A lezione di bengalese per non perdere l’identità

Festa grande ieri per l’intera comunità che in Alto Adige conta su 2 mila persone Aperta la «Bangla school»: ogni domenica pomeriggio è frequentata da 50 bimbi


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Sfilano da piazza Walther al Centro Trevi con le bandierine e una gerbera in mano. Una nota di colore e allegria in una giornata grigia. Sono i bambini delle famiglie originarie del Bangladesh che vivono in Alto Adige - si calcola che qui abitino e vivano dai 1500 ai 2 mila bengalesi impiegati in particolare nei settori alberghiero e del commercio - e ieri hanno festeggiato la Giornata internazionale della lingua madre con una serie di iniziative e una tavola rotonda con gli assessori provinciali Christian Tommasini e Philipp Achammer sul tema “Nuove minoranze in Alto Adige tra integrazione ed assimilazione: l’importanza della lingua madre come fattore di identità”.

Argomento questo di cui in Alto Adige si discute da anni con gli italiani, e ormai non solo loro, che premono per la creazione di una scuola mistilingue. Battaglia per ora persa, perché la Svp teme che questo causerebbe una perdita della propria identità.

Storia e contesti diversi quelli del popolo bengalese, ma la preoccupazione di chi oggi vive lontano dal proprio Paese è più o meno la stessa: ovvero mantenere i legami con la terra d’origine. Obiettivo questo che si raggiunge continuando ad usare la propria lingua e a trasmetterla ai bambini che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono nati in Italia. Mirza Latiful Haque, in Alto Adige ormai da tanti anni, presidente dell’associazione Bangladesh Bolzano, è uno che crede fortemente nell’importanza di avere delle radici.

«Per questo - spiega - in autunno abbiamo aperto la Bangla school».

In alcuni locali messi a disposizione dalla Caritas in via Roma la comunità bengalese coltiva lingua, usi e costumi della propria terra.

«Si fa lezione tutte le domeniche dalle 15 alle 17. L’iniziativa ha riscosso subito un buon successo: abbiamo una cinquantina di iscritti e cinque insegnanti. Nelle famiglie si parla bengalese, ma non basta in particolare per chi è nato qui. Per questo è fondamentale che i bambini vadano a scuola e ci siano insegnanti veri, ovvero con anni di esperienza alle spalle. La Bangla school ha l’obiettivo di creare un ponte tra chi vive qui e il nostro Paese, oltre che con le tre culture che abitano in questa terra».

Sui banchi di scuola s’impara la lingua, ma si conosce anche la storia del proprio Paese, gli usi, i costumi e le tradizioni. «Tutto questo è importante - spiega il presidente dell’associazione - perché un giorno qualcuno potrebbe decidere di tornare a casa, ma per farlo è fondamentale conoscere la lingua. Che fa la differenza tra chi è di passaggio e chi in quel determinato luogo affonda le radici».

Il prossimo anno, in occasione della Giornata internazionale della lingua madre, il presidente dell’associazione Bangladesh Bolzano pensa ad un’iniziativa che coinvolga anche i bambini delle scuole italiane, tedesche e ladine. Nessuno meglio di chi vive in questa terra può capire la necessità dei bengalesi di non perdere le proprie radici.













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