Anoressia e amore negli «Anni secchi» di Helene Flöss



Anni secchi» è un racconto lungo che narra il calvario di una ragazza anoressica. È la prima traduzione italiana di un lavoro di Helene Flöss, prolifica scrittrice di origini brissinesi. Il libro, edito da Alpha Beta, sarà presentato questa oggi alle 20.30 al Teatro Cristallo di via Dalmazia a Bolzano. Sarà presente anche la traduttrice Carla Festi. Domani sera invece Helene Flöss sarà a Bressanone, al liceo pedagogico «Joseph Gasser» (alle ore 20). L'ingresso ad entrambe le serate è gratuito.  All'incontro di Bolzano parteciperà anche Raffaela Vanzetta, psicoterapeuta e collaboratrice dell'Infes, centro per disturbi del comportamento alimentare di Bolzano. «Anni secchi» è la storia di Dali. La ragazza, a quindici anni, si ammala di anoressia. Sono gli anni Settanta. Le persone a lei vicine, così come i medici, non riescono a capirla e ad aiutarla. Giorni a contare le calorie dei cibi e ad estraniarsi dagli amici, dal fidanzato, dalla famiglia. Ma anche giorni dove, nonostante la «mancanza di tutto» (come l'autrice definisce la condizione a cui induce l'anoressia), la gioia e la speranza riescono a ritagliarsi spazio grazie all'amore, agli ideali, alle canzoni di Bob Dylan, Leonhard Cohen, Lucio Battisti e Janis Joplin. Fino alla guarigione.  Helene Flöss, nata a Bressanone, vive in Austria dal 1991. Molte le sue pubblicazioni, fra le quali ricordiamo «Briefschaften» (1994), «Schnittbögen» (2000), «Löwen im Holz» (2003), «Brüchige Ufer» (2005) e «Der Hungermaler» (2007), tutte pubblicate dalla Haymon Verlag.  Quando ha deciso di scrivere «Anni secchi»?  Tredici anni fa, spinta da un motivo molto concreto: la figlia di un amico, anch'egli scrittore, si ammalò di anoressia. Rividi nel loro rapporto padre-figlia molte analogie con quello che avevo avuto io con il mio, di «babbo». Volevo aiutarli. Pensai a una lettera, ma non me la sentivo. Allora ne parlai con il mio editore, Michael Forcher (Haymon Verlag, ndr) e nel giro di pochi mesi il libro andò in stampa. Il racconto è autobiografico: a quindici anni mi ammalai anch'io di anoressia. Era il 1969, e nessuno conosceva approfonditamente questa malattia.  La storia di Dali è legata indissolubilmente a quella del suo ragazzo David...  Una persona molto importante, che ama veramente Dali, ma che non può né capirla, né aiutarla. Ho giocato con i loro nomi, così come con quello di loro figlio Daniel (la sillaba iniziale uguale), che muore tre giorni dopo la nascita. Spesso mi diverto a giocare con la lingua, così come con i numeri: i sette anni di malattia di Dali, ad esempio, nella mia esperienza reale sono stati dieci. Ma il «7» è un numero sacro, cui sono molto legata.  La prosa del libro sembra voler togliere, anziché aggiungere...  Durante la stesura non ho pensato molto allo stile: ci dovevano essere le parole giuste, che definissero «la mancanza di tutto» cui l'anoressia induce. Il racconto di «Anni secchi» è nato e cresciuto in questo modo.  Sta scrivendo, in questo periodo?  In questo periodo in realtà non sto scrivendo molto, perché tre volte a settimana lavoro in una casa di riposo con gli anziani. Sto completando un libro già commissionato che devo portare a termine. Appena ho un minuto libero leggo, soprattutto i classici della letteratura austriaca dell'Ottocento e Novecento, fra i quali Joseph Roth. Tra i contemporanei italiani invece apprezzo in particolare l'italiana Michela Murgia.

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