, con l'altro si è messa a disegnare. Nella sua «personale» alla biblioteca Endidae - dove lavorava -  disegni dai tratti delicati, precisi e incisivi. Di sicuro ha un grande talento. «Mai fumato o bevuto. Il messaggio? Reagire sempre in modo energico»


Jimmy Milanese


EGNA. C'è un prima e un dopo, nella vita di Monika Cimadon. Prima di quel giorno quando, la donna oggi 47enne già collaboratrice della biblioteca Endidae di Egna, venne colpita da un ictus. Dopo quel giorno quando, grazie alla sua forza di volontà e all'aiuto di familiari e amici, Monika è ritornata a vivere e, impossibilitata ad usare un braccio, con l'altro si è messa a disegnare. Sua la mostra personale presso la biblioteca di Egna: disegni dai tratti delicati, precisi, incisivi. Come incisiva è stata la sua forza di volontà, fino alla voglia di rispondere ad alcune nostre domande, grazie all'aiuto del fratello.

Nella sua vita c'è un prima e un dopo. Ci racconta quel “prima”?

Ho 47 anni, sempre vissuti a Egna dove ho amici e parenti, dove ho frequentato le scuole dell'obbligo e dove mi sono formata una famiglia. Da piccola sono cresciuta con i miei genitori e mio fratello, ho frequentato le scuole professionali a Bolzano trovando subito lavoro presso un commercialista locale dove sono rimasta fino a quando ho ottenuto il posto alla biblioteca di Egna. A vent'anni mi sono sposata e presto ho avuto i miei figli. Il lavoro da impiegata, la casa e la famiglia sono sempre state le mie occupazioni principali, senza tuttavia rinunciare a viaggiare. Ho sempre avuto un occhio di riguardo per la salute, credendo fossero la base per stare bene, anche se nel mio caso ,purtroppo, non è andata così.

Cosa ricorda di quel momento in cui è iniziato il “dopo”?

Fortunatamente non ricordo nulla. Non ricordo di aver avvertito sintomi precedenti e sinceramente non me lo sono neanche mai chiesto. Come detto, non ho mai fumato, mai bevuto. Ho sempre condotto una vita abbastanza sana. Ero a casa mia e stavo sbrigando delle faccende domestiche. La mia fortuna, mi è stato detto poi, è stata che quel giorno mio marito era a casa. Lui ha immediatamente dato l'allarme e in l'elicottero sono stata trasportata in ospedale. Se fossi stata sola, molto probabilmente non sarei qui a raccontare questa vicenda.

Come si gestiscono quei momenti in cui tutto cambia?

Nei primi mesi non sono stata in grado di gestire quasi nulla. Sono rimasta in ospedale per sei mesi, mio marito si è occupato della famiglia assieme a una serie infinita di persone che ringrazierò per sempre. Poi, interminabili sedute di fisioterapia per cercare di riabilitare il più possibile la metà del corpo danneggiata. Grazie anche all'incessante incoraggiamento del personale sanitario, mi sono convinta che dovevo sforzarmi ad imparare quasi tutto da zero.

Come è andata la riabilitazione?

Importante è stato ritornare a camminare, anche se ancora oggi la mia deambulazione è decisamente ridotta, mentre è stato molto crudele constatare che il mio braccio destro non poteva più essere usato. Le sedute di logopedia mi hanno aiutato a formulare qualche parola, avendo perso anche la possibilità di parlare come una volta. Non nego che è stata dura, a volte durissima, ma quello che potevo fare era solo cercare di migliorare il più possibile, costantemente.

Ci spiega come è cambiata la sua vita, anche dal punto di vista familiare?

Non è stato facile, anzi, direi che è stato difficile, non solo per me ma anche e soprattutto per i miei familiari. Avere due figli adolescenti, un marito, i genitori e mio fratello che hanno vissuto questi momenti è stato devastante a livello emotivo, soprattutto per loro. Diciamo che, non potendo tornare indietro, è necessario guardare avanti e cercare di riadattare la propria vita alla nuova situazione. Ho svoltato pagina. A questo punto della mia vita ho iniziato per forza di cose ad utilizzare esclusivamente il braccio e la mano sinistra. Grazie ai numerosi esercizi specifici di fisioterapia, e con una grande forza di volontà di cui ora, ripensandoci, vado orgogliosa, con il tempo ho ricominciato a fare piccoli lavori domestici, a scrivere qualche parola e a gestire in modo tutto nuovo le mie attività quotidiane e quelle della mia famiglia. La vita che conducevo prima è stata ovviamente stravolta e tra le tante cose che facevo normalmente, quelle che mi mancano maggiormente sono il poter dialogare con la gente, leggere libri o, semplicemente, andare in bicicletta.

Lei ama disegnare, ci racconta la sua passione prima e dopo quel giorno?

Fin da piccola sono sempre stata abbastanza brava nel disegno, avendo ereditato il dono da mio papà, non essendo però mai stata più di tanto interessata alla cosa. Infatti, non ricordo di aver custodito miei disegni. Diciamo che quando mi è successo tutto questo, all'inizio, più che una passione, il disegno mi è stato molto d'aiuto per imparare ad utilizzare la mano sinistra. Da quel momento posso dire con certezza e soddisfazione che disegnare mi appassionava decisamente di più degli esercizi per riprovare a imparare nuovamente a scrivere. Iniziando con piccoli disegni, vedendo che venivano bene e che mi piaceva, ho continuato.

Quindi, l'idea della mostra nella sua biblioteca.

Un giorno, considerando che custodivo i disegni solo per me stessa, assieme ai miei familiari è uscita l'idea di verificare se ci fosse stata la possibilità di farli vedere anche agli altri e, coinvolgendo i miei ex colleghi di lavoro della biblioteca Endidae, è nata l'intenzione di allestire questa mostra. È stato tutto casuale e inaspettato, ma mi sta dando una soddisfazione immensa per la montagna di messaggi di stima e affetto che ricevo quotidianamente.

“Non mollare mai” sembra un po' il suo motto, giusto?

Certo che non bisogna mai mollare. Anche se la vita ti riserva delle situazioni drammatiche, ho capito sulla mia pelle e su quella della mia famiglia che bisogna sempre pensare in modo positivo, andare avanti cercando di migliorare il migliorabile. Se c'è una minima possibilità, bisogna sempre dare il proprio massimo per provare a vincere la battaglia: a volte va bene, a volte meno, ma almeno si è provato con tutte le proprie forze . Devo però dire che da sola sarebbe stato tutto tremendamente più difficile, se non impossibile.

Che messaggio vuole lanciare?

Un messaggio di speranza a chi si trova a dover fronteggiare queste drammatiche situazioni. Bisogna reagire sempre, in modo energico. Impegnatevi al massimo delle possibilità perché, nonostante tutto, oltre all'affetto della famiglia e degli amici, qualche importante soddisfazione la vita la può sempre e comunque riservarla.













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