Personaggi

Addio a Bruno Pallua, il barista gentiluomo 

Lo storico titolare del Sylvi, il “caffè delle signore”. Aveva gestito il bar di Corso Libertà fino al 2009. Era ricoverato da tempo al Lungodegenti Firmian. Una carriera durata quasi 50 anni 


Davide Pasquali


BOLZANO. Lui papillon, camicia bianca sempre impeccabile e gilet. Le cameriere anche loro in camicia bianca e rigorosamente in gonna nera. Gentilezza estrema, mai una volta che sbagliassero a ricordarsi cosa ordinavi di solito, però mai invadenza, sempre il lei mai il tu. Un bar di classe... come non ce ne sono più. Era il Sylvi di corso Libertà, a metà strada fra il New Pub e il Fantasy. Lo ricordiamo quest’oggi perché la sua storica anima, Bruno Pallua, per tutti semplicemente il Bruno del Sylvi, se n’è andato nei giorni scorsi.

Sono stati mesi ben strani, gli ultimi. In poco tempo se ne sono andate diverse delle anime storiche di corso Libertà: il corniciaio, il titolare del bar Melograno, nei giorni scorsi il patron della più nota carto-libreria di Bolzano. Anime di un tempo che non c’è più. Ora se n’è andato anche il Bruno. Classe 1947, è morto a 73 anni, dopo un decennio trascorso in coma vigile al lungodegenti di Firmian, come racconta il figlio Manuel. Aveva gestito il Sylvi dal 1974 al 2009, dopodiché aveva ceduto ai cinesi, non prima di essersi impegnato perché il locale venisse condotto ancora in quel certo modo, di classe. Nel 2008 aveva vinto senza minimamente impegnarsi - era tipo modesto, la fama non gli interessava - il concorso del nostro giornale come barista dell’anno. Diceva che il suo era solo un lavoro, ma non era mica vero.

Come racconta il figlio, usciva di casa alle 5.30 del mattino tutti i santi giorni, per tornare alle 9 e mezza della sera. Alla famiglia dedicava la domenica. Avrebbe voluto aprire un piccolo bar, dopo aver venduto il Sylvi, da gestire da solo, senza le troppe spese del personale in tempi in cui un locale non rendeva più come nei decenni prima. Ma il destino, in questo caso davvero cinico e baro, ha voluto altrimenti. «Proprio l’estate dopo aver venduto - racconta il figlio - al primo giorno di vacanza a Ischia era stato colpito da un’emorragia cerebrale. Per lui vendere era stata una vera sofferenza». Dopodiché, il lungodegenti. Dove la moglie Christine lo ha accudito tutti i santi giorni, ogni pomeriggio, per oltre dieci anni, finché il Covid non li ha separati. È però riuscita, la moglie, almeno a dire addio al marito, nelle ultime ore di vita.

Bruno Pallua, mezzo secolo dietro al bancone, con puntate nei primi anni anche in locali di Jesolo, aveva cominciato a lavorare come barista sulle navi di linea e da crociera: Buenos Aires, Bahamas. Dopo tre anni di vagabondaggio marittimo, era tornato nella sua Bolzano, aveva aperto il bar in corso Libertà e aveva deciso di dedicarlo alla figlia Sylvi. Un bar che per decenni era noto in città come il bar delle signore. Non delle donne, delle signore. Che è tutta un’altra cosa.













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