«Anziani lasciati soli», accuse ai medici di base 

I sindacati dei pensionati: «Non garantiscono l’assistenza nei week-end, per questo il Pronto soccorso scoppia». Chiesto anche l’albo delle badanti 



BOLZANO. Stare male di venerdì e trovarsi gli uffici del tuo medico chiusi a doppia mandata e allora gettarsi nei gironi del pronto soccorso ospedaliero e sperare che il codice verde che ti hanno staccato e messo in mano sia un pass sufficiente per non vedere tutto l'universo passarti davanti; oppure essere soli o sole al mondo e constatare che casa tua è troppo grande per viverci ancora come prima e dover contare solo sul buon cuore dell'Ipes per non finire altrove. E la badante? Sì, perché ormai sono 60mila le famiglie fatte di una sola persona (il 34%) e l'assegno di cura non serve se non ci sono familiari ad assisterti e una badante non c'è, oppure parla un'altra lingua e non sa capirti.

Insomma, invecchiare è un destino ma quando in Alto Adige ci sono 100mila anziani e nel 2030 gli over 65 saranno 140mila (cioè oggi ci sono 121,5 anziani rispetto a 100 bambini) allora il problema non è solo esistenziale ma politico. E politica diventa una richiesta collettiva di non vedersi privare di una dignità possibile. Tanto collettiva che tutti i sindacati (i tre confederali più quello tedesco) hanno portato ieri un attacco in profondità ad un sistema di assistenza sociale che lascia larghi vuoti.

Eccone qualcuno: 1) c'è un buco di tre giorni nell'assistenza sanitaria: dal venerdì, quando i medici di base iniziano a fare i fatti loro, al lunedì; 2) non funziona la rete stessa dei medici di base: nessuno si coordina, i protocolli vengono ignorati, («e qualche medico non fa il suo dovere» ha sibilato Stefan Vieider della Asgb), i professionisti non si consorziano per evitare i vuoti nel servizio, ognuno ragiona per il proprio "particulare"; 3) il pronto soccorso viene usato per necessità oggettiva da anziani che si trovano a vivere, da categoria debole, una situazione ospedaliera insopportabile tra file interminabili e convivenza forzate con realtà degradate; 4) sono insufficienti gli alloggi Ipes, visto che le famiglie si polverizzano e la realtà è quella di anziani "single" (anche se, hanno detto i confederali Bruno Falcomatà, Gastone Boz e Manovali «abbiamo ottenuto che le riassegnazioni avvengano almeno nello stesso rione») ; 5) occorre stilare un albo delle badanti: «Oggi sono 10-15mila ma nessuno sa chi e dove sono» e dunque dovrebbero essere istruite e individuate per evitare la giungla del fai da te e del nero. Doveva essere un bilancio dell'attività 2017 e uno sguardo al 2018 l'incontro programmato da Cgil-Cil-Uil e Asgb pensionati, ieri. A testimoniare un impegno costante sui fronti dell'adeguamento dei minimi, gli assegni aggiuntivi, il bonus Rai, luce, gas, cure, reversibilità, invalidità. Ma alla fine ne è uscito in grido di dolore. «Perché quando si invecchia ci sono due cose che diventano di importanza capitale: la prima è la salute, la seconda è la casa» hanno detto in coro i quattro.

Ma mentre per la casa, gli incontri e i protocolli concordati con i vertici dell'istituto hanno portato almeno ad una messa a punto dei criteri per l'assistenza sanitaria è il buio. Perché non c'è assegno di cura che tenga, contratti milionari dei medici che servano, proclami sulla gestione del pronto soccorso che bastino se, alla fine, un anziano è solo, sta male e il medico di base non c'è, non risponde o una badante è irraggiungibile. E allora ecco le richieste: un albo delle badanti; medici di base obbligati a fare rete e garantire una presenza coordinata nei weekend; una tessera sanitaria che contenga una carta dei diritti (degli assistiti) e dei doveri (dei medici di base); più alloggi per anziani; organico adeguato nel pronto soccorso, trasporti e servizi. (pc)













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