Ötzi, il “colosso” divide: opera d’arte o idea usurata? 

Il monumento a Bolzano sud. Lampis: «Bene che si riempiano così gli spazi industriali». Ragaglia: «Ma non c’è niente di davvero innovativo»


PAOLO CAMPOSTRINI


Bolzano. «L'arte tra i capannoni e le industrie? Bene. Se poi questo avviene sulla spinta di privati che mettono le opere a disposizione del pubblico, ancora meglio». Antonio Lampis è a capo di tutti i musei italiani. Nel suo ufficio che da sull'isola Tiberina, in questi giorni fa i conti con le chiusure per l'emergenza, come quella alle Scuderie del Quirinale. Ma l'idea che nella “sua” Bolzano, la Zona si apra alle opere e non solo alla produzione, sembra saldare quell'idea che ritiene molto virtuosa di una innovazione che tiene insieme start up e artisti.

Ma il “colosso” di Bolzano, quelle 300 tonnellate di candido marmo che costituiranno la porta d'ingresso del capoluogo, divide. «È il destino dell'arte» chiosa Alessandro Casciaro. Il gallerista di via Cappuccini, tra l'altro, sente molto vicino l'autore di questa marmorea riproduzione di un ghiacciaio con dentro il logo di Ötzi: Aron Demetz, lo scultore gardenese ormai al centro delle più prestigiose biennali d'arte, è una delle presenze più continuative della “Casciaro”.

Entusiasti e scettici

Perché il colosso divide? Ad esempio perché piace poco a Letizia Ragaglia. La mai doma direttrice del Museion (ancora in carica fino a giugno 2020), parla infatti di “opera banale”. Anche se non esplicitamente di operazione. Perché questa, con Assoimprenditori impegnata in un finanziamento di collocazioni artistiche sulle rotonde della Zona per far crescere anche la presenza estetica di un luogo che vuol farsi sempre più urbano pur se comunque produttivo, la giudica interessante.

«Se i privati intervengono mettendosi a disposizione del pubblico fanno un'azione meritoria e vantaggio di tutta la città» dice. Ma l'opera in sé, no. Non la convince. «Vedo che sarà il biglietto da visita della città - continua la direttrice del museo d'arte contemporanea - e non so capacitarmi che l'immagine simbolo di una Bolzano che chiede di essere luogo di innovazione e di modernità resti ancora una volta la montagna. Con le Dolomiti e Ötzi. Che sono un buon marchio ma molto usurato, già visto sotto molteplici forme e per molteplici usi. Se l'arte deve intervenire per dire qualcosa di nuovo e di inedito, ecco, mi sarei aspettata uno sforzo immaginativo in più. Qualcosa in grado davvero di sorprenderci».

Poi va oltre, la direttrice del Museion: «La montagna ancora e sempre legata a Bolzano sarà una lodevole operazione di marketing turistico. Ma offrire , come immagine simbolo di una comunità urbana che prova ad essere culla di nuove prospettive e di togliersi dalle consuetudini montanare, una riproduzione di un ghiacciaio con l'uomo del Similaun, non dice nulla di più di quello che già sappiamo».

Critico anche l'urbanista Carlo Azzolini. Ma sul fronte della riqualificazione complessiva della Zona: «È come iniziare a rinnovare la propria casa comprando un quadro invece di impostare un progetto complessivo» spiega l'architetto. Che vorrebbe “meno forma e più sostanza” per un luogo ancora sospeso tra tradizione e modernità, tra l'essere parte integrante della città e appendice urbana ancora priva di una precisa identità. «Se mi avessero chiesto da dove iniziare per dare una nuova immagine alla Zona, non avrei iniziato con delle sculture sulle rotonde».

Anche quella di Esther Stocker, per l'urbanista, è un'appendice decontestualizzata. Ma proprio la “palla” dell'artista di Silandro, posta sulla rotonda di via Volta, davanti al Noi, sarebbe invece il segno di una rinnovata energia creativa che sta prendendo forza in questo storico distretto industriale bolzanino.

«È un'opera bellissima - dice Robert Pan, uno dei più famosi artisti altoatesini - di una donna che sempre gioca tra i bianchi e i neri, privilegiando la purezza e la sorpresa che possono offrire questi colori primari. Privilegiare l'arte è un'operazione invece molto coraggiosa. Perché, mentre vai al lavoro e sei nel traffico, puoi pensare, chiederti cos'è quell'oggetto che appare all'improvviso».

E magari dividersi sul suo significato, Criticarla, anche. Ma in ogni modo riflettere. È stato evidentemente questo il disegno progettuale di Heinrich Gasser, il collezionista cui Assoimprenditori ha affidato l'idea nata al proprio interno, dell'arte in Zona. per rilanciare un luogo del lavoro e darle nuova spinta innovativa.

«Importante - aggiunge il gallerista Alessandro Casciaro -è che le proposte siano di qualità. E queste, a mio avviso, lo sono davvero».

Anche Lampis chiede tempo per capire e confrontarsi con le proposte “di strada” bolzanine: «C'è un esempio a Prato, altro distretto industriale - dice il direttore dei musei italiani - che come a Bolzano mette insieme forse dei privati e interesse del pubblico. Questa è una buona pratica».

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