Sanità

Assegno di cura, lunghe attese anche per la visita specialistica

Sanità. In ospedale tempi infiniti per la prima visita utile per diagnosticare la patologia e che serve come base al team  di valutazione per decidere l’assegno. L’Associazione Alzheimer: «I malati e le loro famiglie sono ormai rassegnati»


Valeria Frangipane


BOLZANO. Carenza di personale, superlavoro e liste d’attesa che si sono allungate anche per il Covid. La “memory clinic” dell’ospedale di Bolzano - l’ambulatorio che diagnostica le demenze - è in forte difficoltà. Le segnalazioni dei lettori si fanno sempre più frequenti. A rimetterci gli anziani e le loro famiglie.

Succede che le visite di controllo già fissate slittino di mesi e succede di non riuscire a prenotare la prima visita. E senza una diagnosi certa si fa più complicato il lavoro del team di valutazione che decide il livello di assistenza dell’assegno di cura. E diventa ad ostacoli anche l’iter per accedere alla casa di riposo.

Problema importate visto che in Alto Adige sono colpite da una qualche forma di demenza senile tra le 12 e le 13 mila persone.

L’Azienda sanitaria dice che la Geriatria - che segue anche il lavoro della “memory clinic” - è costantemente sotto pressione perchè è stato uno dei reparti che più ha sofferto per la pandemia: «Le liste d’attesa sono lunghe, è vero, ma stiamo cercando di smaltirle e di recuperare soprattutto le prime visite».

Ulrich Seitz - presidente Associazione Alzheimer - denuncia ritardi che si continuano ad accumulare con attese per la “memory clinic” di sei mesi anche per una prima visita e visite di controllo insufficienti.

Alessandra Zendron alla guida dell’associazione per il Parkinson spiega che per affrontare la malattia neurologica occorre un approccio multidisciplinare ma in Alto Adige mancano il protocollo di cura ed un piano diagnostico terapeutico assistenziale: «La nostra Sanità di base deve migliorare perchè la situazione è disastrosa sia per gli anziani che per i malati cronici. Si registrano difficoltà anche al Pronto soccorso».

«I malati e soprattutto le loro famiglie - riprende Seitz - sono rassegnati. Ma se per la cura della malattia in tantissimi ormai si rivolgono ai privati, e non è giusto che accada e che il pubblico non riesca a dare risposte in tempi certi, si fa sempre più complicato l’iter già di suo ad ostacoli per accedere all’assegno di cura».

Di fatto è il medico di famiglia a presentare domanda e ad avviare la pratica che da diritto al contributo per la non autosufficienza. Ma occorre che uno specialista certifichi la diagnosi che servirà in seguito al team di valutazione della Provincia per stabilire l’entità dell’assegno che è di 4 livelli che tengono conto delle diverse necessità.

«Spesso le famiglie non sanno come fare per conquistare un appuntamento ed allora la nostra associazione si mette in moto per prenotare la visita neurologica».

Seitz ricorda che il referto e la diagnosi dello specialista è fondamentale anche per avere accesso alle case di riposo e sottolinea come i ritardi che continuano ad accumularsi facciano spesso sì che il team di valutazione si trovi in mano un quadro clinico che nel frattempo è peggiorato.

«Spesso chi soffre di Alzheimer o di altre forme di demenza non riesce ad ottenere il livello di assistenza che gli spetterebbe per pagare la o le badanti».

Perchè con l’aggravarsi delle condizioni non è più sufficiente una sola persona. Ricordiamo che i contributi vanno da 569 a 1.800 euro al mese: primo livello 60-120 ore (569 euro); secondo 120-180 ore (900 euro); terzo 180-240 ore (1.350 euro) e quarto oltre le 240 ore (1.800 euro). «Si impongono soluzioni rapide, le famiglie ed i malati non possono attendere all’infinito».













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