Addio a Renzo Facincani, in negozio fino all’ultimo 

La scomparsa. L’ottica in via Torino è diventata nei decenni un punto di riferimento non soltanto per il quartiere. Il negoziante si è spento a 89 anni. Il ricordo del figlio Roberto



Bolzano. In negozio c’è andato fino all’ultimo. Arrivava alle 9 e 10 spaccate. «Buongiorno a tutti!» e poi lì, a guardare le sue cose fino a mezzogiorno. In via Torino, "da Facincani", come dice ancora mezza Bolzano quando pensa di andarsi a comprare un paio d'occhiali, ci è andato fino al 7 marzo. Poi Renzo, 89 anni portati benissimo fino all’ultimo, si è parlato col figlio Roberto, che ha preso in mano la questione da un po’ di anni e ha deciso di starsene a casa. Colpa del coronavirus che con certe età non scherza. «È stata una fatica ma alla fine ha accettato», dice commosso Roberto, sempre e ancora in negozio, nonostante una perdita che segna tutti, in famiglia. Altrimenti, non fosse stato per i rischi della pandemia, in negozio ci sarebbe arrivato come da più di 60 anni alle 9.10 spaccate. Ma è tutta via Torino ad aver perso un poco di sé, con la sua improvvisa scomparsa. «Se ne è andato per un brutto male in fretta. È iniziato un giorno ed è finito dopo non più di sette», rivela provato il figlio. C'è da crederci che all’intero quartiere ora manca un volto e una voce: Renzo Facincani, il fondatore, ci va su e giù, casa e bottega, dal 1955. E ha fatto di via Torino uno dei centri dell’ottica bolzanina. Intere generazioni a passare di lì a riparare lenti, a provare nuovi occhiali, a farsi provare la vista per capire di quante diottrie, a parlare d'altro e di tutto.

Proprio lì, in quelle case anni ’40 che circondano la strada, Renzo c’era arrivato bambino. Avrà avuto sei anni. A tre era invece giunto in Alto Adige, per la precisione a San Candido. Direttamente da Villafranca Veronese. Lui, il papà, la mamma e i fratelli. La ragione? La ricorda il figlio Roberto: «Mio nonno era un ferroviere. E un antifascista. Nonostante glielo avessero chiesto a lungo, non accettò di iscriversi al Pnf, il partito fascista. Così, di punto in bianco era arrivato il trasferimento. Via, a San Candido. Al confine». Il confino al confine d’Italia. Ecco la ragione del trasferimento. Poi, da quel paese su nelle valli, la discesa a Bolzano. I primi lavori, le amicizie e una passione in arrivo. Giunta probabilmente stando a bottega dall’ottica Calderari che allora, prima di trasferirisi in via Sernesi, se ne stava ancora proprio in via Torino. Calderari poi si trasferisce e che pensa Facincani? Naturalmente di mettersi in proprio. Così, è iniziata l’avventura. Una delle tante di coloro che hanno fatto Bolzano così com’è oggi e soprattutto che hanno costruito l’identità di un quartiere e di una gente, coi tanti arrivati dalle «vecchie province« o per voglia o per forza, tutti a trovar lavoro e a creare la ricchezza che oggi ci troviamo per le mani. E anche le competenze. Perchèé Renzo Facincani se le è costruite: non contento delle nozioni apprese in negozio, fin da quando aveva 17 anni, se ne va a specializzarsi e a prendersi un diploma a Firenze dove c'è la miglior scuola professionale d'ottica d'Italia. La farà poi anche il figlio Roberto, deciso a seguire le orme del papà anche nel percorso scolastico. Facincani senior prende per le mani una Bolzano che cambiava gli occhiali ogni morte di papa, che seguiva le mode a fatica, che preferiva riparare piuttosto che gettare via e la conduce attraverso gli anni del boom, della nuova ricchezza, dei piaceri delle cose che si possono cambiare, dei nuovi colori.

Generazioni di donne e uomini, ragazze e ragazzi, anziani con gli occhi stanchi e giovani alla ricerca delle migliori marche, entrano ed escono dal negozio di via Torino. Il quale supera i confini di riferimento del consumo di quartiere per diventare un riferimento urbano tra i più conosciuti. Si lasciava il centro per andare nei nuovi spazi, rinnovati negli anni Settanta, tra vetri, specchi e legni. E Renzo si è trovato a far concorrenza al suo vecchio maestro Calderari e ai suoi eredi, come oggi Stafano. Facincani aveva una passione quasi maniacale per il suo lavoro inteso ancora come artigianato. Anche quando giunsero strumenti sofisticati, nuove tecnologie, lui si dilettava a riparare gli occhiali e le lenti come fosse ancora a bottega.

Il senso di andare da Facincani era dunque ritrovare una passione antica e una manualità che a poco a poco sono andate perdute. Ma, in ogni caso, anche coi tempi nuovi lì, in via Torino, si respirava un’aria introvabile nelle grandi catene di ottica o nei centri commerciali. C’era lui, oltreché gli occhiali. Bastava una parola, un consiglio e subito l’occhiale giusto compariva. E, davanti allo specchio, ecco la conferma. «Va bene?» Sì, va bene signor Renzo.

P.CA.













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